Human Technopole: il dibattito si accende oltreoceano

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, la comunità degli scienziati italiani che fanno ricerca e insegnano negli Stati Uniti e in Canada guarda con grande attenzione al dibattito che in Italia si è acceso attorno al progetto del governo di realizzare Human Technopole all’interno dell’area che ha ospitato Expo 2015 a Milano.

di Fonte IIT

L’ISNAFF, organizzazione no-profit, la cui missione è quella di promuovere la cooperazione in ambito scientifico, accademico e tecnologico tra ricercatori e studiosi italiani che operano in Nord America ed il mondo della ricerca in Italia, fa sentire la sua voce a proposito del progetto Human Technopole, un polo scientifico sui temi della salute e dell’invecchiamento da costruire su 30mila metri quadrati all’interno dell’area che ha ospitato Expo 2015 a Milano.

Un’occasione straordinaria, dicono responsabili e riceratori, per rinsaldare quel legame necessario sia per chi all’estero fa ricerca che per il paese da cui si è partiti.

Insomma si tratta di scegliere strade che valorizzino in maniera esponenziale i pensieri, i talenti e i progetti, di chi è partito ma, attraverso la ricerca e la collaborazione, non ha mai sciolto il legame con il paese di orgine.

A questo proposito, quattro ricercatori d’eccellenza, Paolo Sassone-Corsi, Filippo Mancia, Chiara Manzini e Bruno Conti, hanno deciso di far sentire la loro voce per sostenere l’avvio del polo.

Secondo Paolo Sassone-Corsi, ricercatore nel campo della genetica e della biologia cellulare, direttore del Center for Epigenetics and Metabolism all’UCI (University of California), «non bisogna seguire il falso punto di vista che fuori dall’Italia, nei Paesi dove la ricerca è più valorizzata, questa venga finanziata con un modello bottom-up, cioè dal basso verso l’alto. Al contrario in molti di questi Paesi le scelte strategiche vengono prese dal governo con un sistema top-down: funziona così il National Institute of Health, gestito a livello federale negli Usa, o il Max Planck Institute in Germania, di cui sono membro». A patto che, sostiene Sassone-Corsi, vi sia una rigorosa verifica dei risultati: «È fondamentale che Human Technopole sia sottoposto a verifiche periodiche, con una timeline e obiettivi molto precisi. Di certo un polo di ricerca sui temi della genomica collegata all’alimentazione e all’ambiente è molto attuale: l’Italia non ha ancora un centro di genomica importante, questa è l’occasione per colmare questo gap». E conclude: «Sarebbe illogico finanziare Human Technopole ed escludere il finanziamento di altre strutture. Spero che questo sia un segnale positivo e che il governo investirà sempre di più nella ricerca scientifica di qualità in Italia».

«È un’opportunità unica per il Paese, che bisogna cogliere al voro – afferma Filippo Mancia, biologo strutturale che fa ricerca e insegna alla Columbia University di New York –. Finalmente c’è la possibilità di creare un ambiente internazionale per il tipo di composizione e per la rilevanza delle ricerche, un ingrediente essenziale per una ricerca di successo. Se il recruiting sarà fatto utilizzando i metodi meritocratici, alla stregua di quelli utilizzati in Nord America, e in questo l’Istituto Italiano di Tecnologia che guiderà il polo ha dimostrato capacità, avrà i presupposti per esser di successo». Per Mancia, Human Technopole può essere un modo per dare un contributo dall’estero: «Nel mio settore c’è stata una rivoluzione negli ultimi due anni, grazie ai microscopi elettronici di ultima generazione. Una macchina costa oltre 5 milioni di dollari, a Manhattan ne abbiamo 5, in Italia nessuna, ma il polo di Milano potrebbe esserne dotato. Sono pronto a dare il mio contributo di expertise, e come me ci sono tanti italiani all’estero che vogliono far lo stesso, senza seconde finalità».

Maria Chiara Manzini, neurobiologa assistant professor alla George Washington University School of Medicine, nella capitale, parte da una premessa: «L’università in Italia deve essere maggiormente finanziata. Questo non toglie che Human Technopole possa fornire un forte impulso alla ricerca. Soprattutto perché in questo momento essere competitivi nella ricerca mondiale richiede forti investimenti per comprare macchinari molto costosi, e il nuovo polo potrebbe diventare una risorsa per il complesso del sistema universitario italiano. Se viene pianificato come una struttura sostenibile a lungo termine, e i benefici arriveranno a tutto il sistema universitario».

Bruno Conti è un biologo, da 24 anni negli Stati Uniti d’America. «Mi sono formato in Italia e sono arrivato negli USA nel 1992 grazie a un programma del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica – racconta –. L’Italia ha investito su di me dandomi un periodo di formazione all’estero affinché potessi riportare a casa quanto avrei imparato, ma alla fine non sono più tornato perché non c’è mai stata un’opportunità di farlo. Spero che Human Technopole possa aprire le porte sia agli italiani, sia a quelli che come me sono andati all’estero, sia a scienziati di tutto il mondo. Mi auguro che premi la meritocrazia e che diventi un esempio. Grazie a Issnaf anche noi ricercatori italiani all’estero non siamo più dispersi, stiamo coordinando le forze e siamo pronti a dare il nostro contributo». (SA)

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