Contro il colera un vaccino dal riso.

Un team di ricerca dell’Università di Tokyo ha sviluppato una varietà di riso geneticamente modificata in grado di produrre un vaccino anticolera. Dal momento che il farmaco deriva da una pianta commestibile, il vaccino risulta più sicuro e meno costoso da produrre in grandi quantità e può essere somministrato per via orale.

Si tratta di un significativo passo avanti nella produzione dei vaccini orali tradizionali ottenuti dalle piante, perché il riso può essere conservato a temperatura ambiente per almeno un anno e mezzo e, una volta ingerito, le sue proteine proteggono la sostanza dagli enzimi della digestione che potrebbero neutralizzarne l’efficacia. Oltretutto, il riso presenta un contenuto proteico maggiore rispetto ai vaccini analoghi attualmente in fase di sperimentazione per la prevenzione di diverse malattie infettive.

“Molti si concentrano sul granturco, sul frumento e sui germogli di soia transgenici, ma la novità interessante del riso è rappresentata dal fatto che esso costituisce la principale fonte di sostentamento per le popolazioni di molti paesi in via di sviluppo”, spiega David Pascual, docente di immunologia della Montana State University. “Il lavoro portato avanti dai ricercatori giapponesi è cruciale, perché suggerisce un meccanismo di diffusione dei vaccini anche nelle regioni del pianeta che finora non hanno potuto farvi affidamento”.

Il colera è una patologia di origine batterica che colpisce il tratto intestinale. è provocato dal Vibrio cholerae e si trasmette all’uomo attraverso l’ingestione di cibo e acqua contaminati. è molto diffuso in Africa, America Latina e in diverse zone dell’Asia e, dal 2004 ad oggi, stando alle stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le sue vittime sono aumentate di quasi il 30 per cento. Se non curato, può rivelarsi letale.

I ricercatori giapponesi hanno creato il nuovo vaccino inserendo nella sequenza genomica del riso il materiale genetico del batterio del colera. Per ottenere il farmaco, hanno usato due tipi di pianta: la Kitaake, che produce riso normale, e la Hosetsu, che produce riso nano. Una volta prodotte le tossine, il farmaco è stato somministrato a cavie di topo sotto forma di una sospensione di polvere in acqua. Il vaccino ha innescato la produzione di anticorpi in tutto l’organismo delle cavie, incluse le mucose, che costituiscono un’importante prima barriera difensiva dal momento che è attraverso di esse che generalmente le malattie infettive iniziano ad attaccare l’individuo. I topi così trattati sono risultati immuni alla diarrea indotta dal batterio.

“L’obiettivo è sviluppare una nuova generazione di vaccini più tollerabili sia per l’organismo umano sia per l’ambiente, in grado di stimolare una difesa immunitaria contro i microrganismi infettivi sia negli organi che nelle mucose”, spiega Tomonori Nochi, responsabile del progetto e ricercatore del Dipartimento di Microbiologia e Immunologia presso l’Istituto di Medicina dell’Università di Tokyo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

Il riso è una pianta che si può conservare a lungo a temperatura ambiente, il che è fondamentale per lo sviluppo del vaccino. Stando alle stime, in tutto il mondo ogni anno vengono spesi tra i 200 e i 300 milioni di dollari per conservare i vaccini a basse temperature, precisa Nochi. “Per questo motivo abbiamo chiamato la nostra tecnologia “vaccino svincolato dalla catena del freddo”. Oltretutto, non è necessario purificare i semi dall’antigene del vaccino, il che causa un ulteriore riduzione dei costi”.

Inoltre, abolire il ricorso ad aghi e siringhe non solo abbatte i costi, ma impedisce anche che accidentalmente degli agenti patogeni vadano a finire nel farmaco finendo per diffondersi tra la popolazione, specialmente nei paesi in via di sviluppo dove le forniture mediche sono estremamente limitate.

Per l’impiego sull’uomo, i ricercatori intendono confezionare il vaccino sotto forma di capsule o pastiglie, ma non hanno in programma di distribuirlo come alimento a sé. Il farmaco potrebbe contribuire alla prevenzione anche di altre patologie infettive legate alle mucose, come l’influenza e l’HIV.

“Quello della manipolazione genetica delle piante a scopo di vaccinazione è un settore importante di ricerca, e il lavoro compiuto dai giapponesi è entusiasmante”, commenta Carol Tacket, docente di medicina presso il Center for Vaccine Development della University of Maryland School of Medicine. “Utilizzare le specie vegetali per derivarne vaccini è ormai un’opzione tecnicamente praticabile, la difficoltà principale consiste nell’individuazione degli antigeni, ovvero delle proteine che se utilizzate come vaccini possono svolgere una funzione di protezione. Si tratta quindi essenzialmente di capire di quali sostanze è opportuno indurre la sintesi”.

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