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Opportunità e rischi dell’Industry 5.0. Un tema particolarmente rilevante oggi nel dibattito sull’intelligenza artificiale (AI) perché rappresenta un’evoluzione centrata sull’interazione uomo-macchina, ponendo l’accento su un’AI collaborativa e a misura d’uomo.

di Enrico Zio

A differenza dell’Industry 4.0, che si concentrava principalmente sull’automazione e l’efficienza, l’Industry 5.0 mira a sfruttare le potenzialità dell’AI per migliorare la creatività umana, personalizzare la produzione e rendere il lavoro più significativo. Inoltre, l’Industry 5.0 promuove sostenibilità e resilienza, temi cruciali per affrontare le sfide ambientali e sociali contemporanee, enfatizzando la coesistenza tra tecnologia avanzata e valori umani.

Il contesto

Per Industria 5.0 si intende un modello di impresa caratterizzato dalla forte cooperazione uomo-macchina e dalla grande sensibilità verso i temi della sostenibilità ambientale, il cui obiettivo principale è dare valore aggiunto alla produzione attraverso una personalizzazione spinta dei prodotti e rispondere così alle esigenze peculiari dei consumatori. Questo modello rappresenta l’evoluzione naturale di Industria 4.0, abilitata dallo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate, in particolare nei settori dell’AI, dell’ICT e della robotica, che stanno portando alla realizzazione e diffusione di dispositivi IoT sempre più potenti e Cyber Physical Systems sempre più evoluti. In accordo con la visione europea di supporto allo sviluppo di Industria 5.0, in Italia è stato definito il Piano Transizione Italia 5.0, che offre diverse opportunità di investimento agevolato lungo tre direzioni:

  • tecnologie innovative (robotica, IoTs, stampa 3D, cloud computing): migliorare la produttività, ottimizzare i processi e rimanere competitivi sul mercato globale;
  • efficienza energetica: garantire una produzione più sostenibile riducendo i costi operativi;
  • sostenibilità: ridurre l’impatto ambientale delle attività con energie rinnovabili e pratiche produttive eco-friendly.

L’AI svolge un ruolo fondamentale per raggiungere gli obiettivi del piano e questo offre grandi prospettive di sviluppo scientifico e tecnologico; tuttavia, questa evoluzione comporta anche nuove sfide alla competitività delle aziende che offrono soluzioni in questo ambito, con conseguenti nuovi rischi, che devono essere stimati, valutati e opportunamente gestiti. Per questo è importante identificare alcuni elementi di competitività nel proporre soluzioni AI per l’Industria 5.0, muovendo dal contesto tecnologico attuale e considerando anche i rischi collegati a questo tipo di offerta commerciale.

Enrico Zio – Direttore scientifico Datrix Group

Cosa sta succedendo

Negli ultimi 5 anni, si è assistito ad una proliferazione di librerie di algoritmi, sviluppate anche con l’intervento diretto degli “over the top” (Google, Meta, Microsoft, ecc.). Ad esempio, TensorFlow e Pytorch, tra i framework software più popolari per lo sviluppo AI, vengono manutenuti e aggiornati da Google e Meta, rispettivamente. In molti casi (su tutti, AI generativa e multimodale), gli algoritmi sono resi disponibili sul mercato già come modelli pronti all’uso, pre-addestrati utilizzando ingenti risorse computazionali ed economiche. Le dimensioni di questi modelli (come il numero di parametri su cui si basano) rendono complesso sia dal punto di vista tecnico che economico il loro riaddestramento o la loro personalizzazione. Questa situazione ha, da un lato, generato una capacità diffusa di sviluppare soluzioni basate su questi algoritmi e modelli: tutti i player sul mercato AI hanno grosso modo accesso agli stessi modelli e tecnologie, generalmente alle stesse condizioni economiche. Dall’altro, ha reso difficile esprimere chiaramente gli elementi differenziati di ciascuna azienda quando propone sul mercato soluzioni basate su AI, in particolare per l’Industria 5.0. Di fatto, il mercato AI riconosce valore non tanto all’algoritmo quanto alla capacità di utilizzare modelli appropriati e farli girare su dati di qualità, in modo sicuro. Un esempio significativo è dato dall’esplosione di soluzioni di Large Language Models (LLM), anche per applicazioni per l’Industria 5.0 (come i sistemi esperti per la manutenzione basati su chatbot conversazionali addestrati sulla manualistica o i report manutentivi). Ci sono diversi modelli pre-addestrati disponibili gratuitamente (Alpaca, OpenLLama, ChatGPT3). Quelli più performanti – cioè con un numero di parametri molto maggiore – sono però legati ad offerte commerciali (tra gli altri, ChatGPT4, Gemini, Claude). In questo contesto, sono moltissime le aziende che offrono soluzioni basate sui modelli pre-addestrati, come ad esempio il fine tuning di modelli LLM più leggeri – ovvero, con meno parametri – oppure soluzioni di Retrieval-Augmented Generation (RAG), che presentano un approccio che estende le capacità degli LLM a domini specifici e conoscenza interna di un’organizzazione, senza la necessità di riaddestrare il modello e garantendo che l’output rimanga pertinente ed accurato. Nello sviluppo di queste soluzioni, però, è difficile differenziarsi dagli altri player dal punto di vista tecnico, lasciando quindi la competitività agli aspetti commerciali, come dimostrato dalle offerte sempre più economiche con cui questi servizi vengono offerti.

