La misurazione del lavoratore

La tecnologia che mette sotto luce la produttività e il valore del lavoratore contribuisce anche alla creazione di ineguaglianza

di Tyler Cowen

Le discussioni sulle ineguaglianze negli stipendi si concentrano solitamente su come la tecnologia dell’informazione prediliga il lavoro qualificato, sull’incremento degli scambi globali o magari sul modo in cui le norme tendano a privilegiare le persone più abbienti o con i contatti migliori. Esiste però un altro elemento fondamentale nella definizione di questa disparità di reddito: il miglioramento dei sistemi di misurazione delle prestazioni dei lavoratori. Con il migliorare di questo aspetto, il divario fra i lavoratori più produttivi e quelli meno efficienti cresce.

Prendiamo ad esempio il giornalismo. Nei “cari e vecchi tempi”, nessuno sapeva quante persone leggessero un articolo come questo, o un editoriale individuale. Oggi, invece, una società di media digitali sa esattamente quante persone stanno leggendo quali articoli e per quanto tempo, e sanno anche se da quegli articoli accedono ad altri link. La precisione e la trasparenza offerti dalle tecnologie per l’informazione ci permettono di misurare con una certa precisione il valore di ciascun articolo.

Il risultato è che molti giornalisti risultano valere meno, per cui il loro stipendio viene ridotto o l’ingaggio terminato, mentre il giornalista più famoso attira più traffico Web e la sua figura diventa un brand a sé. Alcuni si spingono fino al punto di avviare la propria società media, come nel caso di Nate Silver con FiveThirtyEight ed Ezra Klein con Vox. In questo caso, una migliore valutazione accentua l’ineguaglianza in maniera più o meno permanente.

Presso una qualunque organizzazione o divisione, molti colleghi svolgono un buon lavoro, ma solo pochi di essi risulterebbero realmente difficili da sostituire. Queste sono le figure che, con una migliore misurazione del valore economico, ricevono salari e bonus migliori.

Immaginate una situazione in cui un gruppo di lavoratori produce collettivamente un determinato risultato. La tendenza è affidarsi a una sistema di retribuzione paritario, forse con qualche livello di ineguaglianza per l’anzianità o altre caratteristiche altamente visibili, come gli straordinari. Una struttura di retribuzione relativamente equa contribuisce ad accrescere la solidarietà di gruppo, mentre i lavoratori migliori non possono dimostrare il loro valore ad altri potenziali datori di lavoro perché privi di un sistema di misura pubblicamente osservabile.

Con il migliorare delle informazioni sulla produttività i lavoratori migliori stanno cominciando ad esigere di più, e possono ottenerlo; i loro datori saranno più incentivati a volerli tenere. I lavoratori dovrebbero anche smettere di pensare al proprio lavoro come se portasse lo stesso valore dei loro colleghi, e questo potrebbe ridurre i danni di una struttura di pagamento diseguale al morale del personale.

Una malaugurata possibilità, o forse dovrei dire probabilità, è che alcuni lavoratori non riescano ad essere produttivi. Potrebbero essere degli scansafatiche, o lavoratori estremamente abili ma nocivi per il morale di un ufficio. Il loro comportamento potrebbe sottrarre più di quanto il loro operato offra. Questi lavoratori con una “produttività marginale prossima allo zero”, potrebbero avere difficoltà a nascondersi dietro il lavoro di altri.

Al momento, ogni azione compiuta dai dipendenti su un computer viene registrata, catalogata e misurata. Il controllo sui lavoratori è in aumento, e le analisi statistiche di grandi raccolte di dati facilitano sempre più la valutazione della produttività individuale, anche se gli impiegati possono produrre una raccolta di dati alquanto ricca di “rumori” esterni alla sola produttività.

Questa analisi per quanto grezza nella forma, ha inizio a partire dal momento in cui un lavoratore comincia a cercare un impiego. Una percentuale significativa di datori negli Stati Uniti guarda alle prestazioni individuali su impieghi precedenti prima di prendere una decisione. Alcuni guardano persino alle prestazioni nei videogiochi online per valutare il talento individuale. Ci sono poi Facebook Twitter, LinkedIn e diversi altri portali di social media, ciascuno dei quali offre indizi sulla nostra personalità, il nostro impegno e la qualità delle nostre connessioni sociali. Non è difficile immaginare un futuro in cui i punteggi individuali su eBay e Uber sono in vendita nel mercato dell’informazione. I candidati più affidabili potrebbero persino offrire di propria volontà queste informazioni. I corsi straordinari potrebbero addirittura disporre di più informazioni di quanto una qualunque lettera di raccomandazione possa contenere.

Guardando ancora oltre, e più speculativamente, i datori di lavoro potrebbero arrivare a richiedere le informazioni genetiche dei lavoratori. Chiunque non sia disposto potrebbe essere visto come un soggetto che ha qualcosa da nascondere, e questa informazione potrebbe diffondersi anche se fossimo contrari alla discriminazione genetica. I dati potrebbero anche essere prelevati, a seguito di un colloquio di lavoro, dalla maniglia di una porta o da una tazza di caffè. È difficile pensare che informazioni tanto preziose possano rimanere confidenziali per sempre, dato che la maggior parte dei data base si è rivelato violabile. Questa spiegazione della crescente disuguaglianza presenta non pochi aspetti negativi, ma anche qualche elemento positivo.

Il lato positivo, molto semplicemente, è che la misurazione del valore dei lavoratori tende a incentivare la produttività. I datori possono così assegnare ai dipendenti più produttivi le mansioni più idonee. Gli incentivi sul lavoro possono essere anche strettamente legati alla creazione di valore per l’impresa.

Gli aspetti negativi sono molteplici. A nessuno piace essere valutato in continuazione, in particolar modo se i risultati non sono sempre compiacenti: nella maggior parte dei casi, una nota negativa ha un effetto maggiore su cinque altre note positive. In rapporto con un aumento o una riduzione dello stipendio, questo genere di valutazione può creare maggiori tensioni all’interno dell’ambiente di lavoro.

Una vita all’insegna della meritocrazia può essere ardua, ostile e scoraggiante, specialmente per le persone che tendono a scoraggiarsi facilmente. La privacy in questo mondo sarà certamente più difficile da ottenere, e le “seconde chance” saranno forse più ardue da ottenere, considerata la permanenza dei dati elettronici. Potremmo finire per favorire le personalità che hanno sempre rigato dritto e sfavorire coloro che nella giovane età hanno fatto i ribelli, anche se questi ultimi potrebbero in seguito rivelarsi più creativi.

Ciò detto, la misurazione del valore dei lavoratori è una pratica che resterà per molto tempo. La vera domanda non è tanto se siamo favorevoli o meno, quanto cosa potremmo fare per renderla migliore invece che peggiore. Idealmente, potremmo disporre di un sistema in cui gli individui possono migliorare gli aspetti per i quali hanno ricevuto una valutazione negativa, prevenendo così ingiustizie e preservando l’accuratezza. Vorremmo inoltre un sistema che non valutasse le persone troppo presto, permettesse a stranieri e immigrati di far sentire la propria voce, ricompensasse l’intraprendenza e preservasse un minimo di privacy.

Ovviamente, questa è una serie importante di richieste. Mi domando, fra l’altro, se MIT Technology Review mi informerà del numero di persone che ha letto questo articolo.

Tyler Cowen è professore di economia presso la George Mason University.

(MO)

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