I prezzi bassi del greggio riaccendono la disputa

La contesa riguarda la gestione e spartizione dei proventi sul petrolio prodotto in Sud Sudan e destinato alle raffinerie del vicino settentrionale. Iniziata nel 2011, la controversia non ha per ora trovato una soluzione definitiva.

di Marco Malvestuto

Il crollo dei prezzi del petrolio sul mercato internazionale, seppure attenuato nelle ultime settimane, ha riacceso l’antica disputa che da anni divide i governi di Sudan e Sud Sudan, quella sulla gestione e spartizione dei proventi sul greggio prodotto in Sud Sudan e destinato alle raffinerie del vicino settentrionale. La contesa, iniziata con l’indipendenza di Giuba nel 2011, non ha per ora trovato una soluzione definitiva, anche se la formazione di un governo di unità nazionale in Sud Sudan dovrebbe sulla carta aiutare a raggiungere un accordo in tal senso.

Non più una tassa fissa ma una tariffa che oscilla con i prezzi

Proprio in seguito al calo dei prezzi petroliferi sui mercati internazionali, e ai rinnovati malumori da parte delle autorità sud sudanesi per una tassa sul greggio considerata troppo esosa, nel febbraio scorso i governi di Khartoum e di Giuba hanno raggiunto un’intesa di massima che prevede sostanzialmente un nuovo meccanismo finanziario, non più basato su una tassa fissa, come concordato negli accordi di cooperazione bilaterali firmati nel settembre 2012, ma una tariffa che oscilli a seconda dei prezzi del petrolio a livello globale. In base all’accordo siglato del 2012, infatti, Giuba è tenuta a pagare a Khartoum un’imposta di 9,1 dollari a barile per il transito del greggio prodotto nell’Alto Nilo attraverso gli oleodotti sudanesi, ed una di 11 dollari al barile per quello prodotto nello stato di Unità, come parte di un pacchetto compensativo di 3 miliardi di dollari, finalizzato a coprire la perdita di ricavi causata dalla secessione del Sud Sudan nel 2011. Sulla questione è intervenuto anche il ministro degli Esteri sudanese, Ibrahim Ghandour, che in un’intervista rilasciata ad Agenzia Nova ha precisato che “non c’è stato un accordo”, ma da parte di Khartoum è stata avanzata la proposta di rivedere il prezzo del trasporto a beneficio del Sud Sudan. “Al momento della secessione di Giuba, nel 2011, noi abbiamo proposto di farci pagare una percentuale sui prezzi al barile, che all’epoca ammontava a 112 dollari. Il Sud Sudan ha rifiutato la proposta e ha insistito per pagare un prezzo fisso, anziché una percentuale. Oggi, con il crollo dei prezzi del petrolio, l’imposta fissa è diventata molto alta e loro hanno iniziato a lamentarsi”, ha detto Ghandour, sottolineando che “il Sudan ha preso di sua spontanea volontà la decisione di rivedere il prezzo del trasporto del petrolio a beneficio di Giuba che, a parte il petrolio, non ha alcuna altra risorsa naturale da sfruttare”.

Cosa ha perso il Sud Sudan dopo l’indipendenza

Dopo la secessione del Sud Sudan, avvenuta nel luglio 2011, il Sudan ha perso il controllo del 75% dei propri giacimenti petroliferi che si trovavano nel sud del Paese e che ora sono sotto il controllo di Giuba. Dal canto suo, nonostante possa amministrare una quantità notevole di petrolio e di impianti estrattivi, il Sud Sudan ha infrastrutture pressoché inesistenti. Inoltre, dopo la formazione del nuovo governo di unità nazionale, chiamato ad accompagnare il Paese nella fase di transizione per porre fine al conflitto civile, le autorità di Giuba hanno manifestato l’intenzione di aumentare “in modo significativo” la produzione petrolifera entro il mese di luglio, come annunciato di recente dal ministro del Petrolio, Dak Duop Bichiok, che ha incaricato una squadra di 21esperti, affinché pongano le basi per un incremento della produzione petrolifera nel Paese. La produzione di petrolio in Sud Sudan è stata infatti ridotta in modo significativo a partire dall’inizio del conflitto civile; tra gennaio 2012 e maggio 2013 quasi tutti i giacimenti petroliferi situati nello stato di Unità sono stati chiusi, così come alcuni altri situati nello stato dell’Alto Nilo. Complessivamente la produzione nazionale è scesa dai circa 300 mila barili al giorno del 2011 ai circa 165 mila barili al giorno del 2014.

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(sa)

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