Si è poi contestualmente assistito a una crescita esponenziale della letteratura tecnica e scientifica, con articoli facilmente reperibili on-line e sempre più spesso in modo gratuito, visto il largo successo dei modelli di pubblicazione basati su repository aperti (per esempio, arxiv.org). Questo, da un lato, comporta evidenti benefici per la diffusione della conoscenza e lo sviluppo tecnico e scientifico dell’AI; dall’altro, accresce la difficoltà nel selezionare i contributi scientificamente rilevanti, soprattutto quando al di fuori del mainstream. Questo è il caso delle applicazioni industriali di nicchia, per rispondere alle quali ci sono poche esperienze di riferimento con cui confrontarsi. Il processo di diffusione e condivisione degli aspetti teorici e dei modelli, che viene definito di democratizzazione dell’AI, ha come conseguenza anche la stagnazione, se non il declino, nella diversità della ricerca sull’AI: alcune delle università più grandi e prestigiose (MIT; Università della California, Berkeley; Carnegie Mellon; Università di Stanford) presentano livelli di diversità tematica nella ricerca sull’AI molto inferiori rispetto a quanto ci si aspetterebbe considerando il loro volume di attività e la loro natura pubblica. Queste università così influenti tendono a essere forti collaboratori delle grandi aziende private, portando ad una certa omogeneizzazione ai vertici della ricerca sull’AI. Ciò comporta che alcune aree tematiche e domini di applicazione, in particolare dell’Industria 5.0, non vengano sufficientemente presidiati. In questo scenario, risulta importante quindi coniugare le considerazioni che nascono dalla ricerca scientifica universitaria con le osservazioni che nascono da progetti di applicazione concreta in ambito business e industriale. Grazie quindi anche alla attività di direzione scientifica del Gruppo Datrix, possiamo distinguere 3 elementi distintivi che le aziende possono adottare per offrire soluzioni competitive all’Industria 5.0:

  • visione sistemica: per dare valore alla soluzione basata su algoritmi AI, è fondamentale tener presente il contesto industriale in cui questa si colloca. Dunque, un approccio multidisciplinare, in cui le competenze AI sono corroborate da quelle di sviluppo software, specialistiche di ingegneria e di business, è un fattore chiave per riuscire a soddisfare esigenze industriali nel paradigma 5.0.
  • Esperienza: la disponibilità di moltissime alternative richiederebbe, per considerarle tutte, tempi di sviluppo, adattamento e analisi delle performance di ciascun algoritmo troppo lunghi rispetto alle esigenze di tempi e budget tipiche dei contesti industriali. Sebbene gli approcci di AutoML aiutino ad accelerare questo processo decisionale, tuttavia è un indubbio valore aggiunto il saper valutare l’appropriatezza degli algoritmi e metodologie disponibili rispetto sia alla conoscenza, alle informazioni e ai dati disponibili, sia al rigore scientifico e alle necessità specifiche del singolo use case. Ad esempio, non sempre si hanno i dati per poter utilizzare determinate soluzioni, così come non sempre gli algoritmi producono i risultati riportati in letteratura quando applicati ad altri dati. In generale, poi, l’algoritmo più innovativo non è quello più adatto al contesto.
  • Identificazione degli ambiti di ricerca, sviluppo e innovazione AI in grado di rispondere tempestivamente, e con le migliori tecnologie, alle esigenze specifiche dell’Industria 5.0 non ancora pienamente intercettate dalle soluzioni commerciali. Ciò richiede capacità tecniche e scientifiche di livello molto avanzato, una costante attenzione e un investimento sui temi della ricerca e innovazione.

