Entro fine 2015 avremo a distanza di poche settimane il collocamento in borsa (IPO) sia di Poste Italiane che di Japan Post. Vediamole in breve.
di Alessandro Ovi
Japan Post
In Giappone, il 4 Novembre, Japan Post Holding offrirà circa l’11% delle sue azioni e così faranno, separatamente Japan Post Bank e Japan Post Insurance. Il piano del Governo prevede la vendita, in fasi successive, di due terzi di Japan Post Holding e del 50% di Japan Post Bank e Japan Post Insurance.
Questa enorme IPO non è nata sotto una buona stella. È giunta al suo punto di arrivo dopo una gestazione di quasi dieci anni, perché la decisione sulla data ha coinciso con un momento di grande volatilità dei mercati a causa del collasso delle Borse e della svalutazione della moneta in Cina. Questi eventi hanno fatto nascere in Giappone la preoccupazione di un rallentamento dell’economia.
Il ministro delle finanze, che attualmente detiene il 100% di Japan Post Holding, si aspetta di vendere circa l’80% delle azioni a investitori domestici (95% delle quali ad individui) ed il rimanente 20% a investitori internazionali. Una così ampia presenza di investitori individuali (derivante anche dalla grande notorietà di Japan Post tra la popolazione in generale) ha naturalmente sollevato tra le autorità Giapponesi la preoccupazione di evitare quella che viene definita la “NTT debacle” (il crollo dei prezzi delle azioni poco dopo il collocamento in Borsa della grade società telefonica Nippon Telephone and Telegraph). Il presidente di Japan Post Taizo Nishimuro, alla domanda se non temesse che il prezzo di emissione delle azioni fosse troppo basso, rispose “sono più preoccupato che il prezzo sia troppo alto. Dobbiamo stare molto attenti a non commettere di nuovo l’errore di NTT”.
Le dimensioni delle strutture portanti di Japan Post sono davvero enormi: la parte assicurativa è la prima del paese, quella Bancaria una delle prime, e gli oltre 24.000 uffici postali sono la più grande rete fisica del Giappone. Per ora queste attività sono strettamente controllate per impedire ostacoli rilevanti ai concorrenti privati (ad esempio non sono autorizzate la concessione di mutui e acquisizioni).
Dal momento in cui lo stato diventerà azionista di minoranza, è previsto che questi vincoli vengano gradualmente sciolti e permettano a Japan Poste di trarre il massimo vantaggio dalla sua presenza capillare, specialmente nelle comunità rurali ed in quelle più anziane.
Il rafforzamento dell’attività di consegna pacchi viene presentato, analogamente a quanto dichiara Poste Italiane, come un punto di forza del piano industriale, così come l’acquisizione per 5 bil $ del gruppo Australiano Toll nella logistica globale.
Viene posta molta enfasi sulle grandi opportunità offerte da forte sviluppo della tecnologia. Recentemente ad esempio è stata presentata con grande enfasi la alleanza di Japan Post con Apple e IBM.
IBM deve sviluppate per Japan Post software di sostegno alle grandi imprese per una ampia serie di servizi, e integrare la fornitura di componenti Apple (soprattutto per i clienti più anziani. Il tema dell’aiuto alla “aging polulation” è uno dei messaggi ricorrenti nella informazione di promozione dell’IPO da Japan Post, così come in Poste Italiane).
Tutti questi aspetti certamente positivi non sono bastati a costruire un atteggiamento di fiducia dei grandi investitori finanziari, che paiono non credere alle capacità di cambiamento della società e sono arrivati a dire di aspettarsi un “disastro” dall’IPO di Japan Post.
Poste Italiane
Diverso è il caso di Poste Italiane che, fatte le dovute proporzioni, è pure una grande realtà industriale con una presenza ed una varietà di servizi che possono chiaramente influire sullo sviluppo dell’Italia e sulla sua modernizzazione. La “Digitalizzazione” del paese potrà trarre una grande spinta da una rinnovata offerta di servizi di Poste Italiane.
Più volte l’Amministratore delegato di Poste Italiane, Francesco Caio, ha messo in evidenza questo aspetto della società anche nell’ottica di promuoverne la privatizzazione e la quotazione in borsa, Gli analisti dei grandi investitori internazionali concentrano però maggiormente la loro attenzione sui numeri e, in parte, sul quadro politico sindacale.
Rilevano che dal punto di vista dei risultati i servizi finanziari (soprattutto Banco Posta) hanno contribuito al 73% del Margine operativo nelle prima metà del 2015, con il resto prodotto dalla attività assicurativa, mentre la spedizione di lettere e pacchi ha portato una leggera perdita.
La attività finanziaria è relativamente a basso rischio in quanto non vengono offerti mutui. Dei 5.4 miliardi di ricavi, 2 provengono da interessi, soprattutto di titoli di stato, 1,6 da commissioni, e 1,5 da pagamenti di bollette (elettricità telefoni etc.). ROE circa del 30% a fronte di un 12% della parte assicurativa.
Viene fatto rilevare che l’attività finanziaria di Poste Italiane è in modo diretto molto importante per il Governo Italiano, al di là del suo aspetto politico di “grande privatizzazione”, per il ruolo di rilevante di suo canale e fonte di finanziamento in quanto rilevante “investitore in titoli di stato”. Vi è una diffusa sensazione che il governo Italiano farà tutto quanto possibile perché questa privatizzazione sia un grande successo.
Vi è un certo consenso tra gli investitori nel dubitare della reale possibilità per le attività di spedizione di produrre utili. Poste e pacchi negli ultimi 3, 5 anni avrebbero avuto un calo annuo medio del 6.5% che, data la preponderanza dei costi fissi, ha avuto come conseguenza una erosione dei margini fino alla perdita del 2014. Dal punto di vista degli analisti internazionali, questa parte della IPO, della quale Caio parla con grande fiducia, sarebbe una specie di “Wild Card”, una scommessa: contrastare i grandi gruppi internazionali già ben radicati in Italia (DHL, UPS, etc.) non sarà facile. Poste Italiane dovranno sottoporsi ad una profonda ristrutturazione e allo stesso tempo iniziare a fare a meno dei contributi da parte del governo che nel tempo, per il rispetto della concorrenza dovranno gradualmente essere cancellate.
Per compensare questa situazione Poste Italiane sta trattando con i sindacati una riduzione di 3.000 dipendenti l’anno (soprattutto prepensionamenti e probabilmente come bilancio di 4.000 assunzioni a fronte di 7.000 esodi su un totale di 140.000) e una grande attività di formazione. Vi sarebbero anche piani per ridurre la frequenza delle consegne in certe zone del paese ed aumentare in modo significativo i prezzi di certe spedizioni. La grande opportunità di questo settore di Poste Italiane è rappresentata dalla rete dei 132.000 uffici postali, attorno ai quali gravitano ogni giorno 1.5 milioni di persone, e dal fatto che sono il canale dominante nella comunità degli emigranti.
Il valore di libro della società è di 6.2 miliardi di € ma, secondo gli analisti, i risultati del primo semestre sarebbero stati da “capital gains non ricorrenti”. Ci si aspetta o si spera un prezzo di collocamento delle azioni equivalente ad un valore dell’azienda inferiore all’attuale valore di libro. Nel qual caso la privatizzazione di Poste Italiane sarebbe vista con occhi ben più benevoli di quella di Japan Post.
(MO)