ByTek

I dati di marketing come asset abilitante per l’innovazione basata sull’AI

Intervista a Paolo Dello Vicario, CEO e Founder ByTek (Datrix Group).

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Paolo Dello Vicario è CEO e Founder della MarTech Company ByTek (Gruppo Datrix). Scout da quando ne ha memoria, appassionato di outdoor, alpinismo e trail running. Laureato in ingegneria meccanica, dottorato di ricerca in Big Data Analytics e coordinatore didattico del Master in Artificial Intelligence for Business & Security presso l’Università degli Studi della Tuscia. Si occupa inoltre del coordinamento scientifico del Growth Hacking Marketing Master in Talent Garden.

Marketing, digitale e intelligenza artificiale: quale relazione possiamo evidenziare?

C’è una relazione strettissima fra questi ambiti: non a caso i principali player industriali dell’AI provengono da ambienti che possiamo qualificare come digitali ed estremamente vicini al marketing e alla produzione di contenuti.

La miriade di micro-decisioni che devono essere prese in tempo reale a partire dai dati, con un approccio che Ilya Katsov (autore di “Algorithmic Marketing”) classificherebbe come marketing programmatico, hanno trainato lo sviluppo di una enorme varietà di sistemi di supporto alle decisioni, che a loro volta hanno spinto l’industry ad accelerare gli sviluppi e ad auto-finanziarsi. La personalizzazione di un feed di contenuto su un social network, l’analisi di una domanda su un motore di ricerca, la gestione dei meccanismi di asta dietro alla pubblicità online, la definizione dei prezzi in modo personalizzato e i sistemi di raccomandazione che ci suggeriscono quale prodotto aggiungere al nostro carrello – questi sono tutti esempi di contesti in cui è stato possibile collegare in modo diretto gli algoritmi con la generazione del valore.

Quello che sta accadendo oggi è che una tecnologia che fino a ieri ha operato in un contesto limitato, inizia a diffondersi in modo pervasivo, uscendo dalla nicchia in cui si è sviluppata e preparando una delle più grandi rivoluzioni che il genere umano abbia mai visto.

Paolo Dello Vicario
CEO e Founder ByTek

In un’era in cui i modelli di AI sono sempre più accessibili, quanto è diventato cruciale per le aziende possedere, organizzare e valorizzare i propri dati?

Proprio in questi giorni Gartner ha tagliato le sue stime di crescita della spesa IT globale per il 2024 dall’8% al 6.8%; sebbene l’AI generativa susciti molto clamore e interesse da parte delle imprese (sempre Gartner stima che il CAGR relativo al mercato dei software di AI da qui al 2027 sia del 19.1% e che la componente di AI generativa salirà dall’attuale 8% al 35%), ancora non riesce a essere trainante.

Siamo ancora in una fase preparatoria alla crescita del mercato dell’AI; la tecnologia permette di fare cose fantastiche ma le aziende devono prepararsi adeguatamente per poterla maneggiare. Mentre vediamo le aziende tergiversare nell’adozione dell’AI, i grandi player del digitale stanno investendo in modo massiccio, allungando ancora di più le distanze e gettando le basi per diventare dei punti di ingresso obbligati per riuscire a lavorare in questo settore: gli investimenti di Microsoft, Google, Amazon, Meta e OpenAI sono mastodontici. Basti pensare che Meta punta ad avere oltre 600.000 GPU entro il 2024, e questo è solo una parte dell’investimento programmato da uno dei Big, che saranno in grado di entrare ancora più velocemente in mercati in cui non sono ancora presenti, i quali verranno completamente rimodellati dall’utilizzo di questa tecnologia.

Le aziende che non vogliono restare indietro devono fare un enorme lavoro dal punto di vista culturale e della costruzione di competenze specifiche, e su questo vedo fortunatamente una grande attenzione. Sarà importante infatti essere sempre più in grado di identificare in maniera distribuita le opportunità di efficientamento e redesign di processi di business notevoli in cui l’intelligenza artificiale può effettivamente porsi come soluzione a problemi noti o come acceleratore alla crescita, e questo può esser fatto solo mediante una consapevolezza diffusa rispetto alle potenzialità e alle modalità per maneggiare responsabilmente queste tecnologie. Bisogna uscire velocemente dalla bolla della pura sperimentazione estemporanea e dell’intelligenza artificiale ridotta alla programmazione training all’utilizzo di ChatGPT, per entrare immediatamente nell’ottica dello sviluppo di processi trasformativi per il business. Se parliamo di marketing, non si parla di disegnare qualche grafica o scrivere qualche articolo con l’AI, ma di ripensare il modo in cui viene gestita l’interazione con il cliente o con cui vengono raccolte le informazioni funzionali alle decisioni strategiche.

