L’analfabetismo tecnologico vi costerà il posto di lavoro

Piuttosto che guardare all’automazione come unico responsabile della disoccupazione moderna, sarebbe opportuno esplorare altre cause concrete e più immediate.

di Jamie Condliffe

I robot potranno anche aver preso di mira le nostre professioni, https://www.technologyreview.it/archivio-storico/set-ott-2013/uomini-e-donne-o-macchine ma fino a quando non saranno arrivati sarà il caso di rispolverare la nostra dimestichezza con programmi informatici e PowerPoint. Questa, almeno, è la conclusione tratta da un rapporto della Brookings Institution dopo aver analizzato la digitalizzazione di 545 occupazioni (inerenti il 90 percento delle professioni negli Stati Uniti) per comprendere gli effetti sul mercato del lavoro negli Stati Uniti d’America.

Il risultato più pertinente è forse il seguente: solamente il 30 percento delle occupazioni oggi richiede bassi livelli di competenza digitale, contro il 56 percento del 2002; qualche esempio utile? Il rapporto evidenzia come le mansioni di operai, meccanici e assistenti sanitari, fra gli altri, abbiano tutti assistito a un crescente uso di tecnologie – presumibilmente perché questi professionisti utilizzano oggi strumenti come scanner manuali per verificare scorte nei magazzini, computer per diagnosticare guasti nelle automobili, o dispositivi medici digitali per assistere ai bisognosi.

Altrove, lo studio dimostra come oltre il 65 percento dei lavori nati dal 2010 richiedono moderate competenze digitali, e che le professioni caratterizzate da aspetti digitali sono più remunerativi. “Con il calare del numero di occupazioni che richiedono basse competenze digitali, l’inclusione economica dipende ormai dalla preparazione digitale dei lavoratori”, ha detto a Wired Mark Muro, senior fellow della Brookings. In altre parole: la prima preoccupazione riguardo la possibilità di perdere il posto di lavoro non dovrebbe riguardare i robot, bensì la nostra capacità di apprendere e rimanere aggiornati sulle ultime tecnologie.

Un aspetto interessante è che le professioni più digitali, come sviluppo software, hanno in realtà registrato un calo ridotto nella quantità di competenze digitali richieste. Muro ha commentato a Reuters che questo risultato è dovuto probabilmente alla netta professionalizzazione di tali industrie tecnologiche, per cui le competenze manageriali avrebbero acquisito importanza. Per noialtri, però, è tempo di rispolverare i libri di programmazione informatica.

(MO)

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