L’apprendimento automatico potrebbe aiutarci ad affrontare la depressione

Imparando a rilevare tratti che gli esseri umani non sono in grado di individuare, un gruppo di ricercatori spera di curare il disturbo in maniera più efficace.

di Jamie Condliffe

La depressione è una condizione apparentemente semplice ma dalle origini complesse e non interamente comprese. Ora, l’apprendimento automatico potrebbe consentire agli scienziati di svelare alcuni misteri e formulare cure più efficaci.

Per diagnosticare un disturbo depressivo maggiore, che si presume dipenda da una combinazione di fattori genetici, psicologici ed ambientali, un paziente deve manifestare una lunga lista di sintomi, quali fatica o mancanza di concentrazione. Una volta diagnosticato il disturbo, il paziente può essere sottoposto a terapie comportamentali cognitive o a cure farmacologiche per ridurne la gravità. Non tutti i pazienti rispondono alla stessa maniera a questi trattamenti perché i sintomi possono variare notevolmente.

Recentemente, diversi gruppi attivi nel settore dell’intelligenza artificiale hanno cominciato a sviluppare soluzioni per applicare l’apprendimento automatico a casi medici. Approcci simili possono identificare tratti e dettagli all’interno di un’ampia raccolta di dati che gli esseri umani non sarebbero mai in grado di rilevare; questi dettagli possono quindi essere utilizzati per le successive diagnosi. Il New Yorker ha recentemente condotto un interessante studio sull’utilizzo di questa tecnologia per produrre diagnosi partendo da esami medici.

Approcci simili stanno cominciando a fare chiarezza sulla depressione Uno studio pubblicato quest’anno su Psychiatry Research mostra come le risonanze magnetiche possono essere analizzate da algoritmi di apprendimento automatico per definire la probabilità che un paziente soffra di questa condizione. Identificando piccole variazioni fra le scansioni di persone sane e persone che soffrivano di depressione, il team è riuscito a identificare con una precisione del 75 percento i pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore.

Vox riporta che i ricercatori del Weill Cornell Medical College stanno seguendo un approccio simile per identificare diverse forme di depressione. Permettendo ad algoritmi di apprendimento automatico di interrogare i dati raccolti quando il cervello è a riposo, gli scienziati sono riusciti a categorizzare quattro sottocategorie della condizione che si manifestano con diversi livelli di ansia e mancanza di piacere.

Non tutti i tentativi di elaborare diagnosi tanto raffinate da risonanze magnetiche sono riusciti in passato, ovviamente. L’impiego di una intelligenza artificiale, però, offre una maggiore probabilità di identificare segnali anche lievi. Nel peggiore dei casi, questi esperimenti permettono di appurare l’esistenza di diverse tipologie di depressione.

L’approccio potrebbe anche rappresentare parte di un approccio più esteso all’impiego dell’apprendimento automatico per il rilevamento di piccoli indizi associati alla malattia. Ricercatori del Langone Medical Center dell’Università di New York, ad esempio, stanno utilizzando tecniche di apprendimento automatico per rilevare tratti vocali tipici delle persone affette da depressione e disturbo post traumatico da stress.

Secondo Vox, l’idea che possano esistere diverse tipologie di depressione potrebbe rivelarsi utile. Un altro studio recente, condotto da ricercatori della Emory University, avrebbe dimostrato la capacità dell’apprendimento automatico di identificare tipologie differenti di attività cerebrale nelle risonanze magnetiche, attività correlate con l’efficacia di diverse forme di trattamento.

In altre parole, l’intelligenza artificiale permetterebbe non solo di identificare tipologie uniche di depressione, ma stabilire la migliore cura per ciascuna di esse. Approcci simili sono ancora lontani dal fornire risultati clinicamente rilevanti, ma dimostrano la possibilità di identificare soluzioni migliori al problema.

Nel frattempo, alcuni ricercatori stanno anche cercando di sviluppare intelligenze artificiali in grado di garantire che la depressione non porti a risultati tragici quali l’autolesionismo o il suicidio. Il mese scorso, Wired aveva riportato il lavoro di alcuni scienziati della Florida State University che avevano sviluppato un software di apprendimento automatico per intercettare tracce di pensieri suicidi nelle cartelle cliniche di pazienti affetti da depressione. Anche Facebook sostiene di poter fare qualcosa di simile analizzando i contenuti pubblicati dai suoi utenti – resta ancora da vedere quanto sia efficace il suo intervento.

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