In questo senso la grande sfida abilitante, che non è certo nuova ma che oggi diventa non più rimandabile, è quella relativa alla strutturazione dei processi digitali di raccolta e organizzazione del dato – fondamentali per poter pensare di lavorare a progetti in cui l’intelligenza artificiale non abbia semplice scopo estetico, ma possa essere effettivamente trasformativa.

Se parliamo di comunicazione con il cliente per esempio, non si può pensare di raggiungere un livello di interazione personalizzata accettabile e in linea con gli attuali standard di mercato, se i dati di interazione digitale non sono raccolti in modo granulare e non sono opportunamente collegati con i dati del CRM; la predizione dei comportamenti del cliente, il supporto alle attività cross-sell e tanti altri use case abilitati dall’intelligenza artificiale si riducono a semplici giocattoli se non poggiano su set di dati solidi.

Fortunatamente l’intelligenza artificiale oggi viene in aiuto anche in questo campo, facilitando la stessa raccolta e analisi dei dati che tanto è importante.

Come possono fare le aziende a prepararsi all’introduzione dell’intelligenza artificiale e ad ottenere vero impatto sui propri processi aziendali?

Come accade in molti altri contesti, la partita si gioca nel ribaltamento di prospettiva tipicamente utilizzata per questi problemi; hanno successo le iniziative che non partono dalla tecnologia, ma che risolvono problemi di business noti (problemi di ottimizzazione di processo, problemi del cliente, etc) grazie alla tecnologia.

Questo è il motivo per cui i team di lavoro sull’intelligenza artificiale sono raramente composti da sole persone che si occupano dello sviluppo di software, richiedendo invece una forte comprensione del contesto in cui si opera; il tanto acclamato “abbattimento dei silos” di cui tanto si parla, con l’avvento dell’intelligenza artificiale diventa un imperativo per poter essere competitivi.

La tecnologia in ambito enterprise, di conseguenza, sta seguendo questa tendenza, cercando sempre di più di utilizzare approcci al software che siano componibili. Invece di lavorare su sistemi monolitici uguali per tutti, si sviluppano sistemi costituiti da componenti indipendenti che possono lavorare bene fra loro o con altri sistemi; non è così l’azienda a doversi adattare al software, ma viceversa.L’AI generativa in questo senso facilita il percorso nel suo complesso, abbattendo le barriere che rendono difficoltosa l’interazione fra uomo e macchina grazie ad alcuni artifici estremamente interessanti.

I sistemi basati su agenti autonomi per esempio permettono di lavorare all’esecuzione di task complessi che prevedono il coinvolgimento di più attori e l’utilizzo di risorse aziendali mediante l’interazione in linguaggio naturale.

Molte attività di integrazione e automazione oggi possono essere sviluppate, previo opportuno setup, grazie all’interazione con linguaggio naturale: se l’azienda ha i dati del cliente accessibili e ben catalogati, diventa facile per esempio sviluppare flussi di marketing automation complessi, che coinvolgono touchpoint e strumenti diversificati, con messaggi personalizzati, senza dover scrivere una riga di codice, concentrandosi sulla definizione obiettivi e linee guida – ambito nel quale dovremo essere sempre più in grado di sviluppare competenze e modalità di lavoro.

Come può l’intelligenza artificiale aiutare le aziende a identificare spazi e opportunità di mercato?

I dati sono il tesoro più grande che le aziende possono valorizzare in questo momento storico; lo sono sia perché aiutano a indirizzare e personalizzare il modo in cui l’intelligenza artificiale può essere messa a servizio dell’azienda stessa e dell’ecosistema in cui opera, sia perché continuano a svolgere la loro funzione informativa e di supporto alle decisioni che la tradizione gli ha assegnato.

Negli ultimi vent’anni siamo stati sepolti da volumi crescenti di dati, che alle volte sono sembrati ingovernabili o inutilizzabili, facendo crescere l’attenzione verso temi quali la big data analytics e portando all’esplosione di professioni strategiche come quella del data analyst e del data scientist. L’intelligenza artificiale come già detto facilita l’estrazione del valore dai dati, permettendone una migliore organizzazione, velocizzando l’identificazione di insight azionabili e di anomalie che possono essere la base di decisioni strategiche importanti.

Da una parte nel marketing abbiamo tutto il valore che può essere estratto dai dati di prima parte che le aziende raccolgono sui propri clienti: dati che provengono dal CRM, dai sistemi di digital analytics, dalle interazioni con il customer care, dalle app e da tutti i touchpoint con cui il cliente (o l’utente) interagisce con l’azienda. Questi dati devono essere opportunamente collezionati, aggregati e riconciliati rispetto a identificativi univoci che permettano di collegare tutte le interazioni tracciate, in modo tale che tramite l’AI si possano evincere interessi, sviluppare predizioni e raccomandazioni che siano utili sia a livello attuativo, ma anche e soprattutto in chiave di analisi a supporto della strategia. L’analisi di tendenze di interesse dell’audience a cui ci si rivolge, l’identificazione di anomalie di comportamento, può essere il primo e importante segnale per poter cambiare rotta prima dei competitor, facendo leva proprio sul proprio patrimonio informativo.

