Stiamo assistendo alla transizione da una fase di sperimentazione di una tecnologia emergente alla sua effettiva entrata in servizio. È davvero questo il futuro della mobilità che ci auspichiamo? Ma soprattutto, a che punto siamo in Italia?
Il 10 agosto 2023, la California ha concesso l’autorizzazione, con pochissime restrizioni, alla circolazione dei robotaxi di Cruise (General Motors) e Waymo (Alphabet – Google) a San Francisco.
Le innovazioni dirompenti suscitano sempre molte perplessità quando raggiungono gli utilizzatori finali per la prima volta, non fa eccezione il dibattito sull’affidabilità dei sistemi di guida autonoma. Negli ultimi anni gli incidenti che hanno visto coinvolte queste tipologie di veicoli futuristici, sebbene irrisori in numero assoluto, hanno destato preoccupazioni che stanno rendendo più difficile del previsto la definitiva implementazione delle auto a guida autonoma su larga scala.
A San Francisco, pochi giorni dopo l’approvazione, una vettura di Cruise è stata coinvolta in un incidente con un camion dei pompieri (la dinamica dell’incidente è ancora in fase di accertamento), mentre un’altra è rimasta bloccata in un incrocio, causando gravi congestioni del traffico e malumori da parte dei cittadini, che hanno protestato vivacemente contro questa decisione, dando vita ad un’organizzazione di detrattori molto attivi e virali che si definiscono “Safe Street Rebels”.
Sebbene le auto autonome stiano finalmente diventando una realtà, sono emerse sfide e ostacoli che suggeriscono che il loro sviluppo potrebbe richiedere più tempo del previsto. Gli algoritmi di intelligenza artificiale saranno in grado di interpretare senza margine di errore i segnali stradali, i semafori e il comportamento delle altre auto e dei pedoni? Questa tecnologia metterà a rischio milioni di posti di lavoro? Ma soprattutto, abbiamo veramente bisogno di auto che si guidano da sole o sarebbe più auspicabile puntare su innovazioni green che riducano il congestionamento e l’inquinamento delle nostre città?
Partiamo da una considerazione. Nonostante secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) negli ultimi dieci anni si sia registrato un netto miglioramento della qualità dell’aria in Europa, compresa l’Italia, nelle ultime valutazioni annuali effettuate sempre dall’EEA è emerso che i livelli di inquinamento dell’aria in Europa rimangono superiori alla soglia di sicurezza. I bambini e gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento dell’aria perché i loro organismi, organi e sistemi immunitari sono ancora in fase di sviluppo.
Analizzando il settore dei trasporti emerge che il trasporto su strada è la fonte più rilevante di inquinamento, rappresentando nel 2021 il 23% delle emissioni nazionali totali di CO2 equivalente. Nel 2021, le emissioni di gas serra derivanti dal trasporto stradale sono state circa il 93% delle emissioni nazionali dei trasporti. Questa situazione è dovuta anche al significativo incremento del traffico urbano, che ha portato ad un aumento delle emissioni. Secondo un report di Legambiente di febbraio 2022, sono 17 le città italiane con i valori più alti di polveri sottili, che superano più del doppio i valori decisi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Ma perché le emissioni continuano ad aumentare nonostante il progresso tecnologico offra sempre più soluzioni green e sostenibili nell’ambito della mobilità?
Una delle cause è da ricercare proprio tra le ricadute delle innovazioni tecnologiche e della digitalizzazione stessa, in particolare, la dirompente diffusione dell’e-commerce che, spinta anche dalla pandemia di Covid-19, riversa nelle strade sempre più veicoli di addetti alle consegne, che devono essere progressivamente più rapide per soddisfare la crescente domanda dei cittadini.
In effetti, durante la pandemia, il 90% delle imprese coinvolte nel settore dell’e-commerce e della logistica in Italia ha constatato un notevole aumento del 60% nelle loro attività di consegna. Questi dati emergono da un’indagine condotta da Geotab, una rinomata azienda globale specializzata in IoT e veicoli connessi.
Occorre agire e agire in fretta. Fortunatamente gli ormai obsoleti modelli di sviluppo delle grandi metropoli stanno lasciando sempre più il posto a nuovi modelli incentrati sul concetto di smart city, città meno congestionate e più aperte alle innovazioni tecnologiche, soprattutto in tema di mobilità e sostenibilità ambientale, ridefinendo i princìpi del trasporto urbano, sfruttando una maggior efficienza energetica e risorse tecnologie all’avanguardia. Questo processo non può che favorire la crescita di quelle startup e PMI innovative che promuovono, a loro volta, un atteggiamento positivo verso l’innovazione e la riduzione dell’impatto ambientale.
