Jedi, il controverso accordo decennale sul cloud computing proposto dal Pentagono dal valore di 10 miliardi di dollari, è uno dei contratti più redditizi di sempre e Amazon, che è interessata al settore militare da tempo, è in pole position per vincerlo.
di Sharon Weinberger
A luglio, il presidente Donald Trump si trovava nell’ufficio ovale con il primo ministro olandese e ha risposto per alcuni minuti alle domande dei giornalisti. I suoi commenti, come è nel suo stile, passavano da un argomento all’altro: dalla creazione di posti di lavoro alla “squadra” di donne congressuali che egli attacca regolarmente per il problema delle sanzioni contro la Turchia. A un certo punto, un giornalista gli ha chiesto di un progetto poco conosciuto del Pentagono, chiamato JEDI, e se il presidente avesse intenzione di parlarne.
“Ma si riferisce ad Amazon?” ha chiesto Trump.
Il giornalista si riferiva a un contratto redditizio e che presto verrà aggiudicato per fornire servizi di cloud computing al Dipartimento della Difesa. Il suo valore si attesta intorno ai 10 miliardi di dollari e Amazon è stata a lungo considerata il front-runner.
Ma l’accordo è stato oggetto di un attento esame da parte dei rivali che hanno affermato che il processo di offerta è stato distorto dai pregiudizi favorevoli nei confronti del gigante dell’e-commerce.
“È un contratto molto importante”, ha detto Trump. “Uno dei più grandi mai stipulati a oggi nel settore del cloud e non solo. Stiamo ricevendo continue lamentele da parte di alcune delle più grandi aziende del mondo che avanzano delle riserve”.
“Microsoft, Oracle e IBM”, ha continuato Trump, “sono decisamente irritate, quindi dovrò approfondire bene la questione”.
Poco dopo, il Pentagono ha comunicato ufficialmente che il contratto rimane in sospeso fino a quando la procedura di offerta non sarà stata sottoposta a una revisione approfondita.
Molti l’hanno visto come un altro colpo di Trump al suo avversario Jeff Bezos, CEO di Amazon e proprietario del “Washington Post”. Da quando è arrivato alla Casa Bianca, Trump si è regolarmente scagliato contro Bezos su Twitter, accusandolo di metterlo in cattiva luce sulla stampa, criticando il comportamento fiscale di Amazon e persino avanzando critiche per l’impatto della azienda sul servizio postale degli Stati Uniti.
D’altronde, fino a pochi mesi fa la maggior parte degli americani non aveva mai sentito parlare di JEDI, e tanto meno se ne preoccupava. Rispetto agli sforzi per costruire grandi aerei da combattimento o missili ipersonici – i principali progetti militari di cui si sente parlare – il programma del Joint Enterprise Defense Infrastructure appariva decisamente scolorito.
Le sue indicazioni più interessanti si riferiscono ai data center off-site, ai sistemi IT e alle applicazioni basate sul web.
A prima vista, è altrettanto poco significativo che Amazon sia in corsa per un tale contratto. Dopotutto, è il principale fornitore mondiale di cloud computing; la sua divisione Amazon Web Services (AWS) ha generato oltre 25 miliardi di dollari di entrate nel 2018.
Ma la “polemica” di Trump non riguardava solo una guerra contrattuale tra una manciata di aziende tecnologiche. Era un riflettore acceso sulla natura mutevole di Amazon e il ruolo che gioca nella sicurezza e nella politica nazionali.
L’azienda ha trascorso gli ultimi dieci anni a curare i rapporti con Washington e oggi, non contenta di essere il più grande rivenditore online del mondo, sta per diventare uno dei maggiori appaltatori della Difesa americana.
Il ritorno dello Jedi
Lo Sheraton Hotel a Pentagon City, un quartiere adiacente al Dipartimento della Difesa, ospita un mondo lontano dall’etica della Silicon Valley e dalla sua cultura di startup in rapido cambiamento. Nel marzo 2018, la sala da ballo da 1.000 posti dell’hotel, ispirato all’architettura brutalista degli anni 1970, era piena zeppa di venditori interessati a fare offerte su JEDI. Mentre i partecipanti sedevano su sedie da ballo in stile re Luigi, una sfilata di funzionari del Pentagono in uniforme parlava delle politiche di approvvigionamento.
