L’industria si adatta a una nuova classe di computer

Le imprese sono pronte all’ingresso di miliardi di oggetti della vita quotidiana in Internet?

di Antonio Regalado

L’industria tecnologica si sta preparando all’Internet delle cose, una sorta di computing composta da piccoli, spesso sciocchi e solitamente trascurati computer connessi a oggetti

Questi dispositivi rilevano e trasmettono dati sull’ambiente circostante o offrono nuovi strumenti per controllarlo.

Per più di un decennio, i tecnologhi hanno previsto e discusso dell’assalto che questi oggetti avrebbero lanciato. “Si discute molto di come chiamarlo, ma non vi è alcun dubbio che stiamo osservando la nascita di una nuova classe di computer”, dice David Blaauw, che gestisce un laboratorio presso l’Università del Michigan che realizza computer funzionanti non più grandi di una lettera digitata.

Uno degli aspetti fondamentali è l’economicità dei sistemi radio che oggi vengono incisi direttamente sul silicio. Ne potete trovare uno all’interno del vostro smartphone. Ora che il loro prezzo sta scendendo a circa $5 dollari, si comincia a intravvedere la possibilità di connettere più cose, come i cestini della spazzatura o le tubature delle fogne. Presso l’Università della California a Berkeley, i ricercatori stanno addirittura realizzando computer delle dimensioni di una capocchia di spillo per raccogliere dati dall’interno del cervello e trasmetterli attraverso il cranio. L’idea è che presto anche i corpi umani si uniranno presto alla rete.

Potrà sembrare un’esagerazione lontana dalla realtà. Ci serve davvero una tazza intelligente per il caffè o un frigorifero munito di browser per la rete? Molte di queste invenzioni paiono veramente ridicole. Su Amazon gli utenti si sono fatti due risate con un “guarda uova” da $78 che fa rapporto al vostro smartphone per ricordarvi quali sono le uova più vecchie nel vostro frigorifero. “Un prodotto magnifico”, ha commentato ironicamente un utente. “Posso finalmente smettere di perdere capelli per l’ansia di avere un uovo scaduto nel frigo”.

Eppure, per ciascuna killer app che non riscuote successo esiste un’altra combinazione di computer e sensori che ha fatto mestamente il suo ingresso all’interno di alcune macchine.

Dal 2007, ad esempio, ciascuna nuova vettura negli Stati Uniti è dotata di un chip che misura la pressione di ogni pneumatico e trasmette dati via radio al computer centrale della vettura (vedi anche “Intervista a Giorgio Audisio, padre degli pneumatici intelligenti Pirelli“).

Le cifre parlano chiaro. Stando al Center for Automotive Research, ogni nuova auto monta 60 microprocessori. L’elettronica di bordo ammonta al 40 percento del costo di produzione di un’automobile.

Con il diminuire dei costi di computer dotati di sistema wireless, sempre più cose possono essere connesse a Internet, come macchinari industriali, luci, elettrodomestici e tubature del sistema fognario.

L’Internet delle cose è particolarmente importante per le società che vendono sistemi per la rete, quali la Cisco Systems. Cisco prevede con entusiasmo che 50 miliardi di “cose” potrebbero essere connesse a reti di comunicazione nel giro dei prossimi sei anni, contro i 10 miliardi di telefoni cellulari e PC connessi oggi. Un altro beneficiario è l’industria dei semiconduttori, che vale $300 miliardi. Come precisato da Blaauw, “ogni volta che è nata una nuova classe di computer, i guadagni complessivi in quella categoria hanno superato quelli delle categorie precedenti. Se questo trend dovesse proseguire, allora l’Internet delle cose sarà un mercato ancora più grande”.

Ciascun cambiamento porta con se anche pesanti conseguenze. Grandi aziende come Intel stanno già vacillando per via della rapida ascesa degli smartphone. L’azienda, con i suoi potenti e famelici chip, si è trovata tagliata fuori dal mercato dei telefoni smartphone. Lo stesso dicasi per Microsoft. Ora, queste e tante altre aziende come loro, stanno brancolando alla ricerca della giusta combinazione di software, interfacce e processori per il prossimo grande balzo di classe.

Le società tecnologiche non sono le uniche a rimanere allerta. Il motivo, spiega Marshall Van Alstyne, professore della Boston University, è che saranno oggetti comuni connettersi, per cui i loro produttori dovranno entrare in un mercato informatico al quale sono completamente estranei. Un conto è fabbricare delle scarpe, un conto è fabbricare scarpe che comunicano. I prodotti potrebbero rivelarsi utili principalmente come base per nuovi servizi. “Potreste scoprire che i dati sono più importanti e utili delle scarpe stesse”, dice Van Alstyne.

Stiamo esplorando la grande domanda su quali nuove imprese nasceranno con il connettersi degli oggetti a Internet. Un’azienda che sta facendo il puto della situazione è la Nest Labs, produttrice dell’elegante termostato intelligente che viene abbinato a Internet. Nest, che è stata acquisita da Google quest’anno, ha trionfato sui suoi rivali di settore. Ora che dispone di una rete di termostati che possono essere controllati a distanza, però, sta cominciando a offrire i propri servizi agli operatori elettrici. Nelle giornate calde, può selettivamente ridurre l’apporto dei climatizzatori per aiutare a controllare la domanda di elettricità.

I test dell’azienda con gli operatori sono ancora piccoli, ma un giorno, con l’invio di pochi bit in rete, l’azienda potrebbe portare alla chiusura di una o due centrali elettriche. Non è una sorpresa che quest’anno, nella sua lettera agli shareholder, Jeff Immelt, CEO di General Electrics, abbia detto ai suoi investitori che “ogni società industriale sarà una società di software”.

Gordon bell, un ricercatore Microsoft e pioniere della prima rivoluzione dei computer, crede che nessuno sappia esattamente che forma avrà l’Internet delle cose. Dice però che non c’è di che stupirsi. L’importanza del PC e dello smartphone è divenuta chiara solo dopo il loro sviluppo. “L’Internet delle cose è un modo per dire che più cose del mondo entreranno nella rete”, dice. “Ed è proprio quello che sta succedendo. Stiamo assimilando il mondo all’interno dei computer. Semplicemente, si tratta di un numero sempre maggiore di computer”.

(MO)

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