Anche le nuove abitudini e preferenze dei consumatori stanno portando a profonde trasformazioni nel settore automotive: da una parte il delinearsi di una nuova mobilità del futuro, guidata da mezzi di trasporto più ecologici, dotati di livelli crescenti di automazione e connettività, dall’altro il cambiamento del ruolo e del concetto stesso di auto privata e la comparsa di un ecosistema di servizi di trasporto più flessibili e personalizzati.
La tecnologia da sola non sarà mai in grado di dare una risposta a tutte le esigenze dei cittadini, specialmente nel caso di profonde trasformazioni come quella che sta attraversando il settore della mobilità. Se si intende adottare un approccio veramente votato alla sostenibilità, per fare fronte alle inevitabili ricadute ambientali e sociali generate dal rapido processo di urbanizzazione a cui stiamo assistendo, occorre abbracciare il fenomeno della sharing economy, finita sotto i riflettori grazie a realtà innovative come Uber, Airbnb o BlaBlaCar e che, soprattutto nell’ambito della mobilità, può giocare un ruolo rilevante in questo cambiamento culturale. Per sharing economy si intende quindi l’economia collaborativa, che consiste nella condivisione tra più clienti delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi, soprattutto tramite l’uso di piattaforme digitali. Nell’ambito della mobilità da anni sta prendendo piede il fenomeno della sharing mobility, un sottoinsieme della sharing economy la cui evoluzione è davanti agli occhi di tutti gli abitanti di città medie e grandi: la possibilità di muoversi attraverso mezzi e veicoli condivisi come car sharing, bike sharing, scooter sharing, ma anche car pooling e analoghe modalità di condivisione.
Il tema della mobilità futura si deve dunque affrontare citando le ultime frontiere tecnologiche, ma anche trattando i cambiamenti culturali e di abitudini di vita che quest’ultime comporteranno. Questo ci porta a pensare che a livello globale, soprattutto nelle grandi città, nel lungo periodo si abbandonerà progressivamente il concetto di proprietà dell’auto.
Alla base di tale predizione vi sono alcuni dati inconfutabili. Innanzitutto, secondo lo studio di Italia in Dati “Il Futuro della Mobilità”, una vettura di proprietà rimane inutilizzata per il 90-95% del tempo e viene stimato che in media un’auto non venga adoperata per più di 10.000 km l’anno. Senza contare l’enorme consumo di suolo urbano destinato ai parcheggi. In termini di ore perse alla guida, secondo l’indagine di INRIX “ 2022 Traffic Scorecard Infographics” Palermo è risultata al 10° posto nella classifica globale che analizza le grandi città. Gli automobilisti della città avrebbero perso in media 121 ore bloccati nel traffico.
C’è inoltre un altro fattore determinante: il costo della gestione del veicolo è spesso insostenibile per grandi porzioni della società. Assumendo un chilometraggio annuale di 30.000km, il costo medio di proprietà mensile di un’auto in Italia va dagli 899€ delle auto elettriche alle 1.106€ delle auto a benzina. Il costo è stimato considerando ammortamento del veicolo, costi di logoramento, per carburante, manutenzione, assicurazione, interessi e altri costi accessori. L’Italia risulta uno dei Paesi europei in cui tale conto è più salato, ma in generale possedere un’auto sembra essere diventato un lusso ovunque.
A tal proposito, a livello nazionale grazie alle risorse stanziate nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in particolare con il progetto “Mobility as a Service (MaaS) for Italy”, si intende guidare la transizione verso una mobilità come servizio. Come riportato nel documento pubblicato nel 2021 dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili “Indirizzi per l’attuazione del progetto MaaS for Italy”, il progetto intende contribuire allo sviluppo di nuovi sistemi per la mobilità su ampia scala, basati sul paradigma MaaS, per razionalizzare il rapporto fra trasporto pubblico e trasporto privato e rendere più efficiente, sostenibile, inclusiva e digitale la mobilità sperimentando servizi MaaS all’interno di territori selezionati, facilitando la mobilità interna e di scambio in un approccio centrato sui viaggiatori-utenti.
Dal punto di vista della Pubblica Amministrazione, un MaaS efficace che offra ai cittadini un accesso semplificato a più opzioni di mobilità per soddisfare le diverse esigenze, può costituire uno strumento estremamente potente per favorire uno shift modale verso modi di trasporto più sostenibili, razionalizzando il ricorso alla mobilità veicolare individuale e di conseguenza riducendo le esternalità negative connesse al traffico automobilistico.
