L’Istituto Italiano di Tecnologia

Con sede a Genova, opererà con criteri interdisciplinari nei settori della robotica, delle neuroscienze e delle bionanotecnologie.

di Roberto Cingolani

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) sta per entrare nella fase operativa. Le azioni scientifiche svolte negli ultimi diciotto mesi sono state: il reclutamento dei direttori di ricerca; l’avvio dei lavori di ripristino e di adeguamento dell’edificio destinato ai laboratori di ricerca centrali di Genova; la preparazione dei layout dei laboratori comuni (le cosiddette common-facilities); il lancio della rete multi-disciplinare tecnologica che coinvolge inizialmente una decina di prestigiosi laboratori sul suolo nazionale. Queste azioni sono costruite intorno al progetto scientifico di IIT, del quale cerchiamo di dare una sintesi nel seguito, descrivendone alcune implicazioni tecnico scientifiche e le prospettive.

Il progetto scientifico di IIT, approvato nell’ottobre 2004 dal board internazionale dell’Istituto, mira allo sviluppo interdisciplinare di tre piattaforme tecnologiche nei settori della robotica, delle neuroscienze e delle bionanotecnologie. La combinazione di queste discipline ha delle formidabili potenzialità tecnologiche che spaziano da applicazioni alla robotica umanoide, agli esoscheletri per l’aiuto ai disabili, alle tecnologie di rilascio locale di farmaci mediante nanostrutture intelligenti.

La fusione delle tre piattaforme richiede un approccio multi-disciplinare che combina tecnologie soft (computazionali e di apprendimento come nella ricerca sull’ intelligenza artificiale), tecnologie wet (bionanotecnologie) e tecnologie hard (nanotecnologia, nuovi materiali funzionali, meccatronica, sensori a stato solido, elettrici, nano- e micro attuatori di nuova generazione eccetera).

I campi di applicazione e di indagine

Apprendimento. L’implementazione di algoritmi d’apprendimento negli umanoidi sarà direttamente trasferibile a sistemi che hanno bisogno di adattarsi a differenti condizioni ambientali e di imparare dall’esperienza passata, come, per esempio: i dispositivi d’apprendimento dell’abitudine, che adattano i propri parametri alle intenzioni previste dall’utente, oppure i dispositivi che imparano ad adattarsi ai cambiamenti nelle condizioni ambientali. A parte gli aspetti computazionali dell’apprendimento, che rappresentano una chiave tecnologica in molte aree dell’ICT, l’implementazione di abilità di apprendimento di sistemi di questo tipo richiede delle forti sinergie fra nuovi componenti microelettronici, sensori, logiche di apprendimento mutuate dalle neuroscienze e software avanzato.

Sensori. Sensori intelligenti, miniaturizzati, a basso consumo energetico che esplorano l’ambiente in modo efficiente e riproducibile sono componenti essenziali per tutti i dispositivi progettati per agire nel mondo reale. Tecnologie di sensoristiche avanzate necessitano di forti competenze di scienza dei materiali, nanotecnologia, chimica, con ricadute su settori diversi che vanno dai sistemi di movimentazione intelligenti alla microchirurgia non invasiva con sonde sensorizzate.

Attuatori e microcontrollori. Qualsiasi dispositivo motorizzato che deve lavorare a stretto contatto oppure in collaborazione con gli umani deve essere progettato con una sicurezza intrinseca. Nei sistemi biologici (inclusi gli umani) questo è ottenuto sfruttando le intrinseche proprietà elastiche dei muscoli. Per i sistemi artificiali è importante sviluppare attuatori dotati di una certa elasticità per ridurre le conseguen- ze di collisioni accidentali e un sistema di apprendimento per permettere al sistema di imparare dagli errori. A parte la possibilità di realizzare veri attuatori elastici basati su molecole «intelligenti», si potranno studiare approcci biomimetici, o sviluppare soluzioni «tradizionali» che impiegano motori accoppiati a microcontrollori che controllano la rigidità di specifiche parti del sistema. è chiaro che studi di questo genere si basano su approcci multi-tecnologici basati sulla combinazione di (micro)meccanica, microelettronica, computer e neuroscienza e persino biologia.

