Esposoma: l’impatto dell’ambiente sulla salute

Alcuni ricercatori promuovono l’avvio di iniziative di ricerca su ampia scala per lo studio approfondito del cocktail di sostanze a cui siamo esposti e delle loro intricate interazioni con gli organismi viventi.

di Lisa Ovi

La comunità scientifica sospetta che ci sia una correlazione tra i livelli di inquinamento ambientale e la gravità dei casi di infezione da coronavirus. Ogni singolo organismo sulla Terra è esposto all’influenza delle condizioni del proprio ambiente e di altri organismi viventi. L’esposoma vuole essere una mappa degli effetti interattivi sulla nostra salute non solo di fattori ambientali quali sostanze chimiche presenti nell’aria, nell’acqua e nel cibo, ma anche di fattori sociali e personali come la risposta individuale del nostro corpo all’ambiente in cui è immerso.

Il concetto di esposoma venne definito per la prima volta nel 2005 dallo scienziato Christopher Wild ed è a tuttora in continua evoluzione, in quanto mappare questo complesso insieme di elementi è un’impresa impegnativa. In due nuovi studi pubblicati su “Science” dalla Prof.ssa Emma Schymanski, direttrice del gruppo di ricerca sulla Cheminformatica Ambientale dell’Università di Lussemburgo, vengono proposti nuovi approfondimenti sull’interazione tra chimica e biologia degli esseri viventi e sull’impatto di determinati fattori chimici sulla loro salute.

Nel primo studio, i ricercatori descrivono recenti progressi compiuti nello studio dell’esposoma, una mappa in continua evoluzione, come l’utilizzo della spettrometria di massa ad alta risoluzione, una tecnologia in grado di rilevare decine di migliaia di composti in campioni biologici e ambientali. Le informazioni così raccolte vengono archiviate in database su tutti i prodotti chimici noti, ed analizzate con potenti strumenti computazionali per l’analisi di grandi quantità di dati, un approccio tecnologico che potrebbe rivoluzionare le attività di monitoraggio ambientale.

I ricercatori identificano la necessità di un approccio coordinato di rete per tenere conto del grande numero di esposizioni ad elementi chimici che caratterizzano la nostra vita quotidiana e delle reazioni complesse delle nostre cellule. Il secondo studio descrive quindi i vari metodi a disposizione per caratterizzare gruppi di sostanze chimiche in diversi campioni, dall’acqua e dal suolo ai tessuti biologici, e per identificare quelle miscele che rappresentano un rischio incrociato.

Secondo la prof. Schymanski, lo studio dell’esposoma potrebbe usufruire di tecniche di campionamento innovative come salviette o bracciali in silicone per misurare l’esposizione individuale, allo scopo di condurre analisi non mirate che possano identificare agenti contaminanti ancora sconosciuti e la tossicità di miscele complesse. Entrambi gli articoli rappresentano un appello al lancio di una ricerca su scala paragonabile a quanto fatto per il genoma umano. L’obbiettivo è acquisire una conoscenza approfondita del cocktail di sostanze a cui siamo esposti e delle loro intricate interazioni con gli organismi viventi.

Secondo il rapporto europeo sull’ambiente European environment: state and outlook 2020 ci troviamo ad affrontare sfide ambientali senza precedenti. Tra il 2002 e il 2019, il numero di nuovi prodotti chimici, tra pesticidi, prodotti chimici industriali e farmaceutici, è aumentato da 20 a 156 milioni. La ricerca medica stima che ogni anno nove milioni di decessi siano legati all’inquinamento.

Così come gli studi genomici su larga scala hanno permesso di rilevare molte variazioni genetiche legate alle malattie, l’implementazione di studi di associazione su tutto il repertorio chimico con centinaia di migliaia di partecipanti potrebbe favorire l’identificazione dei maggiori fattori di rischio chimico e sostenere gli enti regolatori nel focalizzare la propria azione sulle sostanze chimiche dagli effetti più dannosi.

(lo)

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