Il nuovo impianto di chip di TSMC è una vittoria di Pirro per Trump?

Taiwan Semiconductor Manufacturing Co., il più grande produttore di chip a contratto del mondo, ha annunciato che realizzerà uno stabilimento da 12 miliardi di dollari in Arizona, che aprirà entro il 2024, e impiegherà circa 1.600 persone, generando indirettamente migliaia di altri posti di lavoro.

di Karen Hao

A prima vista, l’annuncio sembra una vittoria per l’amministrazione Trump, che vuole ridurre la  catena di approvvigionamento tecnologico dalla Cina, sia recuperando la sua capacità di produzione ad alta tecnologia sia riducendo la concessione di attrezzature e proprietà intellettuale a giganti della tecnologia cinese come Huawei. Ma l’impatto dell’accordo TSMC è ben lungi dall’essere ben definito e sottolinea invece quanto siano realmente intrecciate le strutture commerciali dei due paesi.

TSMC è uno dei soli tre produttori al mondo a produrre chip avanzati di elaborazione, quelli che contengono transistor di dimensioni pari o inferiori a 10 nanometri. Gli altri due sono Samsung Electronics con sede in Corea del Sud e Intel con sede negli Stati Uniti, che li utilizza esclusivamente nei suoi prodotti. 

Per fare un confronto, il più grande produttore cinese di chip per uso interno, Semiconductor Manufacturing International Corp. (SMIC), non può produrre chip di dimensioni inferiori a 14 nanometri. Per questo motivo, TSMC si è sempre più trovata al centro della competizione tra Stati Uniti e Cina per il dominio tecnologico.

La produzione di un wafer di silicio a TSMC. Taiwan Semiconductor Manufacturing

Tra i maggiori clienti di TSMC ci sono Apple e Huawei, che il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha inserito l’anno scorso nella sua entity list, vale a dire l’elenco di aziende che non possono acquistare ed esportare tecnologia americana. L’inclusione di Huawei nell’elenco, insieme a 114 delle sue affiliate collegate, ha vietato alle aziende statunitensi di vendere la loro tecnologia a queste imprese senza una licenza speciale.

Il dipartimento ha dichiarato che la decisione è stata presa per motivi di sicurezza nazionale. Non è un caso che Huawei svolga anche un ruolo fondamentale nello sviluppo tecnologico e nell’espansione della Cina all’estero, in particolare con le strategie di IA e 5G del paese.

Ma la lista nera iniziale non ha influenzato TSMC perché non è un’azienda americana. Ciò ha offerto a Huawei una scappatoia per continuare ad accedere ai chip all’avanguardia utilizzati per alimentare i suoi smartphone, i progetti IA e le reti 5G. Il 15 maggio, ore dopo l’annuncio dello stabilimento di TSMC, il Dipartimento del Commercio ha cercato di colmare questa lacuna aggiornando le sue regole per l’esportazione. 

In base alle normative estese, tutti i produttori di chip non americani che utilizzano apparecchiature americane di produzione di chip devono ottenere una licenza speciale per vendere a Huawei. Poiché gli Stati Uniti sono uno dei pochi paesi a dominare la progettazione e la produzione di tali apparecchiature di produzione ad alta precisione, che spesso possono costare più di 100 milioni di dollari per macchina, le regole vincolano quindi TSMC e altri produttori di chip avanzati che avrebbero difficoltà a trovare alternative.

Ciò pone effettivamente la fornitura di chip di Huawei sotto il controllo del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Secondo la “Nikkei Asian Review”, a partire dal 18 maggio, TSMC aveva già smesso di accettare gli ordini di Huawei. “Le apparecchiature per semiconduttori sono l’anello debole della catena di approvvigionamento della Cina su cui l’America sta facendo pressioni”, afferma Neil Thomas, ricercatore del think tank Macro Polo, che studia le relazioni USA-Cina e la catena di approvvigionamento dei semiconduttori. “Huawei è in grado di progettare chip all’avanguardia, a livello di quelli di Apple, ma quello che la Cina non può fare è costruire quei chip”.

