La torre che custodisce l’energia

La ricerca di soluzioni di conservazione dell’energia più efficaci e meno costose è una questione d’importanza cruciale da cui dipende il futuro delle rinnovabili, un orizzonte trasversale a tutti i contesti produttivi. (Fonte Eniday)

di Alessandra Pierro

Ogni idea, per quanto piccola, permette di avanzare in una nuova direzione. È quanto sosteneva Richard Buckminster Fuller, precursore dell’architettura sostenibile, ricorrendo all’immagine del correttore di assetto di un’imbarcazione: un piccolo timone che, permettendo di ruotare quello grande con meno sforzo, facilita la rotta.

È la stessa filosofia che ispira i World Changing Ideas Awards, promossi da Fast Company per favorire idee che contribuiscano a mantenere la rotta verso scenari più equi e sostenibili. I progetti vincitori sono stati selezionati in base a fattibilità e impatto in ben 17 categorie, dall’applicazione di sistemi di intelligenza artificiale alla pubblicità, dai prodotti di consumo ai trasporti, da progetti nel settore della creatività all’educazione scolastica e alla giustizia sociale.

Grande attenzione è stata riservata al settore dell’energia, che ha visto premiata la start up svizzera Energy Vault per un innovativo sistema di stoccaggio di elettricità. In uno scenario che punta alla decarbonizzazione del sistema energetico, l’energia prodotta da fonti rinnovabili, a causa dell’intermittenza e imprevedibilità di agenti naturali come il sole e il vento, non riesce a porsi come reale alternativa a quella prodotta da combustibili fossili. Se in un primo momento il problema era il modo in cui catturare questo tipo di energia, ora, a fronte di una richiesta sempre maggiore e all’obbligo di ridurre le emissioni, è necessario trovare nuove tecnologie anche per realizzare sistemi sostenibili in grado di immagazzinare energia e di garantirne un flusso regolare nelle fasce di punta anche quando le rinnovabili non sono disponibili.

È un problema che si pone da tempo e a cui l’idroelettrico a pompaggio ha dato una risposta, arrivando oggi a rappresentare circa il 99 per cento della capacità totale degli impianti per lo storage elettrico e rivelandosi il sistema più competitivo per garantire una gestione ottimale del surplus energetico: durante il giorno, nella fase di picco della domanda, l’acqua fluisce da monte a valle producendo elettricità, mentre di notte, quando la domanda di energia è inferiore, l’elettricità in eccesso viene utilizzata per pompare acqua al bacino superiore, che torna pronto per il ciclo successivo. Questo sistema di stoccaggio comincia tuttavia a mostrare i suoi limiti: senza contare che la sua applicazione è possibile solo in territori con particolari requisiti idrogeologici e morfologici, con accesso a riserve d’acqua ad altitudini diverse e, soprattutto, il fatto che l’acqua si appresta a diventare una risorsa sempre più scarsa.

Una valida alternativa potrebbe essere offerta dall’impianto Energy Vault che, come il pompaggio idroelettrico, si ispira alla forza di gravità per conservare energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. In questo caso, tuttavia, anziché utilizzare l’acqua e le dighe, l’energia in eccedenza viene immagazzinata e recuperata attraverso lo spostamento verticale di blocchi cilindrici di calcestruzzo mediante una gru azionata da un computer. Così, quando la disponibilità di elettricità prodotta da parchi eolici e solari è in eccesso, la gru a sei bracci localizza i blocchi (tramite una telecamera collegata al braccio) e procede a sollevarli da terra impilandoli; la carica completa del sistema si raggiunge quando la gru è circondata da una torre di blocchi. Quando poi è necessario recuperare l’energia immagazzinata, la gru viene azionata per riposizionare ad uno ad uno i blocchi a terra, calibrando gli spostamenti a seconda della richiesta. In questa fase, quindi, i motori elettrici della gru generano kilowattora, alimentati dall’energia meccanica prodotta dal movimento dei blocchi verso il basso.

In pratica, quando si carica il sistema, la corrente (energia elettrica) fa funzionare un motore che solleva (energia meccanica) il blocco portandolo in alto (energia potenziale). Quando invece il sistema si scarica per produrre energia, questa viene sviluppata abbassando il blocco di cemento e facendo funzionare il motore della gru come una dinamo; trasformando, quindi, l’energia potenziale immagazzinata nel blocco che sta scendendo in energia meccanica e quindi, grazie al motore, in energia elettrica.

In questo modo ci sono tutti i vantaggi del sistema idroelettrico a pompaggio, ma l’efficienza del ciclo di carica e scarica si rivela maggiore. A parità di dimensioni un blocco di cemento può infatti, avendo una densità tre volte maggiore dell’acqua, immagazzinare tre volte più energia di un serbatoio d’acqua delle stesse dimensioni. In una torre realizzata con blocchi da 35 tonnellate arrivano a essere stoccati fino a 20 megawattora, una quantità di energia sufficiente a rifornire 2.000 abitazioni per un giorno. Sembra quindi che il sistema potrebbe garantire facilmente una fornitura continua di energia elettrica ad ampio raggio, in particolare in paesi con mercati emergenti come quelli africani e asiatici (il primo impianto sarà, non a caso, installato in India).

Questa megabatteria ecologica si aggiunge al panorama di sistemi innovativi per l’energy storage, rivelandosi interessante anche per un notevole abbattimento dei costi rispetto ad altri sistemi di stoccaggio, come per esempio quello elettrochimico con batterie al litio. Oltre a fornire un impianto di rapida installazione, che richiede una manutenzione minima (l’autonomia di funzionamento prevista è di 30 anni), il sistema offre una soluzione interessante anche rispetto ai materiali. Sebbene il cemento sia molto più economico di una batteria al litio, la costruzione di centinaia di blocchi da 35 tonnellate ne richiederebbe un quantitativo enorme: per ovviare al problema è stato quindi pensato un macchinario per produrre materiale a basso costo, miscelando al cemento ghiaia e scarti edili normalmente destinati allo smaltimento, che quindi comporterebbero costi considerevoli. I blocchi possono essere quindi realizzati in loco, volta per volta.

In attesa di scoprire se queste torri di cemento avranno buona sorte o meno, resta più che valida la sfida di immaginare un sistema che, a dispetto di una tecnologia poco sofisticata, si rivela una soluzione estremamente innovativa e accessibile per fare fronte a uno dei problemi più urgenti del settore energetico. La ricerca in questo campo ha una portata rivoluzionaria che va al di là del discorso ambientale e prefigura un nuovo modello economico in cui la produzione e lo stoccaggio di energia potrebbero arrivare perfino a essere gestite da singole unità abitative.

Progetti come questo dimostrano che è ancora possibile immaginare soluzioni di contenimento a una crisi che si propaga su più fronti. E se le imprese possono fare la differenza attraverso politiche e investimenti lungimiranti, i consumatori sembrano essere sempre più pronti a premiare chi lavora in questa direzione.

(gv)

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