Da dove origina il nuoto veloce dei pesci

Una simulazione a computer risolve 50 anni di dubbi della fisica.

di ArXiv

I pesci nuotano con potenza e semplicità ineguagliate. Laddove il pesce più veloce può superare i 100 km all’ora, persino il più veloce dei sottomarini non supera di molto gli 80. fisici, ingegneri e biologi si sono a lungo domandati come imitare il caratteristico moto ondulatorio e le forze idrodinamiche che genera.

Il moto ondulatorio che permette ai pesci di nuotare è il risultato di una sequenza di contrazioni dei muscoli dell’animale che ne piegano il corpo ad onda spingendo l’acqua all’indietro e generando una spinta. Riprodurre il moto dei pesci in acqua potrebbe condurre a innovazioni non solo nel campo dei trasporti, ma anche della medicina, sotto forma di dispositivi capaci di muoversi efficientemente nei fluidi corporei.

Sino ad oggi, due teorie formulate negli anni ’50-’60 del secolo scorso hanno dominato il pensiero sul moto dei pesci. Secondo il fisico britannico Geoffrey Taylor, i pesci genererebbero una forza di resistenza, che agisce quindi nella direzione opposta al movimento del loro corpo, ma in fase con la sua velocità. Il matematico britannico James Lighthill, invece, ipotizzò invece che l’effetto dominante fosse quello dell’inerzia dell’acqua, una forza di reazione, quindi, in fase con l’accelerazione.

Per scoprire quale delle due teorie fosse corretta, Tingyu Ming, del Beijing Computational Science Research Center in Cina, e colleghi hanno realizzato un modello fluidodinamico in 3D a computer a imitazione di due tipi di pesci, anguilliformi e carangiformi. La principale differenza tra i due sta nel fatto che gli anguilliformi ondulano il corpo intero, mentre i carangiformi, tipo sgombri, si piegano in maniera significativa solo nella metà posteriore. La squadra ha poi utilizzato studi di pesci veri per calibrare i propri modelli e calcolare la forza, torsione e potenza generata da ciascuna tipologia di corpo.

Il modello che hanno creato spiega come i pesci riescano a generare la propria spinta ed il ruolo fondamentale di alcune strutture anatomiche come i tendini. I loro risultati sembrano suggerire che entrambe le teorie precedenti fossero corrette, se applicate a corpi differenti e persino a parti diverse dello stesso corpo. Per entrambi i tipi di pesci, per esempio, una forza di resistenza domina la parte centrale del corpo, genericamente liscia e uniforme. Nei pesci tipo lo sgombro, però, la coda è dominata da una forza di reazione.

Il modello di Tingyu e colleghi esplora anche l’importanza dell’elasticità nei pesci, considerata un fattore chiave per l’immagazzinamento di energia e l’efficienza del loro movimento. Lo studio, infatti, dimostra come l’elasticità vari a seconda della forza e della potenza generata dal corpo. Pesci ed anguille modificano la propria elasticità in momenti differenti e punti diversi del corpo durante ciascun ciclo ondulatorio.

Come avviene questo trasferimento di energia lungo i corpo dei pesci? I pesci di tipo carangiforme sono caratterizzati da lunghi il modello di tendini che si estendono per tutta la lunghezza del corpo fino alla coda. Nel modello di Taylor, secondo cui ciascuna vertebra si sarebbe mossa come un’unità indipendente, questi tendini sarebbero stati superflui, ma nel modello di Tingyu “questi lunghi tendini sono utilizzati per trasferire energia,” spiegano i ricercatori.

La ricerca rivela come il moto dei pesci sia molto più complesso di quanto precedentemente supposto ed apre le porte a nuovi orizzonti per la bioingengeria. Lo studio della natura ha prodotto robot che stampano in 3D imitando i ragni e volano imitando gli uccelli, nuotano come meduse e vedono con occhi d’insetto. Presto potrebbe essere il turno di sottomarini che si muovono come pesci.

Per approfondire: How fish power swimming: a 3D computational fluid dynamics study

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