Si è trattato del solito incontro, fino a quando Chris Lynch non è salito sul palco. Lynch, descritto da una pubblicazione della difesa come “il guru digitale del Pentagono con la felpa con il cappuccio”, sfoggiava occhiali da sole con la montatura rossa sollevati sulla fronte e una maglietta di Star Wars con la scritta “Cloud City”.
Lynch è arrivato al Pentagono tre anni fa per rinnovare una burocrazia militare in via di esaurimento. Imprenditore seriale, esperto di ingegneria e marketing, si è rapidamente guadagnato l’inimicizia degli imprenditori federali che erano sospettosi di ciò che il Pentagono aveva pianificato di fare. Alcuni hanno preso il suo modo di vestire casual come una provocazione deliberata.
“Il Pentagono non è il posto giusto per certe cose”, afferma John Weiler, direttore esecutivo del IT Acquisition Advisory Council, un’associazione di settore i cui membri includono aziende che vogliono fare offerte su JEDI. “Mi dispiace, ma che significa indossare una felpa con il cappuccio e tutto il resto? Vuole mettersi una specie di uniforme per dire che è un geek, ma in realtà non lo è”.
Perfino quelli che non erano contrariati dal suo modo di fare, hanno pensato che Lynch dovesse chiarire con chi stava, e probabilmente non era con gli appaltatori federali tradizionali.
“Se ci affidassimo alle soluzioni proposte da persone che non hanno nulla a che fare con il governo federale?”, ha chiesto durante il suo discorso alla sala da ballo affollata. “Se sbloccassimo queste capacità per sviluppare la missione di difesa nazionale? Se approfittassimo dei mercati a coda lunga che si sono sviluppati nelle industrie del cloud commerciale? Ecco che cosa è JEDI”.
Il Pentagono aveva certamente deciso di fare alcune mosse non convenzionali con questo contratto. Tutto sarebbe andato a un solo appaltatore, con un programma accelerato che avrebbe visto l’appalto aggiudicato entro pochi mesi. Molti tra il pubblico hanno dedotto che l’accordo era cablato per Amazon.
Weiler afferma che il contratto ha “grossi difetti” e che l’approccio del Pentagono finirà per perdere potenziali efficienze di costo. Invece di avere più aziende in competizione per contenere i costi, ci sarà un solo cloud da un singolo fornitore.
Questo approccio a senso unico per tutti non ha funzionato per la CIA – che ha annunciato piani per coinvolgere più fornitori all’inizio di quest’anno – e non funzionerà per il Dipartimento della Difesa, spiega Weiler. E aggiunge che l’affare significa che tutte le app esistenti dovranno migrare verso il cloud, che sia opportuno o meno.
Nell’agosto del 2018, Oracle ha presentato una protesta al Government Accountability Office sostenendo che il contratto era “progettato attorno a un particolare servizio cloud” (IBM ne ha seguito l’esempio poco dopo).
Lo stesso mese, la pubblicazione “Defense One” ha rivelato che RosettiStarr, un’azienda di Washington che si occupa di sicurezza e investigazioni, aveva acquisito un dossier in cui si diceva che Sally Donnelly, una importante funzionaria del Pentagono ed ex consulente esterno di Amazon, avesse favorito l’azienda di e-commerce. RosettiStarr ha rifiutato di dire il nome del cliente che ha commissionato il suo lavoro.
Nel dicembre del 2018, Oracle, che non ha partecipato alla fase finale delle offerte, ha presentato una protesta formale con nuovi documenti relativi a un conflitto di interessi. Secondo Oracle, Deap Ubhi, che ha lavorato con Lynch al Defense Digital Services del Pentagono, aveva negoziato un lavoro con Amazon mentre era già coinvolto nel progetto JEDI.
Sono stati anche sollevati dubbi su una visita, nel 2017, alla sede di Amazon di James Mattis, allora segretario alla Difesa; mentre si stava recando alla sede dell’azienda, a Seattle, Mattis si è dichiarato “un grande ammiratore di Amazon”, ed è stato in seguito fotografato a passeggio con Bezos.
