Serie dedicata all’utilizzo dalla parte forze dell’ordine di Minneapolis di strumenti tecnologici avanzati per creare un sistema di sorveglianza. Il rapporto del Department of Human Rights del Minnesota conferma i dati dell’inchiesta di “MIT Technology Review”
Sam Richards e Tate Ryan-Mosley
LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI
Inchiesta esclusiva/1. Il braccio segreto della polizia Usa contro le proteste antirazziste
Esclusiva/2. L’operazione di polizia segreta contro il Black Lives Matter
Esclusiva/3. Un’app della polizia ha raccolto dati sui giornalisti durante le proteste
Secondo un rapporto che non lascia spazio a dubbi, pubblicato il 27 aprile dal Department of Human Rights del Minnesota, la polizia di questo stato ha violato la legge sui diritti civili attraverso un modello di condotte razziste. L’indagine portata avanti per due anni ha rilevato che gli agenti fermano, perquisiscono, arrestano e usano la forza contro le persone di colore a un tasso molto più alto rispetto ai bianchi e sorvegliano di nascosto individui, organizzazioni e politici neri non sospettati di reati tramite i social media.
Il rapporto ha anche registrato “discontinuità” nelle indagini e nei provvedimenti disciplinari nei confronti degli agenti per le denunce sull’uso della forza e altri comportamenti scorretti. I risultati sono coerenti con l’inchiesta di “MIT Technology Review” sulle forze dell’ordine del Minnesota , che ha denunciato l’esistenza di un’ampia rete di sorveglianza che ha preso di mira gruppi di attivisti all’indomani dell’omicidio di George Floyd.
Il rapporto parla di una possibile causa nei confronti della città di Minneapolis e del Minneapolis Police Department (MPD) per violazione del Minnesota Human Rights Act. Il Department of Human Rights collaborerà ora con i funzionari pubblici di Minneapolis a un decreto di consenso, che richiederà “modifiche specifiche da apportare e tempistiche per tali modifiche”, che sarà applicabile dai tribunali statali.
Gravi disparità
“Il MPD porta avanti uno schema o pratica di polizia discriminatoria e basata sulla razza”, inizia il rapporto di 72 pagine. Gli investigatori hanno esaminato circa “700 ore di filmati delle microcamere indossabili e quasi 480.000 pagine di documenti comunali e del MPD”. Le valutazioni contenute nei documenti si basano su analisi statistiche che valutano comportamenti diversi nei confronti di cittadini bianchi e non bianchi in circostanze simili.
“Dal 2010, su 14 persone che sono stati uccisi da agenti del MPD, 13 erano persone di colore o nativi americani“, afferma il rapporto. “Le persone di colore e gli indigeni comprendono circa il 42 per cento della popolazione di Minneapolis, ma coprono il 93 per cento di tutti i decessi provocati da agenti del MPD tra il 1 gennaio 2010 e il 2 febbraio 2022“.
Una chiara disparità razziale può essere vista anche nell’uso diffuso di armi chimiche e di altre armi “meno letali”. Gli agenti del MPD utilizzano spray al peperoncino contro i neri a un ritmo più elevato di quanto non facciano contro i bianchi. Come riportato nel rapporto: “Gli agenti hanno riportato l’uso di irritanti chimici nel 25,1 per cento degli incidenti che hanno visto l’uso della forza con persone di colore contro il 18,2 per cento degli incidenti con persone bianche in circostanze simili. Complessivamente, secondo il rapporto, “tra il 1 gennaio 2010 e il 31 dicembre 2020, il 63 per cento di tutti gli incidenti con uso della forza registrati dagli agenti del MPD si sono verificati con persone di colore“.
I controlli stradali confermano questi dati. “Anche se la popolazione nera rappresenta solo circa il 19 per cento, dal 1 gennaio 2017 al 24 maggio 2020, il 78 per cento, ovvero oltre 6.500 di tutte le perquisizioni condotte dagli agenti del MPD hanno riguardato persone di colore o loro veicoli”. Secondo il rapporto, chi è nero a Minneapolis corre un rischio sei volte maggiore di essere trattato con la forza durante un controllo stradale rispetto a un bianco. Il dipartimento di polizia di Minneapolis non ha risposto a una richiesta di commento da parte di “MIT Technology Review”.
