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Il “New York Times” ha pubblicato una storia immaginaria, a tratti distopica, ambientata nel 2043, in cui vengono affrontati argomenti sul futuro della tecnologia robotica che dividono gli esperti.

di David Rotman

L’articolo del “New York Times”, che fa parte di una rassegna in cui autori di fantascienza, futuristi, filosofi e scienziati scrivono storie ambientate tra 10, 20 o anche 100 anni, ha suscitato polemiche.

Le sfide di cui si parla nel breve racconto sono immaginarie, ma si collegano profondamente alle domande che ci si pongono sul rapporto tra tecnologia e sviluppo sociale.

Secondo Baobao Zhang, l’autore dell’articolo, a oggi, la rivoluzione tecnologica degli ultimi tre decenni ha portato a un’enorme crescita economica e ha introdotto molti beni e servizi a prezzi accessibili inimmaginabili 25 anni fa. 

Ha anche dimostrato il potenziale per aiutare a mitigare i cambiamenti climatici, migliorare l’assistenza sanitaria e far avanzare la ricerca scientifica.

Ma la maggior parte della ricchezza generata dai progressi nell’IA e nella robotica ha creato disuguaglianza ed è stata a esclusivo vantaggio dei dirigenti delle aziende tecnologiche.

A suo parere, è tempo che i benefici della rivoluzione dell’IA siano ampiamente distribuiti attraverso una rete di sicurezza sociale estesa.

Dean Baker del Center for Economic and Policy Research si è dichiarato in profondo disaccordo con l’impostazione dell’articolo. 

A suo parere, non solo non ci sono segni che i robot stiano effettivamente prendendo il sopravvento, data la lenta crescita della produttività, ma soprattutto:”la disuguaglianza che deriva dalla tecnologia è il risultato delle nostre politiche sulla tecnologia, non della tecnologia stessa”.

Egli spiega che è difficile non reagire di fronte all’affermazione, contenuta nell’articolo, che i robot stiano assumendo tutti i lavori e che questo porterà a enormi disuguaglianze.

La crescita della produttività, che è la misura della velocità con cui i robot e le altre tecnologie stanno assumendo posti di lavoro, è stata estremamente lenta negli ultimi anni.

Dal 2005 ha una media dell’1,3 percento annuo, rispetto a un tasso annuo del 3,0 percento dal 1995 al 2005 e alla lunga età dell’oro dal 1947 al 1973.

La nostra società si è data regole sui monopoli dei brevetti e sul copyright che consentono alle persone di possedere la tecnologia.

Se abbiamo strutturato questi incentivi in modi che portano a grandi disuguaglianze e non molta innovazione (misurata dalla crescita della produttività), dovremmo probabilmente cercare di modificare la nostra struttura di incentivi.

Baker conclude che le regole sul commercio, i brevetti, i diritti d’autore, il governo societario e la politica macroeconomica sono state truccate per far fluire il reddito verso l’alto (come argomentato nel capitolo 5 del suo libro Rigged, free online).

Foto: Pixabay