Azienda di spyware francese incriminata per complicità con regimi autotitari

Un’indagine sulla vendita di tecnologie di sorveglianza a Libia ed Egitto ha portato ad accuse contro i leader di un’azienda per la vendita di software a questi due paesi che ha portato alla tortura e alla scomparsa di dissidenti.

di Patrick Howell O’ Neill 

Mentre la sorveglianza ad alta tecnologia è un’industria multimiliardaria in tutto il mondo, è raro che le aziende o gli individui affrontino conseguenze legali per la vendita di tali tecnologie, anche a famigerate dittature o altri regimi pericolosi. Ma le accuse della Corte giudiziaria di Parigi contro i leader di Amesys, un’azienda di sorveglianza che in seguito ha cambiato nome in Nexa Technology, evidenziano che le vendite a Libia ed Egitto nell’ultimo decennio hanno portato alla repressione dell’opposizione, alla tortura dei dissidenti e ad altri abusi dei diritti.

L’ex capo di Amesys, Philippe Vannier, e tre attuali ed ex dirigenti di Nexa Technologies sono stati incriminati per “complicità in atti di tortura” per aver venduto tecnologia di spionaggio al regime libico. I media francesi riferiscono che il presidente di Nexa Olivier Bohbot, l’amministratore delegato Renaud Roques e l’ex presidente Stéphane Salies devono affrontare le stesse accuse per le vendite di tecnologie di sorveglianza in Egitto.

Le accuse sono state mosse dall’unità Crimes Against Humanity and War Crimes del tribunale, ma il caso è iniziato 10 anni fa quando Amesys ha venduto il suo sistema per monitorare il traffico Internet al dittatore libico Muammar Gheddafi. Sei vittime dello spionaggio hanno testimoniato in Francia di essere state arrestate e torturate dal regime, un’esperienza che si dice sia il risultato diretto di questi strumenti di spionaggio. Nel 2014, l’azienda ha venduto software di sorveglianza al presidente egiziano Abdel al-Sisi poco dopo che aveva preso il controllo del paese con un colpo di stato militare.

Le denunce, presentate dalla International Federation for Human Rights, o FIDH, e dalla French League for Human Rights, sostengono che l’azienda non aveva il permesso del governo di vendere le sue tecnologie in Libia o in Egitto perché la supervisione era carente e a volte inesistente. Le accuse hanno portato a un’indagine giudiziaria indipendente contro Amesys/Nexa, che è ancora in corso. I giudici decideranno se inviare il caso al tribunale penale o archiviarlo se non ci sono prove sufficienti, ma l’atto d’accusa è un importante passo avanti e indica che i giudici considerano le prove come abbastanza consistenti da supportare un processo penale.   

Clémence Bectarte, che ha guidato il caso nell’ultimo decennio come avvocato della FIDH, dice che è una vittoria significativa, ma che c’è ancora molta strada da fare. “Non voglio essere troppo ottimista, perché l’esperienza passata ha dimostrato che sarebbe un errore”, afferma Bectarte. Quando si guarda ai tentativi di stabilire la responsabilità di queste aziende, si riscontrano molti fallimenti a causa di quadri legali insufficienti, uno squilibrio di potere perché queste aziende a volte hanno influenza sulle decisioni statali e si manifesta una mancanza di volontà politica ad andare avanti”.

La mancanza di un quadro legislativo

Gheddafi ha acquistato spyware per sorvegliare il traffico Internet da Amesys durante la guerra civile libica. Quella vendita, secondo quanto riferito, è stato un favore dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, che è stato a sua volta condannato per corruzione all’inizio di quest’anno

La vendita del 2014 all’Egitto, nel frattempo, è arrivata solo un mese dopo che un colpo di stato militare ha portato al controllo di Sisi del paese. L’Egitto avrebbe acquistato una tecnologia di intercettazione che consente al governo di spiare in modo più efficace le telefonate e i messaggi dei suoi presunti oppositori. Secondo Humans Rights Watch, sotto Sisi il paese sta “vivendo la peggiore crisi dei diritti umani degli ultimi decenni”, compresa la sorveglianza e l’incarcerazione di giornalisti e dissidenti critici nei confronti del regime. 

Mentre la maggior parte dei paesi ha alcune regole e regolamenti riguardanti l’esportazione di strumenti di sorveglianza e altre armi, il caso francese è complesso a causa del background di ciascun accordo. Le vendite in Libia non sono mai state formalmente approvate dal governo francese perché non esisteva una regolamentazione che coprisse tale tecnologia quando l’accordo è stato originariamente concluso nel 2007. Nel caso dell’Egitto, il governo francese non ha approvato o disapprovato esplicitamente la vendita, un non decisione che comunque ha permesso di portare avanti l’intesa. 

“Questi casi mettono in luce la necessità per i governi di avere normative più stringenti e controlli sulle esportazioni sulle tecnologie di sorveglianza che potrebbero limitare le violazioni dei diritti umani”, afferma Bectarte. La stessa indagine sta anche esaminando le vendite di tecnologia di sorveglianza all’Arabia Saudita. Bectarte non ha potuto commentare questo caso specifico a causa delle indagini in corso.

“Voglio sottolineare il coraggio delle persone che sono venute in tribunale per testimoniare su ciò che hanno subito, sui loro arresti e sugli atti di tortura di cui sono state vittime”, dice. “Quando si arriva a un’accusa sostanziale, si basa sulla determinazione delle vittime e della società civile. Dobbiamo continuare la lotta, perché la responsabilità aziendale è essenziale. Esistono collegamenti oggettivi tra attività aziendali e violazioni dei diritti umani”.

Nexa non ha risposto a una richiesta di commento.

(rp)

Foto: Nada Harib / Getty Images

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