(L’ammirazione di Mattis per l’innovazione non è stata sempre accompagnata dal suo discernimento; fino al 2017, ha lavorato nel consiglio di amministrazione di Theranos, l’azienda di tecnologia sanitaria accusata di frode per i suoi sistemi di analisi del sangue).
Amazon e il Pentagono hanno negato le accuse di comportamento improprio e in luglio hanno ricevuto l’appoggio di un giudice federale, che ha stabilito che l’azienda non aveva influenzato indebitamente il contratto. Ciò, tuttavia, è successo prima dell’intervento del presidente Trump.
“Fin dal primo giorno, abbiamo partecipato alla gara per JEDI facendo affidamento sui nostri servizi, sulla sicurezza e sulla qualità delle nostre prestazioni operative”, ha dichiarato un portavoce di AWS a “MIT Technology Review”.
Qualunque sarà il risultato dell’indagine su JEDI, è chiaro che la dipendenza del Pentagono dalla Silicon Valley sta crescendo.
Una ragione potrebbe avere a che fare con le priorità del Dipartimento della Difesa. A suo tempo, molte delle tecnologie che hanno reso possibile il cloud computing, inclusa Internet stessa, sono nate da ricerche sponsorizzate dai militari. Oggi, tuttavia, i finanziamenti delle grandi aziende tecnologiche portano alla tecnologia dell’informazione ciò che il Pentagono spende nella ricerca informatica.
La Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), che ha finanziato la creazione di Arpanet (il precursore di Internet) a partire dagli anni 1960, è ancora impegnata nell’informatica, ma quando si tratta di cloud computing, non sta lavorando a una sua versione.
Jonathan Smith, un manager del programma DARPA, afferma che il lavoro sul cloud dell’agenzia oggi è focalizzato sullo sviluppo di prototipi sicuri e open source che potrebbero essere adottati da chiunque, sia nel governo, nel mondo accademico o in società commerciali, come Amazon.
“Voglio dire, pragmaticamente che, quando si guarda alla tecnologia, in passato il DOD fosse visto come Godzilla, mentre ora non facciamo paura a nessuno”, chiarisce Smith.
Forze nuove in campo
Si tratta di una rapida inversione di tendenza rispetto a poco più di un decennio fa, quando Amazon ha combattuto con successo una citazione del governo per la mancata registrazione di acquisti di circa 24.000 libri come parte di un caso di frode. “Voci fondate o meno di un’indagine penale federale orwelliana sulle abitudini di lettura dei clienti di Amazon potrebbero spaventare innumerevoli potenziali clienti e portare all’annullamento degli acquisti pianificati di libri online”, ha scritto il giudice nella sentenza del 2007 a favore di Amazon.
Coloro che hanno familiarità con la cultura aziendale dell’epoca affermano che l’azienda non era bendisposta nei confronti del governo. A differenza di Larry Ellison, che si è apertamente vantato del fatto che la CIA fosse la punta di diamante di Oracle, Bezos faceva parte di una seconda ondata di magnati della tecnologia che diffidavano dei legami con i federali.
Tuttavia, l’azienda stava già effettuando le sue prime incursioni nei servizi di cloud computing che alla fine ne avrebbero reso un ovvio partner governativo. Nel 2003 due dipendenti, Benjamin Black e Chris Pinkham, in un documento descrissero un sistema di server virtuale standardizzato per fornire potenza di elaborazione, archiviazione dei dati e infrastruttura su richiesta.
Un giorno, era la loro previsione, i server si sarebbero potuti noleggiare.
l due esposero l’idea a Bezos, che li incoraggiò ad andare avanti. Lanciato pubblicamente nel marzo 2006, ben prima dei servizi concorrenti come Microsoft Azure e Google Cloud, AWS ora domina il mercato. I servizi cloud hanno garantito ad Amazon il 13 per cento delle sue attività complessive nel 2018 e una percentuale di gran lunga superiore dei suoi profitti. AWS vanta milioni di clienti, tra cui Netflix, Airbnb e GE.
