Nanomemoria

di Kevin Bullis

Ricercatori del Caltech e dell’Università della California, a Los Angeles, hanno raggiunto una nuova pietra miliare nel tentativo di utilizzare singole molecole per immagazzinare dati, un metodo che potrebbe enormemente ridurre le dimensioni dei circuiti elettronici. Il dispositivo ideato al Caltech, con i suoi 160.000 bit, è cento volte più denso di quanto lo sia un attuale circuito di memoria e rappresenta a oggi la più grande matrice di memoria funzionante a interruttori molecolari. Nella matrice, l’informazione è immagazzinata in molecole chiamate rotaxani, ognuna delle quali è composta di due parti, una a forma di barra e una composta da un anello di atomi, che, quando viene applicato un voltaggio, si sposta da una parte all’altra della barra. Due strati perpendicolari di 400 nanofili metallici applicano il voltaggio alle molecole, scrivendo o cancellando i dati. Si tratta di un grande passo avanti, rispetto ai primi prototipi del genere, in grado di immagazzinare solo poche migliaia di bit. «Riteniamo che se non fossimo riusciti a realizzare qualcosa su questa scala, qualcuno avrebbe detto che si tratta di un semplice esercizio accademico», dice James Heath, professore di chimica al Caltech e uno dei ricercatori coinvolti nel progetto. Al tempo stesso, però mette in guardia sul fatto che «ci sono ancora molti problemi da superare. Non stiamo parlando di una tecnologia che si potrà vedere all’opera in tempi brevi».

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