Applicazioni biomedicali. è questo uno dei settori di maggior strategicità. I sistemi meccanici utilizzati per testare le performance motorie dei pazienti durante l’esecuzione di compiti standard hanno in comune gran parte della tecnologia con gli umanoidi. I dispositivi di riabilitazione intelligente sono, in tutti gli aspetti, dei robot che interagiscono con i pazienti in modo controllato e supportato per aiutarli a recuperare le loro abilità motorie. In ambito completamente diverso, ma altrettanto rilevante, si collocano le ricerche su sonde e microrobot capaci di specifiche funzionalità interne al corpo umano (diagnostiche endoscopiche e persino chirurgiche), che aprono la strada a nuove forme di microchirurgia non invasiva. Infine, verranno sviluppate nuove tecnologie all’interfaccia fra nanosistemi e biologia come, per esempio, nanoparticelle funzionalizzate che trasportano in situ medicinali specifici, per rendere possibile la cosiddetta intelligent drug delivery, o lab-on-chip per analisi gnomica e proteomica completamente integrati. Tali applicazioni richiedono un complesso di competenze interdisciplinari che includono l’ingegneria microfluidica, tecnologie di micro e nano fabbricazione, la chimica di funzionalizzazione di superfici, la micromeccanica, la chimica di sintesi di nanostrutture colloidali, la biochimica di nuovi principi attivi eccetera.

Materiali che crescono e «vivono». La più grande differenza tra un sistema artificiale e un sistema biologico è che, mentre i materiali che costituiscono il primo non evolvono nel tempo, i tessuti umani si formano e crescono mentre il sistema sta imparando e interagendo. In questo ambito i tessuti artificiali, gli scaffold per protesi biocompatibili, le tecnologie di membrana e fluidiche necessitano di un grande lavoro di ricerca e sviluppo e saranno oggetto ricerca nell’ambito del programma IIT. Per esempio, nonostante i grandi progressi tecnologici in molte aree dei sensori artificiali, un dispositivo con le proprietà meccaniche e sensoriali della pelle umana è ancora irraggiungibile tecnologicamente. La rete di sensori tattili umani che permettono di rilevare la rugosità, la temperatura eccetera, e le proprietà meccaniche della pelle umana e dei tessuti sono argomenti che richiedono studi combinati di scienza e chimica dei materiali, sensoristica e neuroscienza.

Percezione visiva, tattile e uditiva. Il processo di percezione dei dati fino al livello di «comprensione» è un altro settore di enorme rilevanza. Lo sviluppo di umanoidi in grado di imparare dalla loro esperienza percettiva richiede lo studio e l’implementazione di sistemi che hanno un elevato grado di comprensione dei dati sensoriali, incluse le loro relazioni con la coordinazione sensomotoria e l’apprendimento. Studiare tali aspetti in un ambiente «umanoide» richiede ancora una volta di affrontare i problemi in una struttura multidisciplinare e multi-tecnologica. L’implementazione richiede non solo la comprensione delle abilità percettive umane, ma anche di trovare il compromesso ottimale tra soluzioni hardware e software, tra chip microelettronici dedicati e dispositivi computazionali con «funzioni generali», tra il controllo basato su software e la morfologia dell’apparato sensomotorio.

Network science e calcolo parallelo. Capire come un sistema parallelo quale il sistema nervoso elabora i dati, fornisce informazioni su come implementare le architetture parallele di un sistema artificiale. La plasticità delle connessioni neurali e la struttura distribuita e riconfigurabile del sistema nervoso sono modelli attivi dei network distribuiti. Tali modelli quindi possono suggerire le basi teoriche e i metodi per mantenere ed espandere grandi network distribuiti che sono intrinsecamente difficili da controllare in modo centralizzato.

