Alcune tecnologie da remoto rimarranno nel tempo

Il lockdown è stato uno stress test per molti tipi di servizi a distanza, ma ha offerto una conferma della insostituibilità di alcuni di loro negli anni a venire.

di Sandy Ong

La pandemia di Covid-19 ha ridotto il nostro mondo alle mura delle nostre case. Ma mentre eravamo al loro interno, il mondo continuava a girare: partecipavamo alle riunioni, andavamo ad appuntamenti, festeggiavamo feste e incontravamo amici per un drink. L’unica differenza? Tutto accadeva dietro uno schermo.

È quasi inimmaginabile stilare un elenco delle 10 tecnologie che cambieranno il mondo nel 2021 senza riflettere su quanto delle nostre vite si è spostato online. La pandemia è stata un corso accelerato su quanto possiamo fare a distanza e ha anche rivelato quali aspetti della vita diventano causa di sofferenza quando li sperimentiamo solo in modo virtuale. 

Sebbene i cambiamenti siano avvenuti ovunque, quelli in due servizi particolarmente importanti – sanità e istruzione – hanno avuto enormi impatti sul benessere generale e sulla qualità della vita delle persone. Strumenti online come Zoom sono diventati improvvisamente un’ancora di salvezza per molti. Ma il cambiamento più significativo non è stato nella tecnologia stessa – la teleconferenza e la telemedicina sono disponibili da tempo – ma nel nostro comportamento. 

Cosa ha funzionato e cosa no? Cosa rimarrà e cosa no? E cosa abbiamo imparato che potrebbe aiutarci a prepararci meglio per il futuro? Gli sviluppi in Asia e Africa potrebbero costituire un buon esempio per il resto del mondo.

Imparare online

Al suo apice, lo scorso aprile, la pandemia ha costretto alla chiusura delle scuole in oltre 170 paesi, colpendo quasi 1,6 miliardi di ragazzi. Quando la scuola tradizionale è diventata virtuale in quasi tutto il mondo, l’Asia ha assistito a una tendenza parallela: un’impennata nella domanda di servizi come quelli offerti dalla società di tutoraggio online Snapask, con sede a Hong Kong. 

L’azienda ha ora più di 3,5 milioni di utenti in nove paesi asiatici, il doppio del numero che aveva prima della pandemia. “In un anno abbiamo raddoppiato il lavoro svolto nei 5 anni precedenti”, afferma Timothy Yu, che ha fondato Snapask nel 2015.  Altre aziende ed-tech nella regione hanno registrato una crescita simile. 

Byju’s, un’app di apprendimento e la seconda startup indiana, ha visto i suoi utenti salire di un terzo, a quasi 70 milioni, quando ha offerto la sua app gratuitamente dopo la chiusura delle scuole a livello nazionale nel marzo dello scorso anno. Quando la principale piattaforma cinese di apprendimento online, Yuanfudao, ha fatto lo stesso all’inizio del 2020, il suo sistema è andato in crash per il carico di lavoro: oltre 5 milioni di persone iscritte.

Il tutoraggio privato è sempre stato estremamente popolare in Cina e in altri paesi asiatici come la Corea del Sud e Singapore, dove otto studenti della scuola primaria su 10 ricevono sostegno extrascolastico. La pandemia ha innalzato il profilo dei servizi di tutoraggio online, che sono rapidamente diventati parte delle giornate di molti studenti tanto quanto le loro lezioni programmate. 

Molte scuole semplicemente non erano preparate per il passaggio all’insegnamento virtuale, specialmente nelle prime fasi della pandemia. I tutor online hanno contribuito a colmare le lacune nell’istruzione e sono stati in grado di concentrarsi maggiormente sulle esigenze individuali degli studenti. 

Yu ha costruito la sua azienda intorno al concetto di “aiuto su richiesta”, vale a dire gli studenti possono spedire una copia di un compito che non riescono a risolvere, caricarla tramite il popolare servizio di messaggistica WhatsApp in qualsiasi momento della giornata e ricevere aiuto da uno dei 350.000 tutor di Snapask entro 30 secondi.

Tali servizi sono spesso più convenienti per i genitori della scuola virtuale, afferma Wei Zhang, professore della East China Normal University di Shanghai che studia il settore dell’insegnamento privato e ha trascorso lo scorso anno esaminando come la pandemia ha colpito genitori, studenti e società di tutoraggio online in Cina, Giappone e Danimarca. 

Una lamentela comune che ha sentito riguardo alla scuola a distanza era che i genitori “dovevano aiutare i loro figli a risolvere problemi tecnici, rispondere agli insegnanti e supervisionare i compiti”. I servizi di tutoraggio online sono molto più semplici. Molte piattaforme di tutoraggio, tra cui Snapask e Byju, hanno anche vaste librerie di video didattici pieni di animazioni dai colori vivaci, effetti speciali e suoni. “Per i bambini, le lezioni diventano più divertenti e interattive”, afferma Zhang.

Detto questo, la disuguaglianza è un grande ostacolo al potenziamento sia della scuola virtuale sia del tutoraggio online. Solo il 56 per cento delle persone in Indonesia, per esempio, ha accesso a Internet, secondo le statistiche del 2019. E anche nei paesi più ricchi come la Corea del Sud, dove il 99,5 per cento della popolazione ha accesso a Internet, il governo ha dovuto intervenire e prestare computer a studenti a basso reddito. 