In questo contesto, l’impianto pianificato assume un valora aggiunto. Il 18 maggio, il colpo destinato a Huawei ha colpito inavvertitamente TSMC, che ha visto il prezzo delle sue azioni scivolare del 2,5 per cento insieme ad altri fornitori Huawei. Alcuni analisti prevedono ora che il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti gli conceda una licenza per continuare a vendere a Huawei comunque, al fine di mantenere l’azienda in buoni rapporti per portare a termine il suo accordo da 12 miliardi di dollari. 

Non è chiaro se TSMC abbia fatto il suo annuncio già sapendo dell’imminente modifica al divieto di esportazione, ma “Reuters” ha riferito che la decisione di localizzare l’impianto negli Stati Uniti ha provocato manifestazione di “disponibilità” all’interno del dipartimento. Lo stabilimento non modificherà granchè la dipendenza degli Stati Uniti dalla produzione con sede in Asia. 

Interno dello stabilimento di TSMC. TSMC

È previsto che produca 20.000 wafer al mese una volta aperto, solo una piccola parte dei 12 milioni di wafer che TSMC ha realizzato lo scorso anno da sola. E al momento dell’apertura dell’impianto, i chip da 5 nanometri di cui è stata progettata la produzione non saranno più all’avanguardia. 

L’azienda ha già in programma di passare ai chip di 3 nanometri e ancora più piccoli nei suoi stabilimenti con sede a Taiwan nei prossimi anni. Dati i costi di capitale e il tempo necessario per la transizione dello stabilimento dell’Arizona alla tecnologia più recente, ciò significa che gli Stati Uniti dovrebbero mantenere per un periodo la propria fornitura di chip dagli impianti esteri per accedere ai più recenti progressi.

In parole povere, l’impianto non risolverà il problema dell’intreccio tra le catene di approvvigionamento dei due paesi. “Probabilmente è troppo piccolo per avere un impatto significativo sul quadro globale”, afferma Thomas. Se il divieto di esportazione allargato fosse effettivamente valido, potrebbe anche provocare conseguenze indesiderate. La Cina rappresenta una parte considerevole delle entrate di numerose aziende americane di semiconduttori, come Qualcomm, che fa affidamento sul paese per i due terzi del proprio reddito. 

A lungo termine, le vendite perse nei confronti di Huawei e del più ampio mercato cinese potrebbero rallentare l’innovazione statunitense nella produzione di chip. “Le spese in conto capitale, la ricerca e lo sviluppo sono molto elevati nel settore dei semiconduttori, circa il 30 per cento delle entrate complessive”, afferma Thomas.

Negli ultimi anni, la guerra commerciale ha spinto la Cina a raddoppiare gli investimenti nella sua industria dei semiconduttori. Lo stesso giorno del divieto di esportazione aggiornato del governo degli Stati Uniti, il governo cinese ha annunciato un’iniezione di 2,2 miliardi di dollari al suo più grande produttore di chip domestico, SMIC. La speranza del paese è che i produttori di chip cinesi raggiungano lo stato dell’arte entro pochi anni e completino la catena di approvvigionamento nazionale nel settore dell’hardware di elaborazione all’avanguardia. 

Nel frattempo, Huawei farebbe affidamento sui chip TSMC che sono stati stoccati per un anno, in previsione di ulteriori restrizioni statunitensi. Thomas dice che ci sono ancora molte incognite sulle prospettive future. “L’incertezza è fino a che punto la Cina possa uscire fuori da questa situazione con profitto”, egli afferma.

Nel complesso, lo stabilimento di TSMC in Arizona non è tanto un simbolo del successo dell’amministrazione Trump nel sostegno alla produzione ad alta tecnologia, ma  un segnale di un complesso equilibrio di relazioni che potrebbe più facilmente volgere a favore della Cina. Quella degli Stati Uniti è una vera “scommessa”, conclude Thomas.

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