Per quanto l’automazione possa migliorare l’efficienza delle catene di montaggio nelle fabbriche, i robot non possono semplicemente affiancarsi al lavoro di un operaio umano e garantire istantaneamente a una impresa dei benefici economici.
di Erin Winick
Un’automazione intelligente: Tesla offre un esempio calzante; il mese scorso ha sospeso la produzione della Model 3 per “ottimizzare l’automazione”. La società aveva erroneamente presunto che i suoi robot potessero compiere operazioni che le altre case automobilistiche non sono ancora riuscite ad automatizzare.
La soluzione: come spiegato in un articolo pubblicato recentemente su Harvard Business Review, le fabbriche devono ridisegnare i propri processi; non possono semplicemente acquistare (o realizzare) robot più avanzati. I vecchi metodi basati sul lavoro umano non funzionano necessariamente per una alternativa robotizzata. I processi di produzione devono essere progettati dal basso verso l’alto per beneficiare delle capacità dei robot.
Un esempio: L’automazione ha assistito l’impianto BMW a Spartanburg, South Carolina, raddoppiando la produzione fino a 400.000 unità l’anno.
L’adozione di un processo di assemblaggio “cobotic” (dove uomini e macchine lavorano assieme, fianco a fianco) per le portiere permette oggi di produrre 5.000 portiere al giorno. Il processo di verniciatura automatizzato presso la stessa fabbrica, che è rimasto pressoché invariato da quando veniva assolto da esseri umani, resta ugualmente lento e costoso. Occorrono 12 ore, oltre 100 robot e quattro miglia di viaggio all’interno della fabbrica per completare la verniciatura di una singola auto.
Il lavoro di tutti i robot nel mondo non risolverà un problema senza prima reinventare fondamentalmente il processo.
(MO)