La fornitura di infrastrutture ad altre aziende ha aperto le porte al servizio delle agenzie governative. Nel 2013 AWS ha ottenuto una vittoria a sorpresa diventando il fornitore di cloud computing della CIA. L’accordo, del valore di 600 milioni di dollari, ha reso Amazon un importante appaltatore nel settore della sicurezza nazionale.
Da allora, le vicende hanno subito un’accelerazione. Amazon ha investito molto in nuovi data center nella Virginia del Nord e, nel febbraio 2019, dopo un contest fortemente pubblicizzato, l’azienda ha annunciato di aver selezionato Crystal City, Virginia, un sobborgo di Washington, DC, a meno di un miglio dal Pentagono, come sito per la sua seconda sede (New York è stata scelta come vincitrice congiunta, ma Amazon ha successivamente abbandonato i suoi piani in seguito all’opposizione pubblica alle agevolazioni fiscali che la città aveva concesso all’azienda).
Tutto ciò è accaduto senza troppi attriti, mentre altri giganti della tecnologia hanno avuto relazioni burrascose con l’apparato di sicurezza nazionale. Nel 2015, Apple ha sfidato pubblicamente l’FBI quando gli è stato chiesto di svelare i dati di un telefono di proprietà di uno degli autori di una strage di massa a San Bernardino, in California (l’FBI ha ritirato la sua richiesta dopo aver pagato agli hacker quasi 1 milione di dollari per ottenere l’accesso). Google, invece, ha ritirato le offerte per JEDI l’anno scorso dopo una petizione dei suoi dipendenti che si rifiutavano di collaborare a un contratto di intelligenza artificiale del Pentagono, il cosiddetto Progetto Maven.
Amazon non ha avuto gli stessi problemi con i suoi dipendenti, forse perché è sempre stata molto autoritaria nelle relazioni sindacali. E anche quando si è verificato un certo fermento tra il personale, non è stato a causa dei collegamenti con la CIA o il Pentagono, ma perché Amazon ha venduto servizi Web a Palantir, la società di analisi dei dati che lavora con l’Immigration and Customs Enforcement. I dipendenti di Amazon hanno scritto una lettera aperta a Bezos per protestare contro la “politica immorale degli Stati Uniti”, ma ha avuto poco o nessun effetto.
E sarebbe una sorpresa il contrario. È difficile immaginare che dopo più di cinque anni di fornitura del sistema centrale dei computer alla CIA che conduce attacchi con droni in tutto il mondo, Amazon improvvisamente si rifiutasse di collaborare con chi porta avanti le politiche sull’immigrazione.
L’Impero colpisce ancora
La domanda comunque rimane valida: perché Amazon si sta occupando di sicurezza nazionale? Molti pensano che si tratti di denaro contante. Stephen E. Arnold, uno specialista in software di intelligence e forze dell’ordine, ha utilizzato una serie di video online per tracciare l’evoluzione di Amazon dal 2007, quando aveva “effettivamente zero” presenza nell’IT governativo, al possibile dominio attuale.
“Amazon vuole neutralizzare e quindi sostituire i tradizionali fornitori del Dipartimento della Difesa e diventare l’IBM del XXI secolo per il governo degli Stati Uniti”, afferma Arnold.
Trey Hodgkins, fino a poco tempo fa vice presidente senior dell’Information Technology Alliance for Public Sector, un’associazione di appaltatori IT, è d’accordo. A suo parere, “Il vincitore del contratto [il JEDI] controllerà una parte sostanziale dei servizi cloud per il governo federale”.
Amazon, uno dei membri dell’associazione che si è sciolta nel 2018 per alcuni dubbi su JEDI, ne ha formata una propria. Le agenzie del settore civile, dice Hodgkins, guardano al Pentagono e dicono: “Se è accettabile per loro, allora probabilmente andrà bene per noi”.