A quali rischi andiamo incontro

Sebbene siano molte le opportunità che si stagliano sul panorama delle possibili applicazioni dell’AI a Industria 5.0, è fondamentale considerare anche i rischi associati. A tal proposito, si può notare che mentre lo sviluppo software tradizionale utilizza metodologie strutturate che consentono una pianificazione dettagliata, lo sviluppo di modelli AI è caratterizzato da un approccio iterativo e sperimentale, in cui il “trial and error” è parte integrante del processo che porta alla finalizzazione della soluzione basata su AI. Sebbene ciò non comporti uno stravolgimento delle fasi fondamentali di qualsiasi sviluppo software (progettazione, sviluppo e rilascio in produzione), pone però rischi relativi alle tempistiche di esecuzione dei progetti di sviluppo e, soprattutto, rende difficile offrire al committente industriale garanzie di risultati della soluzione: questi dipenderanno dai dati disponibili, in termini di quantità e qualità, dal tipo di problema considerato, ecc. Per questo motivo, lo sviluppo di soluzioni AI nell’ambito industriale di solito parte troppo timidamente con attività di Proof of Concept (PoC), per le quali si offrono garanzie di metodo, generalmente a condizioni economiche che rendono questa fase poco onerosa dal punto di vista degli investimenti da parte di tutti gli stakeholder. I rischi commerciali rispetto a questo modello sono evidenti: può essere speso molto effort in attività dal basso valore aggiunto e che quindi rimangono sospese senza continuazione. Un altro rischio rilevante può essere riconosciuto nella distanza tra le competenze avanzate di matematica, informatica ed ingegneristiche necessarie per sviluppare soluzioni AI efficaci, e quelle tipicamente messe a disposizione dai decision maker industriali che, specie nelle PMI, sono molto verticali sul business, ma spesso con lacune sugli aspetti teorici dell’AI. Questa distanza può rendere poco efficaci e ricche di fraintendimenti le relazioni commerciali tra le parti, con il rischio che queste non si risolvano in un successo, anche in presenza di ottimi risultati tecnici. Infatti, bisogna considerare che lo sviluppo software tradizionale è basato su algoritmi e regole che producono risposte in linea di principio ripetibili e facilmente interpretabili, mentre i modelli di AI generano una risposta probabilistica ed in alcuni casi contro-intuitiva. È fondamentale considerare questo aspetto quando i fruitori della soluzione non hanno skill da data scientist e, quindi, si aspettano risultati deterministici, oltre che facilmente interpretabili e intuitivi. Ciò rende molto alto il rischio che il valore dello strumento sviluppato venga percepito dal fruitore come inferiore rispetto a una valutazione esperta. Occorre pertanto lavorare anche sulla formazione degli utenti finali, per aumentare la loro consapevolezza e la loro familiarità nell’utilizzo di questi sistemi. Un ulteriore aspetto legato alla velocità dell’evoluzione degli algoritmi è quello legato al rischio di obsolescenza dei prodotti, anche quando personalizzati. A tal riguardo, si pensi a come l’ingresso degli LLM abbia in poco tempo reso obsolete alcune funzionalità di molti software di gestione dei processi (ad esempio quelli basati su bot, OCR, ecc.). La dinamicità delle competenze, dunque, si riflette nella necessità di investire in soluzioni che abbiano da un lato un ritorno dell’investimento molte breve e, dall’altro, una capacità di continuo adattamento alle evoluzioni algoritmiche. Questa forte necessità di manutenzione evolutiva rappresenta indubbiamente anche un’opportunità per le aziende di sviluppo di soluzioni AI. Infine, la conformità normativa può essere particolarmente insidiosa data la diversità di quadri regolatori, l’abbondanza di principi vaghi e la rapidità del cambiamento che caratterizzano la fase attuale. L’evoluzione normativa attesa nei prossimi anni rappresenta sicuramente uno dei rischi da gestire.

Quali lezioni trarre (almeno per il momento)

La diffusione e la celerità dell’evoluzione dell’AI portano con sé molti risvolti, non solo tecnici, ma anche economici, sociali, etici e antropologici. Tali aspetti, tipici delle tecnologie che non hanno ancora raggiunto un alto grado di maturità, rendono molto complessa l’attività imprenditoriale e tecnica, chiamate a risolvere complessi trade-off tra le opportunità e i rischi che si celano dietro allo sviluppo di soluzioni AI, in particolare per Industria 5.0. L’obiettivo di questo contributo è stato quello di individuare e discutere alcune delle opportunità e dei rischi, nella consapevolezza del valore fondamentale di queste analisi: l’alternativa all’approccio di identificazione, valutazione e gestione di questi rischi è quella di prendere decisioni poco informate e, quindi, di rischiare di non essere parte di questo incredibile momento di cambiamento.

Gli strumenti individuati per poter competere in questo campo sono quelli della multidisciplinarietà, dell’esperienza e della formazione continua, che, in fondo, sono proprio quelli che garantiscono la capacità di analisi e mitigazione dei rischi connessi.

 

Enrico Zio, dal 2023 Direttore Scientifico di Datrix Group, è Professore ordinario al Centre for Research on Risk and Crises (CRC) di Ecole de Mines, ParisTech, e al Politecnico di Milano. È autore e coautore di sette libri e oltre 500 articoli su riviste internazionali (con un indice H di 103 su Google Scholar), presidente e co-presidente di diverse conferenze internazionali, associate editor di diverse riviste internazionali e revisore per più di 20.

Oltre a ricoprire ruoli accademici in Cina, è membro del consiglio della Fondazione Politecnico di Milano e Distinguished Lecturer IEEE e Sigma Xi. Nel 2020 ha ricevuto l’Humboldt Research Award per i suoi contributi nella valutazione del rischio e affidabilità.Nel 2023 è stato eletto Fellow dell’Asia-Pacific Artificial Intelligence Association come “lo scienziato di punta con eccezionali risultati nell’area dell’ingegneria dell’affidabilità e della valutazione del rischio”. Nel 2024 è stato riconosciuto con il Lifetime Achievement Award dalla Society for Reliability and Safety per aver pionieristicamente applicato l’IA e gli algoritmi genetici a supporto della valutazione del rischio e della resilienza per sistemi ingegneristici complessi. Recentemente eletto Fellow dell’Industry Academy dell’Artificial Intelligence Industry Academy.