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Gli Stati Uniti un giorno potrebbero ricorrere al Bank Secrecy Act, una legge di quasi 50 anni fa che chiede alle istituzioni finanziarie statunitensi di aiutare le forze dell’ordine a combattere il riciclaggio di denaro favorito dalle criptovalute.

di Mike Orcutt

Il governo americano potrebbe decidere di usare il Bank Secrecy Act per imporre controlli severi sull’utilizzo delle valute basate sulle blockchain.

Questa settimana, David Murray, vicepresidente della Financial Integrity Network, una società di consulenza di Washington, DC, che si occupa di illeciti finanziari, durante una testimonianza resa davanti a un sottocomitato del Senato, ha invitato il governo a utilizzare i poteri conferiti dalla BSA per combattere l’impiego delle criptovalute da parte dei malintenzionati.

“Le risorse virtuali sono vulnerabili alla finanza illecita perché offrono soluzioni rapide e un potenziale anonimato”, ha affermato Murray.

Tradizionalmente, i tentativi di contrastare l’illegalità finanziaria si sono concentrati su banche e altri intermediari finanziari. Ma le reti pubbliche di blockchain come Bitcoin rappresentano sfide uniche per le forze dell’ordine. 

La BSA, per esempio, obbliga gli istituti finanziari a raccogliere determinate informazioni sui loro utenti e a presentare rapporti al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti quando le transazioni sono superiori ai 5.000 dollari o possano in qualche forma essere definite “sospette”.

Ma se una rete globale di computer, non un istituto centralizzato, valida le transazioni Bitcoin, in che modo si dovrebbe articolare un intervento regolatore?

Secondo Murray, per rafforzare il suo controllo sulle criptovalute, il Dipartimento del Tesoro dovrebbe ampliare la definizione della BSA di “istituto finanziario”, includendo al suo interno anche alcuni “fornitori di servizi” di criptovaluta. 

A parere di Murray, mentre gli scambi e i sistemi di registrazione delle criptovalute sono già presi in considerazione dalla BSA, altri importanti partecipanti alle catene blockchain rimangono al di fuori del campo di applicazione della legge, e ciò dovrebbe cambiare.

In particolare ha citato il gruppo dei “validatori di transazioni di asset virtuali”. I sistemi blockchain funzionano in modi diversi, ma in tutti i partecipanti che eseguono il software utilizzato dalla rete sono tenuti a convalidare le nuove transazioni.

I Bitcoin e le monete digitali simili li chiamano “minatori” perché ricevono denaro digitale coniato di recente in cambio del loro lavoro di elaborazione delle transizioni. Murray ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero regolamentare i minatori considerandoli alla stregua delle cosiddette aziende di servizi monetari.

Ma l’introduzione di forme di controllo legale sui minatori “vanificherebbe la tecnologia”, almeno negli Stati Uniti, afferma Peter Van Valkenburgh, direttore della ricerca del Coin Center, un’organizzazione no profit per la difesa del sistema blockchain. 

Probabilmente non è nemmeno fattibile. Data la natura globale e l’utilizzo di pseudonimi di Bitcoin e altre monete digitali, sarebbe difficile se non impossibile identificare e localizzare tutti i minatori, che potrebbero trasferirsi in altri paesi con regole meno rigide.

Inoltre, spiega Van Valkenburgh, non ha senso costringere i minatori di Bitcoin a monitorare i loro clienti come farebbe un istituto finanziario, dal momento che in realtà non hanno clienti. “Non sanno chi ha richiesto la transazione sulla blockchain”, afferma, e aggiunge che “stanno semplicemente eseguendo il protocollo” nella speranza di una ricompensa.

Van Valkenburgh osserva che il Dipartimento del Tesoro ha da tempo il potere di ampliare la definizione della BSA di un istituto finanziario per includere i minatori di criptovaluta, ma finora ha esplicitamente scelto di non farlo. 

L’organismo internazionale incaricato del controllo del riciclaggio di denaro, la Financial Action Task Force, ha a sua volta scelto di non introdurre sistemi di regolamentazione dei minatori, concentrandosi invece sugli scambi di criptovaluta.

Non è impossibile che ciò possa cambiare, forse sulla scia di qualche crimine futuro legato all’utilizzo delle criptovalute. Se le autorità statunitensi dovessero mai provare ad espandere i loro poteri sotto l’ombrello della BSA per controllare le criptovalute, si aprirà un fronte conflittuale e, a parere di Valkenburg, pioveranno le accuse di incostituzionalità. 

Foto: Aleksi Raisa su Unsplash