Interazione umani-robot. Oggi uno dei problemi non ancora risolti è la progettazione di dispositivi che possono essere attivati, usati, e programmati in modo naturale. Questo deriva soprattutto dal fatto che, per interagire in un modo naturale simile a quello umano, devono essere usati alcuni gradi dell’intelligenza umana, inclusa la capacità di apprendimento, e possibilmente l’interfaccia vocale e gestuale. Lo studio e la realizzazione di umanoidi, che usano l’interazione con gli umani come un mezzo per imparare e comunicare, è una nuova linea di ricerca che suggerirà nuove e più efficienti soluzioni. Ancora una volta bisogna rilevare che queste soluzioni saranno basate su progressi combinati di conoscenza e tecnologie in molti campi, incluso quello delle comunicazioni, della computer science, dell’ intelligenza artificiale e della neuroscienza.

Interfaccia cervello-macchina. Interfacciare dispositivi al sistema biologico attraverso una connessione diretta o indiretta sarà un’importante tecnologia nel campo delle protesi avanzate, ma anche in aree di applicazione basate sulle teleoperazioni e la telepresenza. Quindi l’interfaccia di un manufatto al sistema nervoso richiede non solo la tecnologia dei «connettori», ma anche la «tecnologia dei pre-processori», che traducono i segnali artificiali in comandi adatti al processo neurale e viceversa. Questo significa non solo scegliere la giusta modalità e adattare l’ampiezza dei segnali in ingresso all’esigenza dei tessuti viventi, ma anche capire il «linguaggio di comunicazione» usato dal sistema nervoso per codificare e trasferire informazioni tra gruppi di neuroni. Le tecnologie da sviluppare per questi studi includono, per esempio, le litografie di sistemi biologici e la crescita controllata di network neuronali su pattern artificiali e l’interconnessione di cellule e nervi con circuiti elettronici a bassissima dissipazione di potenza.

Sviluppo di nuove tecnologiche di indagine ottica, elettronica e microscopica su nanoscala. Tecnologie che includono lo sviluppo di tecniche di indagine ottica, spettroscopica ed elettronica su scala molecolare di sistemi organici, inorganici e biologici, necessarie al controllo di nuovi materiali e sistemi (per esempio SNOM risolto in tempo, metodologie confocali, litografie biocompatibili, spettroscopia real time di singole molecole/proteine/cellule eccetera)

Nuovi materiali. Molti degli argomenti accennati richiedono materiali funzionali di nuova generazione, le cui proprietà elettroniche, meccaniche e chimico-fisiche siano ingegnerizzabili su scala molecolare e atomica. In questo ambito vanno incluse tutte le tecnologie dei nanocompositi che mirano al controllo di specifiche proprietà macroscopiche di una materiale mediante l’inclusione di nanoparticelle di composizione, forma e dimensione controllata. Appartengono a questa classe di sistemi le nanostrutture organiche e inorganiche quali carbon nanotubes o silicon nanowires e le nanoparticelle fabbricate per precipitazione colloidale. Infine sono da studiare le nuove tecnologie biomimetiche di fabbricazione di nanostrutture che sfruttano librerie di peptidi o processi del mondo animale e vegetale per la crescita di nano-fibre e nanostrutture di ossidi (come in alcune conchiglie e spugne).

I direttori di ricerca di IIT

Le attività menzionate, per quanto non esaustive, danno un’idea chiara dell’enorme potenziale scientifico e tecnologico e della fortissima interdisciplinarità del programma che IIT intende sviluppare. Lo staff di ricercatori che lavorerà sul programma si avvarrà, oltre che di una rete di laboratori nazionali con competenze specifiche su alcuni dei punti del programma, di un pool di ricercatori senior assunti dopo un lungo processo di selezione. Nel maggio 2005 IIT ha infatti lanciato un bando su «Nature» e «Science» per l’assunzione di un numero ristretto di direttori di ricerca che potessero costruire i laboratori e i team della sede centrale di Genova. Il bando si è rivelato un successo di proporzioni inattese, confermando l’interesse della comunità scientifica internazionale per il progetto scientifico di IIT. Sono infatti pervenuti 155 curricula di cui circa il 70 per cento da ricercatori stranieri o italiani operanti all’estero. Sono stati costituiti tre panel di scienziati internazionali di chiara fama per la valutazione dei curricula, che hanno selezionato e intervistato in Italia, durante l’estate, 23 candidati. I professori Fabio Benfenati, Darwin Caldwell, Jean-Guy Fontaine e Giulio Sandini sono i primi quattro direttori di ricerca in forza a IIT. Altri due ricercatori dagli Stati Uniti stanno completando le loro trattative.

