Uno dei soldati più decorati del mondo afferma che la mancanza di coerenza a livello globale delle politiche occidentali nei confronti della proliferazione nucleare potrebbe portare al disastro.
di Janine di Giovanni
Il generale David Richards è uno dei soldati più influenti della Gran Bretagna: è stato capo delle forze armate britanniche e comandante della NATO in Afghanistan. Ma è forse più famoso per il suo intervento umanitario in Sierra Leone nel maggio 2000, quando unilateralmente prese decisioni sul terreno per proteggere la capitale, Freetown, salvando il paese dallo scivolamento nel genocidio.
Richarda ha concesso un’intervista alla reporter di guerra Janine di Giovanni, che ha coperto conflitti tra cui quelli in Bosnia, Iraq, Afghanistan e Siria.
In Sierra Leone ha evacuato centinaia di persone e impedito ai ribelli di entrare a Freetown. Questa operazione è stata straordinaria. Ha mai pensato che potesse fallire?
Sapevo che era possibile fallire a causa di numerosi problemi di ordine tattico. E ovviamente dovevo convincere Londra a sostenermi. Ma ero stato in Sierra Leone tre volte prima, e avevo una buona conoscenza di cosa mi trovavo davanti e della natura del nemico, il Fronte Unito Rivoluzionario (RUF).
Ero sicuro che con un po’ di fortuna, ce l’avrei potuta fare, come intendeva dire Napoleone con la frase: “Dammi generali fortunati”. Al di là di questo, senza le persone giuste in posizioni chiave, non sarei mai riuscito. Se avessi davvero pensato di fallire, non ci avrei provato. Era un rischio, ma non una scommessa.
Ma non aveva ricevuto ordini in questo senso, vero?
Ero consapevole che il genocidio in Ruanda era accaduto non molto tempo prima: i comandanti militari erano stati troppo cauti e avevano seguito ordini poco lungimiranti. In Sierra Leone, ero determinato a evitare lo stesso esito. Se avessi giocato bene le mie carte, avrei potuto almeno impedire al RUF di entrare in città. Comunque, è vero, non avevo ordini per farlo.
E quali lezioni ha imparato durante il suo periodo di comandante della NATO in Afghanistan?
La differenza principale è che la Sierra Leone ha coinvolto gli inglesi collaborando con gli altri, ma coordinava le operazioni. In Afghanistan, ognuno ha preso gli ordini principalmente dalla propria capitale. Se le disposizioni fossero state in linea con le loro priorità nazionali, avrebbero anche preso ordini da me.
Le persone hanno fatto del loro meglio, ma la collaborazione con una o due nazioni non è stata semplice. I comandanti subordinati, di solito inviati per motivi politici dai politici nazionali, non rispondevano direttamente a me. Questa mancanza di unità può minare alle basi un intervento militare. In Sierra Leone, tutti erano indiscutibilmente dalla stessa parte e desideravano lo stesso risultato.
Cosa ne pensa delle dispute sulla proliferazione nucleare?
In una conferenza di qualche anno fa, ho sentito un ufficiale americano in servizio discutere delle armi nucleari come se potessero essere utilizzate come parte integrante della guerra moderna. Io e alcuni altri diplomatici e politici del periodo della Guerra Fredda eravamo inorriditi. Sono un’arma devastante: se le usiamo, abbiamo fallito. Devono essere viste come un deterrente, qualcosa il cui possesso rende meno probabile la guerra.
Per tale motivo, dobbiamo convincere l’Iran a non sviluppare armi nucleari. Il presidente Trump ora sta usando un regime di sanzioni molto duro per raggiungere questo obiettivo, ma temo che stia sottovalutando e interpretando male gli iraniani.
Sarebbe stato meglio mantenere in piedi l’accordo nucleare e accettare i tempi lunghi. Il problema è che l’Occidente è diviso e questo è il peggiore dei mali possibili. Dobbiamo essere uniti attorno all’accordo nucleare o all’alternativa del presidente. Gli iraniani sono abili politici e sfrutteranno questo cuneo.
Ritiene che la guerra diventerà più tecnologica nel tempo? E quale ruolo giocherà l’IA?
È inevitabile. Le tecnologie cambieranno il carattere della guerra, ma non la natura. Dopo che il carro armato fu inventato, per molti anni è stato l’elemento decisivo per vincere una guerra; oggi la sua utilità è più limitata. E mentre attraversiamo questa rivoluzione tecnologica, ciò non significa necessariamente che le forze armate convenzionali e i sistemi d’arma diventeranno ridondanti. Probabilmente non si disporrà mai della tecnologia sufficiente a gestire un milione di persone e 50.000 carri armati. I nuovi sistemi devono essere in grado di sconfiggere vecchie forme di guerra industriale.
Si potranno mai evitare le guerre?
Il mio istinto mi dice che la guerra è purtroppo inevitabile. Ci saranno sempre persone là fuori che sono pronte a raggiungere i loro obiettivi attraverso la guerra. Anche se non vogliamo andare in guerra, altri potrebbero cercare di raggiungere i loro obiettivi. L’unico modo per evitarlo è che la nostra difesa sia abbastanza forte da scoraggiarlo. Ma quando non esiste alternativa, dobbiamo essere pronti a sradicare il male da subito, prima che diventi endemico.
(rp)