Dall’altra parte abbiamo i dati accessibili a tutti in contesto digitale (post social, recensioni su sistemi di local listings, ricerche sui motori di ricerca e gli eCommerce, geo-data provenienti da app): un vero tesoro nascosto non gestibile con metodi di analisi classici e che invece l’intelligenza artificiale permette di maneggiare velocemente, identificando trend di interesse, opportunità nascoste, potenziali minacce per crisi reputazionali che le aziende devono tenere assolutamente sotto controllo. In questo l’AI generativa ha aiutato tantissimo come strumento di analisi del testo e strutturazione del dato non strutturato, portando a un balzo in avanti nella qualità degli output dei sistemi di analisi del sentiment, classificazione delle frasi.

Trasparenza e responsabilità nell’utilizzo dell’AI e dei dati del marketing: quali sono i principali punti di attenzione per le aziende?

Il tema della privacy e della trasparenza dell’utilizzo dei dati è ormai al centro della discussione quando si parla di marketing e lo dovrà essere ancora di più con la sempre crescente adozione dell’intelligenza artificiale a supporto del trattamento di questi dati; in questa fase credo che debba prevalere il buonsenso e che si ci si possa ispirare ai principi del GDPR, sul quale l’Europa è arrivata per prima e ha fatto da faro per molti processi di regolamentazione dell’Occidente.

Viene da sorridere per esempio quando si guarda come parte dell’industria dell’Ad Tech, con la progressiva scomparsa dei cookie di terza parte, stia trovando rifugio in tecnologie ancora più invasive (e soprattutto, meno comunicate) come i cosiddetti “ID alternativi”, basati il più delle volte sull’identificazione del dispositivo tramite tecniche raccolte sotto il cappello di fingerprinting.

Non penso ci siano tecnologie cattive e tecnologie buone, sono invece convinto che si debba essere estremamente trasparenti con gli utenti e i clienti, se si vuole lavorare su soluzioni stabili, anche avendo il coraggio di lasciare sul piatto qualche punto di marginalità nel breve termine. Parlo di meccanismi di condivisione del valore con i clienti, che possono e devono essere educati rispetto al valore dei loro dati: questi sono ormai la norma in molti contesti e non vedo perché non dovrebbero essere alla base di qualsiasi iniziativa di raccolta dei dati.

La gestione trasparente dei dati, l’utilizzo degli algoritmi e della tecnologia a servizio degli utenti e l’attenzione a questi elementi sono e saranno sempre di più elementi estremamente importanti nella relazione che i brand avranno con la loro audience, ed è bene approcciare da subito al tema nel modo corretto, evitando di dover correre al riparo con l’ennesimo brand washing quando sarà ormai tardi.

ByTek è la MarTech Company del Gruppo Datrix che supporta le aziende nell’estrazione di insight di marketing dai dati di prima parte e dai dati non strutturati raccolti in contesto digitale. Le tecnologie di ByTek analizzano ogni giorno, per i propri clienti enterprise, i dati di decine di milioni di utenti, migliorando le performance di marketing, assicurando sicurezza e rispetto delle normative privacy di ogni Paese. Dal 2014, i Clienti riconoscono in ByTek l’eccellenza dell’approccio metodologico e i tempi di esecuzione, il forte focus sui risultati attraverso l’approfondimento analitico e specialistico, l’attitudine a portare innovazione con dati esterni e alternativi, nonché la capacità di trasmissione delle competenze.

Datrix è un Gruppo internazionale quotato su Euronext Growth Milan che sviluppa soluzioni e applicazioni di Intelligenza Artificiale per accelerare la crescita data-driven delle aziende attraverso tech companies altamente specializzate in mercati verticali. Il Gruppo è attivo con soluzioni AI-Based in 2 aree di business: AI for Data Monetization (per massimizzare le opportunità di crescita nei settori Martech, AdTech e FinTech trasformando i dati in valore tangibile) e AI for Industrial/Business Processes (per ottimizzare l’efficienza di processi industriali e di business tra cui ad esempio centrali energetiche, infrastrutture di trasporto, processi di produzione e logistica). Dal 2019 Datrix ha accelerato il suo percorso di crescita anche attraverso acquisizioni in Italia e all’estero. Fanno oggi parte del Gruppo Datrix i brand: Aramix, FinScience, ByTek, e Adapex. Datrix è inoltre partner tecnologico di consorzi internazionali per importanti progetti di Ricerca & Sviluppo (finanziati dall’Unione Europea e dall’Italia) basati su algoritmi di Artificial Intelligence in ambito finanziario, biomedicale e di cyber security. Datrix opera in Italia (Milano, Roma, Cagliari, Viterbo), negli Stati Uniti e a Dubai.

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