Sorveglianza illegale
Il rapporto descrive anche l’uso da parte del dipartimento di polizia di account di social media segreti per monitorare le persone di colore: “Gli agenti del MPD hanno utilizzato account di social media falsi per sorvegliare e coinvolgere persone di colore, organizzazioni nere e funzionari eletti non correlati ad attività criminali, senza un obiettivo pubblico di sicurezza”. Online, gli agenti hanno utilizzato account segreti per seguire, commentare e inviare messaggi a gruppi come la NAACP e la Urban League fingendosi adepti.
“In un caso, un agente di polizia ha utilizzato un account segreto del MPD per fingere di essere un membro della comunità nera per inviare un messaggio a una filiale locale della NAACP in cui criticava il gruppo. In un altro caso, sempre un agente del MPD si è presentato come un membro della comunità e ha partecipato alla festa di compleanno di un importante avvocato e attivista nero per i diritti civili”, afferma il rapporto.
Allo stesso modo, l’inchiesta di “MIT Technology Review” mostra che gli agenti tenevano almeno tre liste di controllo delle persone presenti durante e intorno alle proteste relative a questioni razziali e di ordine pubblico. Nove gruppi di polizia statale e locale facevano parte di un programma multi agenzia chiamato Operation Safety Net, che ha lavorato di concerto con il Federal Bureau of Investigation e il Department of Homeland Security degli Stati Uniti per acquisire strumenti di sorveglianza e compilare set di dati. Il programma è proseguito a lungo malgrado la smobilitazione pubblicamente annunciata.
Anche se non è entrata nel merito della portata del pregiudizio razziale, l’indagine di “MIT Technology Review” ha mostrato che le forze dell’ordine locali, statali e federali hanno imparato a lavorare di concerto per vanificare il principio dell’anonimità durante le proteste, un caposaldo della protezione della libertà di parola ai sensi del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
Mancanza di responsabilità
Non solo questi account segreti sui social media sono stati utilizzati per rintracciare individui non sospettati di un crimine, ma gli agenti del MPD dietro gli account hanno cercato di influenzare il processo democratico: “Hanno utilizzato gli account segreti del MPD per inviare messaggi privati che criticavano i funzionari eletti, fingendosi membri della comunità”.
Incluso in queste conversazioni fasulle c’erano un membro del consiglio comunale di Minneapolis e un funzionario eletto dallo stato. Il rapporto afferma: “Gli agenti di polizia che utilizzano i social media segreti del MPD per contattare e criticare i funzionari eletti hanno fatto un uso inappropriato delle risorse ufficiali della città. Questa attività segreta può anche minare il processo democratico perché false comunicazioni possono distorcere le prospettive dei funzionari eletti e la comprensione delle posizioni assunte dai membri della comunità”.
Inoltre, “la supervisione del MPD sui social media segreti degli agenti è insufficiente e inefficace”. Secondo il rapporto, il MPD non ha un elenco completo e accurato di tutti gli account dei social media utilizzati in modo nascosto: la contabilità del dipartimento di queste attività “non includeva almeno due decine di account segreti aggiuntivi”. Il MPD manca anche di politiche “per garantire che gli account segreti vengano utilizzati per legittimi scopi investigativi”.
Le proteste per gli abusi percepiti e la cattiva condotta sono state accolte con grande “superficialità”: i reclami non sono adeguatamente approfonditi e gli agenti sono stati costantemente ritenuti non responsabili“. A titolo di esempio, il rapporto cita tempi di risposta particolarmente lunghi per le indagini interne: “Tra gennaio 2010 e maggio 2021, il tempo medio impiegato dall’ Office of Police Conduct Review e/o dall’Internal Affairs per completare un’indagine e per un capo della polizia per emettere una decisione disciplinare finale su una denuncia di cattiva condotta è stato di oltre 475 giorni e il tempo medio di oltre 420 giorni.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta attualmente indagando sulla città di Minneapolis e sull’MPD per possibili violazioni del Civil Rights Act.
Fotografia: dal film Il miglio verde
(rp)