La nuova sede dei laboratori centrali di Genova

Contestualmente alle attività per la selezione degli scienziati fra la fine del 2005 e il 2006 è stata identificata una nuova sede per i laboratori centrali di Genova, più adeguata alle necessità dei laboratori high-tech rispetto alla sede precedentemente individuata a Genova Quarto (ex-ospedale psichiatrico). La nuova sede è stata identificata a Morego, e consiste di circa 30.000 mq, inclusi gli spazi esterni, con caratteristiche strutturali, impiantistiche e logistiche ideali per lo sviluppo di grandi laboratori. Nei mesi fra ottobre 2005 e aprile 2006 si è provveduto a progettare e attuare, con l’aiuto della Regione Liguria, tutte le operazioni di ripristino e ammodernamento dell’edificio, che sarà consegnato a IIT, in due fasi, fra giugno e settembre 2006.

I direttori di ricerca stanno attualmente progettando i loro laboratori e i relativi impianti di potenza e alimentazione, mentre sono già partite le indagini tecniche di mercato per l’acquisto delle apparecchiature scientifiche per l’ implementazione di una decina di grandi laboratori trasversali che includono camere pulite per micro e nanofabbricazione, laboratori di chimica per analisi e sintesi colloidale di nanoparticelle, officine meccaniche a controllo numerico, officine elettroniche, microscopia elettronica in trasmissione e scansione, spettroscopia, centro di calcolo e numerose unità di robotica. Il laboratorio centrale di Genova ha le potenzialità per diventare un laboratorio di riferimento internazionale, sia per massa critica che per qualità dei ricercatori che vi opereranno. Come è noto, strutture di questa dimensione necessitano di un tempo fisiologico per andare a regime e per diventare produttive dal punto di vista scientifico. Solo a quel punto può incominciare la vera e propria competizione scientifica con le strutture di ricerca di riferimento nel mondo. è molto ragionevole ritenere che ci vorranno un paio di anni per portare a regime la struttura di Genova e per permettere ai suoi circa 300 ricercatori (è questo il target da raggiungere) di cominciare a competere a livello internazionale. Allo scopo di favorire l’immediato e produttivo inserimento di IIT nella comunità scientifica nazionale e internazionale è stata pertanto costituita la Rete Multidisciplinare Tecnologica (RMT) della Fondazione IIT.

La Rete Multidisciplinare Tecnologica

La RMT è basata su una decina di poli che operano come Unità di Ricerca (UdR) associate all’IIT. I principi ispiratori della rete sono:

costituzione di unità di ricerca associate a IIT dove venga svolta una parte del programma di ricerca IIT.

Le UdR sono associate per 5 anni a IIT, sulla base di una specifica convenzione di associazione fra IIT e l’ente che ospiterà l’UdR (per esempio università, enti di ricerca pubblici e privati eccetera).

Le UdR garantiscono lo sviluppo di programmi commissionati/concordati con IIT, inclusivi di percorsi di alta formazione e destinando risorse strumentali e di personale all’attività sviluppata per conto di IIT.

Tutte le pubblicazioni scientifiche, le comunicazioni e i public-delivery dovranno menzionare esplicitamente l’affiliazione UdR-IIT presso la sede ospite.

La proprietà intellettuale sarà condivisa fra IIT e la struttura ospite dell’UdR.

L’attività scientifica dell’UdR sarà soggetta a valutazione periodica da parte del consiglio scientifico di IIT.

IIT concorderà con la sede ospite di UdR l’attività da commissionare, garantendone adeguato finanziamento (in termini di personale, materiali di consumo e inventariabili).

