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La cosiddetta “intelligenza di sciame” è applicabile anche alle comunità umane? Gli esperti Paola Scarpa, Andrea Pietrini, Federico Frattini a confronto su un tema affascinante per le società presenti e future

Le api sono forme di vita affascianti: con minime evoluzioni, sono sopravvissute millenni. La loro forza non sta nel singolo individuo ma nello sciame, nella continua e coordinata collaborazione gli uni con gli altri, orientata verso un obbiettivo comune: il benessere del nido e dello sciame stesso. L’obiettivo comune, condiviso e compreso da tutti i membri dello sciame, è piuttosto complesso ma ogni singola unità sa cosa deve fare praticamente dalla nascita. A questo si aggiunge che, nei millenni, queste forme di vita sono state plasmate dalla volontà dello sciame, in modo che le loro azioni fossero coerenti con le loro capacità fisiche: raccoglitori di cibo, operai per costruzione e manutenzione, guerrieri, infermiere, maschi per la riproduzione etc.. Il termine “condividono” è un poco estremo: la maggioranza degli insetti di sciame condividono, tramite feromoni, uno scopo comune espresso, senza opportunità di “dibattito”, dalla regina. Dai tempi dei romani si discute della loro laboriosità ed efficienza; alcuni pensatori italiani si son spinti a riflettere sulla “democrazia” delle api e di come valga la pena prender esempio da questa società. Forse è bene ricordare che questa società è guidata da una tirannia illuminata, dove l’individualismo non esiste, i membri sono geneticamente selezionati e guidati da una cieca obbedienza veicolata tramite feromoni. Non si può pensare di applicare questo struttura sociale agli umani, o altri mammiferi.

Un altro esempio d’intelligenza di sciame ci viene dal mondo sintetico e digitale: alle ultime olimpiadi estasiati abbiamo levato gli occhi al cielo, per osservare la danza di mille luci. Piccoli droni etero diretti, come uno sciame di api, si coordinavano tra loro come un unico individuo, creando uno spettacolo di colori mai visto prima. Anche in questo caso i sintetici erano guidati da un unico individuo (non un’ape regina, ma un semplice operatore di droni) che coordinava i loro movimenti con una precisione millimetrica. Anche in questo caso la loro efficienza era data da un lavoro di squadra eterodiretto, dove ai feromoni si sostituivano i comandi radio digitali. Anche in questo caso risulta difficile pensare di applicare questa soluzione agli umani.

L’efficienza di sciame, meglio conosciuta come “intelligenza di sciame”, è un elemento che ogni organizzazione umana ha sempre cercato di imitare. Viene naturale domandarsi se un’intelligenza di sciame umana sia possibile? Potrebbe essere di beneficio per una realtà sociale strutturata, come un’azienda? La risposta semplice è “si”. Tuttavia per creare una struttura del genere si devono usare altre leve: feromoni o comandi digitali non servono. Cerchiamo di comprendere meglio.

Limiti e vantaggi dell’intelligenza di sciame

“Ogni sistema basato su intelligenza di sciame ha diversi vantaggi.” Mi spiega Federico Frattini, Dean del POLIMI Graduate School of Management.  “Questa struttura offre una discreta resilienza, nei momenti di difficoltà; in particolare nelle crisi di natura esogena, non del tutto imprevedibili. Quello dello sciame è un sistema basato su un obbiettivo condiviso e perseguito da ogni individuo, comunicato attraverso meccanismi biologici, questo approccio lo rende altamente efficiente. Se le api trovano un ostacolo sul loro percorso si organizzano tra loro per superarlo nel modo più efficiente. Questo tipo di adattabilità sembra riflettere una sorta d’intelligenza condivisa. Tuttavia l’agire di questi insetti è basato su sulla volontà inconsapevolmente espressa dalla regina. La loro autonomia e creatività nell’affrontare una sfida è solo in apparenza individuale: questi sistemi sociali sono etero diretti e, per conseguenza, pur dimostrando un’apparente libertà di scelte nell’affrontare le sfide, sono in vero limitati nel range di azioni alternative che possono compiere. Una cosa simile accade nelle attuali soluzioni d’intelligenza di sciame che osserviamo nei droni, eterodiretti da algoritmi programmati da umani.”

