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Il SARS-CoV-2 è in grado di infettare le cellule del cervello? Due ricerche offrono risposte contrastanti, ma nessuno nega che il virus possa fare danni.

di Lisa Ovi

È in corso un acceso dibattito sulla possibilità che il SARS-CoV-2, il virus che provoca il Covid-19, sia in grado di infettare le cellule del cervello. Due ricerche di recente pubblicazione rappresentano un chiaro esempio della mancanza di consenso sull’argomento.

Secondo ricercatori della Columbia University Irving Medical Center, il virus non infetterebbe le cellule cerebrali, ma fa comunque danni. Secondo quanto presentato all’incontro annuale della American Physiological Society da Ricardo Costa, PhD, borsista post-dottorato presso la Louisiana State University (LSU), il virus infetterebbe, invece, sia le cellule nervose che alimentano il nostro cervello (neuroni), sia le cellule del cervello e del midollo spinale che supportano e proteggono i neuroni (astrociti).

Entrambe le ricerche rilevano alterazioni patologiche nei cervelli studiati, sufficienti a spiegare i sintomi di confusione, delirio e altri gravi effetti neurologici nei pazienti più gravi, ma anche di ‘nebbia cerebrale’ della durta di settimane e mesi nei pazienti meno colpiti.

Lo studio della Columbia, pubblicato sulla rivista Brain e diretto da James E. Goldman, professore di patologia e biologia delle cellule, è il più ampio e dettagliato rapporto ad oggi pubblicato per descrivere autopsie condotte su cervelli di pazienti affetti da Covid-19. Dalle loro osservazioni, i ricercatori sono portati a identificare le cause delle alterazioni cerebrali nell’infiammazione innescata dal virus in altre parti del corpo o nei vasi sanguigni del cervello.

Lo studio ha esaminato il cervello di 41 pazienti deceduti in ospedale per Covid-19. Di un’età compresa tra 38 e 97 anni, metà di loro era stata intubata e tutti riportavano danni ai polmoni causati dal virus. Di etnia prevalentemente ispanica, i pazienti erano stati ricoverati in ospedale per periodi di diversa durata. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a estese indagini cliniche e di laboratorio e alcuni sono stati sottoposti a risonanza magnetica cerebrale e TC.

A caccia di tracce del virus tra i neuroni e le cellule gliali del cervello, i ricercatori hanno utilizzato, su più di due dozzine di regioni del cervello, svariati metodi d’analisi tra cui l’ibridazione in situ dell’RNA, in grado di rilevare l’RNA virale all’interno delle cellule intatte; anticorpi in grado di rilevare le proteine ​​virali all’interno delle cellule; e RT-PCR, una tecnica sensibile per rilevare l’RNA virale.

Nonostante la ricerca intensiva, i ricercatori non hanno trovato prove del virus nelle cellule cerebrali dei pazienti. Ciononostante, in ogni paziente sono stati rilevati segni di una patologia cerebrale significativa, che per lo più rientrava in due categorie.

Un primo genere di danni rilevato si associa all’assenza di ossigeno, accompagnata a tracce di ictus e/o coaguli di sangue. Più sorprendente per i ricercatori, spiega Goldman, è stata la scoperta di un elevato numero di microglia, le cellule immunitarie del cervello. I ricercatori hanno trovato cluster di microglia che attaccavano i neuroni, in un processo chiamato neurofagia. In assenza del virus, le microglia potrebbero essere state attivate dalle citochine infiammatorie che si associano all’infezione da SARS-CoV-2, oppure da un processo di morte neurale scatenato dall’ipossia.

Di parere diverso Ricardo Costa, della Louisiana State University, secondo i cui risultati il percorso del Covid-19 nel cervello passerebbe per gli astrociti, una spiegazione che giustificherebbe anche sintomi neurologici come la perdita dell’olfatto e del gusto, disorientamento, psicosi e ictus.

Gli astrociti sono la principale porta di accesso al cervello, responsabili della traslazione degli elementi nutritivi dal flusso sanguigno ai neuroni, nonché della loro protezione dalle particelle nocive. Secondo i ricercatori, se in alcuni casi gli astrociti si dimostrano capaci di resistere all’infezione e mantenere il virus SARS-CoV-2 fuori dal cervello, in altri casi, una volta infettati, diventano il ponte tra il virus e numerosi neuroni.

Nel loro studio, Costa e colleghi hanno esaminato RNA e proteine ​​per determinare se le colture cellulari di astrociti e neuroni umani esprimessero ACE2. Hanno quindi esposto le cellule a una versione del virus SARS-CoV-2 modificato per l’utilizzo sicuro nella ricerca. Sia gli astrociti che i neuroni esprimono il recettore ACE2 e che entrambi i tipi di cellule possono essere infettati da SARS-CoV-2, sebbene gli astrociti abbiano meno probabilità di essere infettati.

(lo)