I criteri per la selezione delle UdR sono:

massa critica del laboratorio prescelto in termini di infrastrutture e staff;

massa critica del laboratorio in termini di strumentazione stato dell’arte;

comprovata esperienza scientifica nel settore/i di interesse di IIT (per esempio: impact factor negli ultimi 5 anni, patents negli ultimi 5 anni, citation index negli ultimi 5 anni);

comprovata capacità di attrarre finanziamenti nazionali e internazionali su base competitiva/progettuale;

capacità di sviluppo e trasferimento tecnologico, rilevanza dei rapporti con il mondo industriale;

rilevanza delle soluzioni logistiche, infrastrutturali e dei laboratori messi a disposizione per le attività dell’UdR;

Per la fase di start-up sono state identificate alcune importanti istituzioni di ricerca nazionali dove IIT costituirà delle Unità di Ricerca congiunte per sviluppare parti specifiche del suo programma. Le sedi sono: Scuola Superiore Studi Avanzati SISSA di Trieste, Politecnico di Milano, Consorzio IFOM-IEO di Milano, S.Raffaele di Milano, Scuola Normale Superiore di Pisa, Scuola Superiore S.Anna di Pisa, Istituto EBRI Roma, Universita’ Federico II Napoli, Laboratorio Nazionale Nanotecnologia CNR di Lecce. Il network ha elaborato un dettagliato programma di lavoro, con definizione di milestones e deliverables per 5 anni, breakdown dei costi, team di lavoro e strategia di networking che di fatto permetterà di creare una forte sinergia con Università e centri ricerca nazionali, accelerando la capacità di produrre risultati scientifici e rafforzando la rete di collaborazione nazionali e internazionali con istituzioni pubbliche e private.

Una rete siffatta permette di coprire circa il 70 per cento degli argomenti del programma IIT e, grazie a preesistenti collaborazioni, garantisce una forte identità all’Istituto. Inoltre, tutte le UdR hanno già forti interazioni con le industrie, che possono essere veicolate su IIT per gli argomenti commissionati.

è evidente che la rete può garantire in questa fase di start-up sia la formazione avanzata a supporto del corposo sforzo fatto dalla sede genovese in collaborazione con la locale Università sia la formazione dei giovani. D’altro canto la rete permette di accorciare sensibilmente i tempi di start-up di IIT, garantendo allo stesso tempo una forte sinergia con la sede genovese, estendendo il bacino di competenze di IIT e aumentandone la visibilità e il consenso a livello nazionale. Questo equivale, in ultima analisi, alla possibilità di avere le prime pubblicazioni e possibilmente i primi brevetti a firma di IIT già dalla fine del corrente anno.

Le opportunità per i giovani

Infine IIT ha lanciato nel 2004 il programma di dottorato di ricerca presso l’Università di Genova e 5 nodi del network (Milano e Pisa) multidisciplinare e presso l’Università di Genova per 35 dottorandi. Per il 2006 il programma verrà ulteriormente potenziato, data la presenza dei direttori di ricerca a Genova, con circa 30 posti all’Università del capoluogo ligure, cui si aggiungono i circa 25 posti distribuiti sui 5 nodi.

IIT vuole essere un’opportunità per i giovani ricercatori italiani e stranieri e uno strumento per migliorare la coscienza e la conoscenza tecnologica nel nostro paese, in sinergia con le università e gli altri enti di ricerca. Per ottenere risultati importanti in questa sfida ci vorrà molto lavoro, una certa pazienza e anche un po’ di fortuna. Da ottobre 2004 a oggi sono state poste le basi tecniche per costruire un Istituto con una visione tecnologica coraggiosa e una struttura a rete sia pur ancorata a un grande laboratorio di ricerca centrale. Nei prossimi mesi, con l’insediamento dei direttori di ricerca verrà costituito il consiglio scientifico internazionale e si inizieranno le procedure di valutazione di tutte le attività scientifiche e del programma stesso, che per sua natura dovrà essere evolutivo e soggetto a continui aggiornamenti.

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