Ma Arnold crede che Amazon stia facendo un passo più ampio nel business globale delle forze dell’ordine e della sicurezza. Il software di riconoscimento facciale basato sul cloud dell’azienda, Rekognition, in grado di rilevare l’età, il genere e alcune emozioni oltre a identificare i volti, è già utilizzato da alcuni dipartimenti di polizia e nel 2018 Amazon ha acquistato Ring, che produce campanelli intelligenti con videocamere.
Ring potrebbe sembrare un buon investimento per i consumatori, ma l’azienda, secondo Arnold, sta creando una tecnologia in grado di estrarre il suo tesoro di dati da consumatori, settore finanziario e forze dell’ordine. “Amazon”, continua Arnold, “vuole diventare il fornitore principale dalle amministrazioni governative federali, statali e locali nel caso siano richieste soluzioni di polizia e di intelligence”. Quest’estate, “Vice News”, il canale di attualità di Vice Media, ha rivelato che Ring stava fornendo video ai dipartimenti di polizia locali.
Ma questo è solo l’inizio. Arnold prevede che Amazon andrà oltre i mercati delle forze dell’ordine e dell’intelligence USA e assumerà una configurazione globale. Questa strategia, egli prevede, vale decine di miliardi di dollari.
Un altro obiettivo è acquisire sempre più influenza. Un ex funzionario dell’intelligence con cui ho parlato afferma che i contratti governativi e l’acquisto del “Washington Post” non sono due mosse distinte per Bezos, ma fanno parte di un piano più articolato. In fondo i capitani dell’industria lo hanno sempre fatto. “Non c’è nulla di mefistofelico”, ha detto l’ex funzionario. “Bezos sta solo difendendo i suoi interessi”.
E forse lo scopo vero di Amazon non è acquisire contratti governativi, ma esercitare influenza sulle leggi che potrebbero danneggiare l’azienda. Oggi, la minaccia più seria non è rappresentata dalla concorrenza, ma dai legislatori e dai politici che discutono di azioni antitrust contro i giganti della tecnologia (O, forse, un presidente che sostiene che dovrebbe pagare più tasse).
Bezos comprende chiaramente che operare a Washington richiede contatti ben radicati con chiunque si trovi alla Casa Bianca; nel 2015 ha assunto l’ex segretario stampa di Obama, Jay Carney, come dirigente senior, e all’inizio di quest’anno AWS ha arruolato Jeff Miller, un lobbista legato a Trump, per fare pressioni per suo conto.
Amazon ha dichiarato a “MIT Technology Review” america che il focus sulla sicurezza nazionale fa parte di una strategia più ampia di presenza nel settore pubblico.
“Siamo fermamente convinti che la difesa, l’intelligence e le comunità della sicurezza nazionale meritino l’accesso alla migliore tecnologia del mondo”, ha affermato un portavoce. “E ci impegniamo a sostenere le loro missioni critiche di protezione dei nostri cittadini e di difesa del nostro Paese”.
Non tutti sono d’accordo. Steve Aftergood, responsabile del Project on Government Secrecy per la Federation of American Scientist, segue le vicende della spesa per intelligence e privacy da decenni. Gli ho chiesto se avesse qualche preoccupazione per la rapida espansione di Amazon nel campo della sicurezza nazionale.
“Sembra che stiamo muovendoci verso una nuova configurazione dei rapporti tra governo e industria senza aver riflettuto a fondo su tutte le implicazioni. E alcune di queste potrebbero non essere del tutto prevedibili “, ha scritto in un’e-mail. “Ma ogni volta che si stabilisce una nuova concentrazione di potere e influenza, è necessario anche creare una struttura compensativa che avrà l’autorità e la capacità di svolgere un controllo efficace. Fino ad ora, quella struttura di supervisione non sembra aver suscitato l’attenzione che merita”.
Se osservatori e critici hanno ragione, il contratto JEDI del Pentagono è solo un trampolino di lancio per Amazon che alla fine gestirà l’intero cloud governativo, fungendo da hub di archiviazione dei dati per qualsiasi cosa, dai casellari giudiziari ai controlli fiscali. “Bezos è bravo ad anticipare gli eventi”, dice l’ex funzionario dell’intelligence, “e ha capito che è di fronte a una miniera d’oro”.
Foto: Pablo Delcan