Un tema, quello dell’intelligenza di sciame, le cui peculiarità non sfuggono anche ad Andrea Pietrini, Chairman di YOURgroup. “In ogni libro di management si discute come un evento esogeno possa essere gestito da un sistema chiuso. È una nozione base, che ogni studente di sociologia apprende nelle prime lezioni, eppure, ancora oggi, queste teorie sociali restano sfidanti da mettere in pratica nella vita reale, specialmente lavorativa”. Chiarisce Pietrini. “Un sistema chiuso, come quello degli insetti di sciame, o i droni robotici, ha sicuramente una discreta resilienza alle sfide esogene. Soprattutto quelle che può affrontare sulla base di una programmazione preesistente, sia essa data da algoritmi predittivi o dalla memoria di sciame, incarnata nella regina. Tuttavia quest’apparente forza rischia di essere messa in crisi da fenomeni non previsti. Gli insetti di sciame si sono evoluti in millenni ma la loro coesione è data da sfide che hanno richiesto millenni per essere assorbite ed elaborate. Oggi la crisi climatica, così veloce, sta mettendo alla prova anche le api. È una sfida esogena al loro ambiente ma la capacità di adattarsi è a rischio. Per i droni guidati da algoritmi invece il tema di adattabilità non è dato dal limite genetico della regina ma dai Bias cognitivi dei programmatori. Un tema spesso troppo trascurato dal mondo digitale in cui viviamo.”

Sul tema digitale, bias e intelligenza di sciame anche Paola Scarpa, 20 anni a dirigere Google Italia e ora Managing Director & Partner. “L’età anagrafica è un aspetto che può spingere a bias cognitivi, un tema rilevante quando si parla di programmazione di algoritmi e altre soluzione di coordinamento di assetti artificiali.” Mi conferma Scarpa. “Dobbiamo considerare che l’intelligenza di sciame, applicata ai droni e relativi algoritmi che li guidano, fa capire in che periodo hai studiato. Nelle vecchie organizzazioni c’era molta gerarchia. Maggiore è la tua seniority maggiore sarà la tua visione gerarchica, e questo tema verrà codificato, involontariamente, nell’intero percorso di creazione di un algoritmo, tramite i programmatori che tu coordini. Di qui la nascita di bias cognitivi più o meno manifesti che, lasciati a se stessi, possono inficiare l’attività dei droni e la relativa intelligenza di sciame digitale. Ovviamente stiamo parlando di massimi sistemi e di scenari altamente complessi e futuri. Tuttavia se consideriamo che l’utilizzo di droni, e sciami di droni, è sempre più pervasiva nella vita civile e militare delle nazioni occidentali, è importante comprendere come questi bias possano divenire parte del tessuto operativo di uno sciame. Ovviamente un rischio simile esiste anche per le organizzazioni umane che vogliono replicare, seppur in modo differente, l’intelligenza di sciame”.

Empatia, ferormoni o algoritmi?

Se le potenzialità di un’intelligenza di sciame, applicate ad un’organizzazione umana, sono interessanti, resta il problema di come coordinare una struttura sociale del genere. I ferormoni implicano un tipo di struttura assolutista, dove l’individuo viene completamente annullato. In passato qualche scrittore di fantascienza ha ipotizzato l’uso di droghe, per creare una società più pacifica e controllabile, ma nessuna applicazione pratica ha mai funzionato (vedi test della CIA).
L’utilizzo di soluzioni software e hardware, per avere dei lavoratori controllati tramite algoritmi, che operino in sincronia, è idealmente più accettabile. In alcuni contesti, come i “bio-bot” dei magazzini dei grandi e-commerce, possiamo osservare umani che sono eterodiretti, nelle loro azioni, da algoritmi. Il sistema funziona egregiamente, tuttavia, attualmente, è dispiegabile per funzioni manuali. L’individualismo di ogni umano tende ad emergere, con marcata veemenza, quando si richiede che l’umano operi ad un livello più avanzato, dove la semplice attività fisica non è la componente principale del lavoro. Quindi anche la soluzione digitale usata per i droni può essere adatta solo per funzioni umane semplici.È possibile pensare a una soluzione più elegante, per coinvolgere più umani che abbiano una seniority importante, per collaborare insieme per un obiettivo che sia di vantaggio tanto per il singolo quanto per la collettività, di cui l’umano è parte?