Questa visione parte dal presupposto del ruolo fondamentale che, nel contesto MaaS, assume il tema della disponibilità dei dati relativi all’offerta di trasporto (statici e dinamici), favorendo e regolando la nascita e l’integrazione di ambienti aperti di interscambio di dati regolati, e, ove necessario, protetti (con le relative funzionalità elementari di fruizione). Essi, devono rispettare il GDPR, l regolamento generale dell’Unione Europea sulla protezione dei dati, per offrire le dovute garanzie sia agli operatori, per la tutela dei loro interessi, che ai cittadini. (5)
Non sarà semplice favorire la transizione verso la mobilità come servizio, elettrica e condivisa; la strada intrapresa dalle istituzioni sembra essere quella giusta, ma nei prossimi anni dovranno comprendere e accompagnare sempre di più le nuove tendenze. Ciò si dovrà tradurre nel:
- mettere in campo sempre più interventi orientati allo sviluppo di infrastrutture pubbliche innovative;
- promuovere incentivi e stimoli per imprese e cittadini mirati a favorire l’utilizzo di mezzi pubblici e l’acquisto di veicoli ibridi o elettrici;
- promuovere la condivisione di dati statici e dinamici relativi all’offerta dei servizi di trasporto, puntuali, in forma aperta, sicura, protetta e non discriminatoria
- revisionare periodicamente il quadro legislativo di riferimento.
Per quanto riguarda l’ultimo punto, il quadro normativo italiano non risulta ancora in linea con la rivoluzione tecnologica in atto oltreoceano, pur riconoscendo un importante passo segnato dall’ormai obsoleto Decreto “Smart Road”, varato nel corso del 2018 che per la prima volta apriva la possibilità di effettuare test per la circolazione delle auto a guida autonoma, ma che non ha mai generato un adeguato volume di sperimentazioni a causa degli eccessivi vincoli a cui sono soggetti gli sperimentatori.
Più recente l’introduzione dell’articolo 36 del decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020 l’articolo 36 del decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020, più comunemente noto con il nome “Sperimentazione Italia” del 2020, una sandbox normativa che permette di sperimentare un progetto innovativo, per un periodo limitato di tempo, attraverso una deroga temporanea alle norme vigenti che risultano bloccanti. Se l’esito della sperimentazione risulta positivo verrà richiesta una modifica normativa per rimuovere l’impedimento.
Attraverso tale strumento, ad inizio 2022 è stata autorizzata, per la prima volta in Italia, la sperimentazione di una flotta di navette a guida autonoma su strada a Torino, lungo un percorso di circa 5 km nella zona dei presidi ospedalieri della Città della Salute e della Scienza. I cittadini hanno avuto modi di testare il servizio di trasporto a guida autonoma, gratuito e reso disponibile tramite un’apposita app per effettuare le prenotazioni.
L’innovazione tecnologica e, in particolare, l’elettrificazione, l’automazione e la digitalizzazione nell’ambito della mobilità non si fermano qui, anzi stanno modificando radicalmente anche il mondo dell’aviazione, rendendo possibili nuovi paradigmi aeronautici e nuove modalità di spostamento di merci e persone in ambito urbano. Tali nuove forme di trasporto, raggruppate sotto l’appellativo di Mobilità Aerea Avanzata (Advanced Air Mobility – AAM), per il quale l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) insieme ai ministeri competenti ha varato un Piano strategico comprensivo di roadmap implementativa, saranno presto rese possibili grazie allo sviluppo di una serie di mezzi innovativi, sicuri, silenziosi, sostenibili ed economici, più adatti ad operare in aree ad alta densità urbana e ad essere integrate, in un’ottica multimodale e di miglioramento dell’accessibilità complessiva, nel sistema di trasporto locale.
La Mobilità Aerea Avanzata è destinata ad incidere in modo significativo sul settore della mobilità urbana dei beni e delle persone e sul suo indotto. In questo scenario i Paesi e le aziende che rimarranno concentrati su modelli di tecnologia più tradizionale saranno impreparati a far fronte ai nuovi tipi di domanda, e negheranno alle loro economie e alle loro popolazioni importanti occasioni di crescita e sviluppo. Cogliere al volo queste opportunità non è comunque semplice. Occorre allineare e sincronizzare un numero significativo di elementi eterogenei che travalicano il semplice ambito tecnologico per estendersi a quello infrastrutturale, normativo ed economico. Il tutto razionalizzando le risorse rese disponibili, massimizzando il risultato e valorizzando le possibili sinergie.
In conclusione, l’apparente arretratezza dell’Italia nel cavalcare il trend della smart mobility non deve essere una scusa per non agire, perché il Paese dispone di una forte filiera legata al mondo della mobilità, molte eccellenze (piccole e grandi) in ambiti tecnologici promettenti che sapranno conquistarsi la propria quota di valore e guidare la transizione verso la mobilità del futuro che cerca sempre più di stare al passo dell’innovazione.
Occorre definire una politica industriale nazionale sulla mobilità del futuro, realizzando e supportando ecosistemi che valorizzino le competenze delle nostre imprese, investendo sempre più in innovazioni, anche di frontiera, prendendosi anche alcuni rischi che sono insiti nel processo di sperimentazione e innovazione.