
Stefano Bison, Amministratore Delegato di Humanitas Medical Care, racconta come intelligenza artificiale, ricerca clinica e nuovi modelli organizzativi stiano trasformando la medicina territoriale in un ecosistema sostenibile, digitale e sempre più centrato sulla persona.
Cos’è Humanitas Medical Care, come si integra nell’ecosistema Humanitas e cosa la rende distintiva rispetto ad altri operatori del settore sanitario?
Humanitas Medical Care è la rete di centri medici diagnostici e polispecialistici del Gruppo Humanitas, pienamente integrata in un ecosistema più ampio che comprende diversi ospedali di alta specializzazione, un centro di ricerca di eccellenza e l’Humanitas University. Humanitas è uno dei principali gruppi ospedalieri italiani, con 11 strutture riconosciute a livello internazionale come l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, un Teaching and Research Hospital in cui la sinergia tra assistenza, didattica e ricerca permette di offrire cure personalizzate e innovative, supportate da evidenze scientifiche e tecnologie all’avanguardia.
In questo contesto, il Medical Care non è semplicemente una rete di 23 poliambulatori, peraltro in forte crescita: il nostro tratto distintivo è la piena e reale integrazione verticale nell’ecosistema Humanitas, che ci consente di garantire la continuità di cura, dal primo consulto ambulatoriale fino all’eventuale ricovero e follow-up post-dimissione.

Humanitas Medical Care. Sala
Nel vostro modello parlate spesso di “care” più che di “cure”. Cosa significa?
Care significa “prendersi cura”. Il nostro scopo non è, infatti, “solo” quello di curare le persone quando stanno male, ma di prendercene cura in modo proattivo. Ciò significa ascoltare, prevenire, accompagnare. Il nostro Purpose è quello di garantire una vita sana e di pieno benessere, aiutando i nostri pazienti a vivere meglio e più a lungo. La nostra Vision, coerentemente, è quella di diventare il punto di riferimento di Fiducia per la salute sia per i pazienti che per i medici che collaborano con noi. E’ evidente che tutto ciò rappresenta un’innovazione / evoluzione-rivoluzione rispetto a come funzionano oggi i sistemi sanitari e ai modelli preponderanti di relazione paziente-struttura sanitaria.

Sala per risonanza magnetica presso la struttura Humanitas Medical Care di Monza. Humanitas
Humanitas ha spesso anticipato trend – anche tecnologici – nel settore sanitario. Quanto conta, in questo percorso, la collaborazione del Medical Care con il mondo della Ricerca e dell’Università?
È fondamentale. La collaborazione con la Ricerca e con Humanitas University ci permette di trasformare i risultati scientifici più avanzati in pratiche cliniche quotidiane. Ne sono esempi il percorso GastroCare® appena lanciato e il nuovo Centro Malattie del Metabolismo e della Nutrizione. La Ricerca di Humanitas è organizzata in 5 Program (Immuno, Onco, Gastro, Neuro, Cuore e Polmoni) per facilitare il passaggio delle domande che nascono in ambito clinico-assistenziale verso i laboratori, in cerca di soluzioni da restituire rapidamente alle comunità di pazienti. La sinergia tra ambulatori, specialisti, ricercatori e docenti universitari, integrati e anzi spesso in movimento tra le varie strutture, anche territoriali, porta valore concreto alle Persone in cura grazie a protocolli basati sulle più recenti evidenze scientifiche, e alla possibilità coinvolgere i pazienti in trials con le terapie più innovative.
L’intelligenza artificiale sta cambiando profondamente il modo in cui interpretiamo i dati clinici. Qual è il ruolo dell’IA nella vostra pratica quotidiana, e in che misura ha già modificato l’approccio alla diagnosi? Esiste qualche esempio concreto già applicato anche nei vostri Medical Care, sul territorio?
L’Intelligenza Artificiale sta diventando una risorsa concreta nella nostra pratica clinica quotidiana, in particolare nel campo della diagnostica per immagini. Un esempio emblematico è l’applicazione dell’IA alla lettura delle mammografie, grazie a un progetto guidato dalla Prof.ssa Daniela Bernardi. Questo progetto ha introdotto una tecnologia basata su algoritmi avanzati di deep learning, addestrati su milioni di immagini cliniche, che supporta i radiologi nell’identificazione di lesioni sospette, anche in fasi molto precoci.

