I Parchi Scientifici e Tecnologici italiani

Una ricerca di Elena Prodi con APSTI descrive il sistema dei Parchi Scientifici e Tecnologici italiani nelle loro strutture operative interne e nei loro collegamenti con le istituzioni formative e produttive territoriali.

di MIT Technology Review Italia

Un sistema variegato, multisettoriale, poliedrico, unico nello scenario internazionale. È il sistema dei Parchi Scientifici e Tecnologici italiani, la cui “geografia” è stata studiata per la prima volta grazie a una indagine di Elena Prodi, ricercatrice del Dipartimento di Economia e Management della Università degli Studi di Ferrara e ADAPT Research Fellow, in collaborazione con APSTI, l’Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani.

La ricerca ha coinvolto venti PST: 6 parchi della Lombardia, 3 del Friuli Venezia Giulia, 2 del Piemonte e 1 parco per Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Toscana, Liguria, Trentino, Sardegna, Campania, oltre al consorzio ART-ER dell’Emilia Romagna. Uno spaccato significativo di una realtà che conta oltre 45 parchi in tutta la penisola.

«La ricerca», si legge nel documento, «nasce per capire quali sono le capacità dei parchi di mobilitare e coordinare risorse, di entrare in relazione con i mercati del lavoro locali, nonché di interagire dentro a un più ampio contesto nazionale».

Il 95 per cento dei PST ha indicato concordemente l’obiettivo di «favorire la collaborazione tra grandi, medie imprese e piccole imprese innovative (start-up, spin off)», seguito, con più dell’86 per cento di risposte, dal «trasferimento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche da enti di ricerca pubblici e privati verso il sistema delle imprese del territorio». Il 76 per cento degli intervistati ha indicato come obiettivo quello di «trasferire le conoscenze scientifiche e tecnologiche dall’università verso il sistema delle imprese del territorio». 14 parchi su 20, inoltre, hanno dichiarato che il senso della loro presenza nel territorio di riferimento è anche legato alla creazione di nuove imprese ad alto contenuto tecnologico per contribuire alla crescita dell’occupazione.

Attualmente, un terzo dei parchi hanno tra 1 e 10 impiegati, 9 parchi impiegano un personale oscillante tra le 12 e 45 unità, mentre 4 parchi variano dalle 90 alle 200 unità. Per quanto riguarda il numero di addetti delle aziende presenti all’interno dei parchi, si va da un minimo di 5-10 persone a oltre 500.

Una delle caratteristiche comuni a tutti i PST è lo stretto dialogo con istituti scolastici, università, enti di ricerca pubblici e privati. Oltre il 65 per cento degli intervistati dichiara di avere all’interno del parco laboratori ed enti di ricerca. Il 47 per cento ospita enti di ricerca accademici, mentre il 52 per cento accoglie spin off universitari.

Per quanto concerne la filiera formativa, la ricerca registra che 3 parchi su 15 ospitano dei corsi di laurea, mentre il 66 per cento di essi sostengono che «i dipendenti e i collaboratori delle imprese e delle start-up localizzate nel parco risultano anche docenti presso qualche Università». L’86 per cento dei PST, inoltre, ospita attività di alternanza scuola-lavoro a beneficio dei giovani dei licei e degli istituti delle scuole superiori.

Le collaborazioni più frequenti avvengono con dipartimenti di ingegneria industriale, ingegneria elettrica ed elettronica, ma anche civile e ambientale. Seguono le collaborazioni con i dipartimenti di chimica e scienze del farmaco, quelle con i dipartimenti di scienze economiche, commerciali e statistiche e quelle con i dipartimenti di matematica e informatica. Ci sono poi le aree dedicate a settori specifici, come le biotecnologie, le scienze biomediche, le scienze della salute, che si concentrano soprattutto in Toscana e nel Canavese. 16 parchi su 20 sostengono di essere multisettoriali, ossia di non concentrarsi su uno specifico settore o tecnologia.

Il sistema dell’innovazione dei PST supera i confini nazionali e si allarga al mondo. Le maggiori collaborazioni con la filiera formativa e della ricerca mondiale sono, tra i Paesi europei, con Francia, Belgio, Germania, ma anche con i Paesi dell’area centro-est europea e con Paesi extraeuropei, come Cina, Stati Uniti, Cile, Brasile, Paraguay.

«Non ci sono dubbi», commenta Elena Prodi, «che il lavoro per produrre nuova conoscenza realizzato dai PST rappresenti il cuore dei moderni modelli di produzione e sviluppo dei territori. L’intento dell’indagine è quello di consentire alla rete dei parchi di farsi comunità, condividendo risorse, problematiche, buone pratiche e progettualità, nonché di coordinare maggiormente le proprie iniziative, generando ricadute positive sui territori di riferimento».

«La nostra analisi, come altre che sono in corso», aggiunge Fabrizio Conicella, presidente di APSTI, «intende passare dalla frammentazione a una visione di sistema che consenta di apprezzare non solo il singolo elemento, ma il ruolo e l’importanza dell’insieme. Abbiamo cercato di comprendere quale ruolo i PST abbiano ricoperto e ricoprano come primo passo per impostare la crescita futura».

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