Parliamo di empatia

Ipotizziamo di raccogliere un gruppo d’individui: selezionandoli con cura, in modo che i loro interessi siano simili e condivisibili, fornir loro un incentivo economico e lasciare che le relazioni tra di essi si sviluppino grazie alle soft skill (in particolare l’empatia) che li accomunano. Questo sistema, facendo leva sulle doti empatiche degli individui, è una cosa semplice da fare, idealmente.
C’è da ricordare che le aziende hanno sempre un approccio verticale e gerarchico, che deriva dal potere distribuito di un beneficio ( di solito denaro o simili forme di ricompensa).
L’empatia è una soft skill riconosciuta come di grande valore in tutte le organizzazioni. Di recente è divenuta sempre più importante, almeno sulla carta, nelle selezioni del personale.
“L’empatia è una soft-skill complessa che solo negli ultimi anni abbiamo cominciato ad apprezzare e valorizzare in ambito aziendale.” Mi conferma Frattini. “L’emozione, che una persona prova nel vivere un’esperienza in azienda, elemento fondamentale per attivare rapporti empatici, è un fattore importante da considerare e valorizzare. L’empatia è una forte leva che deve essere sempre più integrata nelle organizzazioni complesse, tuttavia dobbiamo considerare che sempre più spesso gli individui desiderano avere forme di remunerazione non solo di natura economica per restare in una certa azienda e sposarne il progetto. In questo senso i valori incarnati da un team, l’appartenenza a un gruppo, in generale l’esperienza umana possono essere un fattore vitale.
Ma c’è un limite da considerare: il singolo individuo deve percepire di non essere una pedina, ma un elemento vitale dell’organizzazione, dove non esiste la classica gerarchia aziendale, ma un livello di equità e possibilità di espressione. In questo senso un’organizzazione lavorativa che basasse la sua intelligenza di sciame sull’empatia, potrebbe essere un tipo di struttura nuova, dirompente, la cui scalabilità potrebbe essere significativa. Resta ovviamente il limite della selezione degli individui stessi di questa organizzazione: persone prive di empatia, o della necessaria maturità intellettuale, sono elementi che non possono essere integrati in intelligenze di sciame con legami empatici.” Conclude Frattini.

Sul tema conviene anche Pietrini che mi spiega “l’appartenenza ad un gruppo di tuoi pari è un elemento che ho tenuto presente, quando ho creato la mia realtà. L’empatia che si sviluppa tra individui, che sono motivati a lavorare per supportare se stessi e gli altri, è vitale se si vuole sviluppare un’azienda basata sull’empatia. Ovviamente è necessario predisporre anche soluzioni di premio, economico e non, per valorizzare il singolo che partecipa al benessere comune. È l’empatia che permette di creare un’intelligenza di sciame, dove, consciamente e con una connotazione individuale, i singoli decidono volontariamente di legarsi gli uni agli altri e contribuire al benessere comune che, a suo volta, è redistribuito a tutto l’ecosistema aziendale. Non esiste il capo, in un’azienda che opera con un intelligenza di sciame empatico; esiste un coordinatore/trice che supporta i singoli individui e ne facilità il dialogo. Uno sciame umano, composto di persone con funzioni condivise, che permette ad ogni membro di avere benefici dalla attività altrui, senza essere comandato da qualcuno che ti da lo stipendio, è un tipo di struttura sociale e lavorativa verso cui dovremmo ambire nei prossimi anni. Un’intelligenza di sciame umana applicata ad un organizzazione di pari, con una seniority e competenze decennali, è una struttura altamente flessibile e adattativa, specialmente nei contesti complessi.” Conclude pietrini

Sul tema obbiettivi e benefici anche Scarpa è concorde. “Ci deve essere un obiettivo comune. Se c’è un obbiettivo comune, e l’interazione tra gli individui è magnificata da un forte legame empatico, una struttura sociale lavorativa può operare come un singolo individuo. Le relazioni che si vengono a integrare, specialmente quando parliamo di una struttura lavorativa composta da senior, è sicuramente un fattore vincente. Un contatto o un’opportunità non sempre possono essere valorizzate dal singolo individuo. Tuttavia se il singolo è immerso in un flusso empatico, sarà istintivamente portato a condividere l’opportunità, o il semplice contatto, con altri individui dello sciame, sapendo che l’attività che potrà essere sviluppata avrà un beneficio per tutta la collettività. Ovviamente il legame empatico, a differenza di quello digitale o a base feromoni, è un tipo di legame che non lede l’individualismo umano. Per certi versi l’individualismo viene magnificato dallo sciame empatico. Ogni membro ha modo di accrescersi, non solo professionalmente ma anche in termini lavorativi, e le differenze dei molti divengono una ricchezza aggiuntiva per il singolo. Con il crescere di importanza delle soft skill, io credo che sempre più spesso vedremo evolvere aziende che hanno come modello sociale un intelligenza di sciame empatica. Oggi se ne parla ancora poco, ma il futuro è un territorio inesplorato.” Conclude Scarpa.

Sempre più procediamo nel futuro e sempre più lo vogliamo digitalizzare, rendere analitico, in modo che ogni singolo dato sia classificabile, sezionabile e valorizzabile. L’empatia, come forza aggregante, resta ancora un fattore poco compreso, in seno alle aziende. Se c’è una cosa che le api possono insegnarci è che nei millenni la loro intelligenza di sciame le ha salvate. Ovviamente noi umani dobbiamo salvaguardare il nostro individualismo: una struttura di sciame, basata su legami empatici, può essere quel modello di lavoro, e relazione social, che potrebbe spingere il mondo del lavoro verso un nuovo orizzonte più umano.

@enricoverga

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