Esame mammografico eseguito con assistenza dell’IA. Humanitas
Il sistema di IA è in grado di riconoscere pattern e anomalie quasi impercettibili all’occhio umano, grazie all’elaborazione automatica di elementi radiomici – cioè caratteristiche matematiche estratte dalle immagini radiologiche – che spesso precedono la manifestazione clinica del tumore. Questo ha comportato un aumento delle diagnosi precoci di tumore al seno, un dato di enorme rilevanza sia per l’efficacia dei trattamenti sia per la prognosi delle pazienti.
Dal punto di vista tecnologico, non si tratta della -tanto temuta- sostituzione del medico, bensì di un sistema di supporto decisionale integrato nel flusso di lavoro clinico. L’IA agisce come “secondo lettore”, riducendo significativamente il rischio di falsi negativi e migliorando la standardizzazione e la ripetibilità dei referti. Questo si traduce in diagnosi più tempestive, accurate e personalizzate, e soprattutto in un impatto diretto sulla Persona e sulla salute pubblica, grazie alla possibilità di intercettare la malattia in una fase asintomatica.
A oggi, stiamo estendendo questa esperienza anche ad altre aree della diagnostica per immagini e valutando l’implementazione di sistemi predittivi che integrino dati clinici, genomici e ambientali, nell’ottica di una medicina sempre più personalizzata e proattiva.
Il sistema sanitario italiano è spesso descritto come resistente al cambiamento. Quali leve dovrebbero essere attivate, a suo avviso, per favorire un’adozione più diffusa ed efficace dell’innovazione nel settore?
Negli ultimi anni ci sono stati progressi, anche nel pubblico – basti pensare agli investimenti del PNRR – ma la strada è ancora lunga, e i fondi stanno purtroppo finendo. L’innovazione non è solo questione di tecnologie: riguarda anche la formazione delle presenti e future generazioni di professionisti, l’approccio stesso alla cura, il dialogo con il paziente. In un sistema ancora fortemente regolato e solo relativamente digitalizzato, ci stiamo concentrando su quelle innovazioni gestionali e relazionali che possiamo attuare rapidamente, e abbiamo infatti voluto dichiararlo nelle nostre Purpose e Vision, già prima citate.
Parlo, ad esempio, di percorsi di Presa in Carico personalizzati, di strumenti di comunicazione continua con il paziente, servizi accessibili in presenza e da remoto. Come dicevo, innovare significa anche cambiare mentalità di chi eroga, mantenendo il paziente sempre al centro ma facendolo sentire al sicuro, compreso, realmente preso in carica -proattivamente- e trattandolo come Persona.
L’innovazione ha senso solo se riesce ad avere un impatto positivo sulla vita delle persone. Ci racconta un esempio concreto di come un’innovazione introdotta da Humanitas Medical Care abbia migliorato l’esperienza del paziente o reso più efficace il lavoro dei medici?
Il caso del GastroCare® ne è molto rappresentativo, a mio avviso. Si tratta di un nuovo modello di presa in carico, un percorso integrato, accessibile nei nostri centri Humanitas Medical Care, che interviene sui sintomi gastro-intestinali, in modo “longitudinale”, i.e., senza frammentazioni tra le diverse fasi diagnostiche.
Grazie alla collaborazione tra medici specialisti, diagnostica per immagini, endoscopia e nutrizionisti, e tutto il personale sanitario non medico, riusciamo a offrire una valutazione completa, con un approccio multidisciplinare e davvero centrato sul paziente. Questo ha migliorato sia l’esperienza del paziente – che si sente seguito e compreso – sia il lavoro dei medici, che possono operare in team, con informazioni condivise e percorsi ben definiti.
Stiamo inoltre studiando una piattaforma digitale che non si limiti a digitalizzare l’esistente ma ripensi l’esperienza ambulatoriale in chiave integrata, proattiva e centrata sul paziente che avrà così un punto di contatto digitale unificato con Humanitas, migliorando chiarezza comunicativa, tempi di risposta ma soprattutto l’adesione ai percorsi terapeutici attraverso -ad esempio- promemoria, un calendario strutturato, contenuti personalizzati ecc..
In sintesi, dove sta andando Humanitas Medical Care nel prossimo futuro?
Vogliamo costruire il modello di medicina territoriale sostenibile del futuro: accessibile, efficace e centrata sulla persona. Per noi, la sostenibilità non è solo economica, ma anche clinica e di sistema: significa riuscire a garantire cure di qualità, appropriate e tempestive, ottimizzando le risorse e riducendo inefficienze che impattano sia sui pazienti sia sull’intero ecosistema sanitario.

Mammografia studiata con l’assistenza dell’intelligenza artificiale. Humanitas
In quest’ottica, la digitalizzazione è una leva strategica fondamentale. Non si tratta di digitalizzare l’esistente, ma di ripensare i modelli organizzativi e l’esperienza ambulatoriale in chiave integrata e proattiva, con strumenti che facilitino un accesso più rapido e consapevole ai servizi sanitari. Cresceremo sul territorio, investiremo nella formazione continua dei nostri professionisti, svilupperemo percorsi sempre più personalizzati e innovativi, e amplieremo l’offerta digitale, affinché l’innovazione sia sempre al servizio della qualità della cura. Continueremo a innovare con un obiettivo chiaro: migliorare la vita delle persone ogni giorno, in modo sostenibile, come il Gruppo Humanitas ha saputo fare per quasi 30 anni ormai, ma ancora più vicino alle nostre comunità di Persone di cui ci prendiamo cura.