Allo stesso tempo, il tutoraggio online collega gli studenti nelle regioni meno sviluppate con i migliori tutor delle aree urbane. Questo è probabilmente il motivo per cui alcuni studenti nelle città più piccole della Cina sono rimasti collegati da remoto, anche se le scuole sono tornate alla normalità, dice Zhang. Inoltre, questo sistema evita ai genitori la seccatura di portare i propri figli da e verso tutor privati. 

Sebbene il tutoraggio privato non sia così popolare ovunque come in Asia, il potenziamento indotto dal covid nel tutoraggio online è un promemoria tempestivo per tutti: gli studenti imparano meglio quando l’insegnamento è adattato alle loro esigenze e quando assumono un ruolo attivo nell’apprendimento.

Un’altra lezione importante da tenere in mente è che gli insegnanti dovrebbero essere incoraggiati a pensare in modo diverso e insegnare in modi nuovi, afferma Steve Wheeler, visiting professor all’Università di Plymouth nel Regno Unito, che si occupa di insegnamento e apprendimento a distanza. Se i sistemi scolastici saranno in grado di abbracciare ciò che ha funzionato per l’insegnamento online, adottando nuovi media e adattando i contenuti di conseguenza”, egli spiega, “si apre una prospettiva di rinnovamento”.

Assistenza sanitaria a distanza 

Un decennio prima dell’inizio della pandemia, Davis Musinguzi ha avuto la sua grande idea: un sistema per consentire alle persone in Uganda di inviare messaggi di testo a un numero verde e chiedere a un medico di richiamarle per un consulto. A molti l’idea sembrava audace. Ma Musinguzi, allora studente di medicina nella capitale, Kampala, era convinto che avrebbe funzionato.

Ha cofondato il Medical Concierge Group nel 2012. All’epoca meno della metà delle persone in Uganda possedeva telefoni cellulari.  Nel corso degli anni, l’iniziativa si è ampliata per incorporare video e messaggi WhatsApp e un gruppo di personale sanitario in motocicletta che visitava le case dei pazienti per condurre esami del sangue e consegnare farmaci. La struttura si è estesa anche in Kenya e Nigeria.

Quando la pandemia ha colpito nel 2020, il numero di utenti è aumentato di 10 volte tra marzo e novembre. “Il covid-19 è stato un punto di svolta”, dice Musinguzi. Picchi simili nell’utilizzo della telemedicina sono stati segnalati a livello globale. “Non c’è azienda di telemedicina che conosco in tutto il mondo che non abbia visto un aumento della domanda e anche un cambiamento nell’atteggiamento dei consumatori verso la telemedicina”, egli dice. 

Che l’assistenza sanitaria a distanza stia vivendo un momento di gloria non è sorprendente. Le consultazioni video e telefoniche a distanza erano già in aumento. Il cambiamento avviene spesso lentamente nell’assistenza sanitaria, ma “il covid ha sovralimentato questa tendenza”, afferma Alex Jadad, fondatore del Center for Global e Health Innovation dell’Università di Toronto. 

La pandemia ha portato gli ospedali di tutto il mondo a un punto di rottura e i pazienti sono rimasti alla larga, per paura o perché costretti. Molti si sono rivolti alla telemedicina. Negli Stati Uniti, per esempio, la percentuale di persone che la utilizza è salita alle stelle dall’11 per cento nel 2019 al 46 per cento un anno dopo, secondo McKinsey. 

L’Uganda e altri paesi in via di sviluppo hanno una o due lezioni da condividere sull’assistenza sanitaria a distanza, che si è evoluta per necessità in una regione in cui i medici sono spesso scarsi. “In Africa, si trova circa il 10 per cento della popolazione mondiale e il 25 per cento delle malattie globali, ma abbiamo solo circa il 3 per cento dei medici mondiali”, spiega Musinguzi. “Quindi penso che la telemedicina sia la giusta risposta”.

Come l’apprendimento remoto, l’assistenza sanitaria a distanza richiede spesso Internet ad alta velocità, che non è sempre facilmente disponibile nei paesi in via di sviluppo. Ma la penetrazione dei telefoni cellulari è ora superiore all’80 per cento in Ruanda, Kenya, Nigeria e alcune altre parti dell’Africa.

Ayush Mishra, cofondatore di Tattvan, gestisce cliniche online in 18 città indiane. Tattvan, che in sanscrito significa “protezione dei cinque sensi”, opera un modello insolito di telemedicina. Concede in franchising cliniche telematiche, vale a dire strutture con una o due stanze nei villaggi, dotate di computer e di un grande schermo. I pazienti possono entrare per un consulto con il medico locale o parlare con uno specialista a distanza, se necessario. 

A ottobre, in risposta al covid, Tattvan ha anche lanciato un servizio di telefonia mobile che si avvale di personale paramedico in moto con zaini carichi di attrezzature per visitare i pazienti in villaggi remoti. Mishra ritiene che questo modello di telemedicina, qualcosa tra le strutture sanitarie tradizionali e un servizio medico su app, alla fine prevarrà. “La fiducia è il fattore più importante” quando si parla di telemedicina, egli dice. 

Anche se i teleconsulti siano aumentati, Mishra ritiene che sia un incremento passeggero. A suo parere, una volta che la situazione si sarà stabilizzata, ci sarà un calo della domanda. Inoltre, la telemedicina non basta certo in tutti i casi. “Penso che ora sappiamo molto su dove i teleconsulti possono funzionare, ma anche sui loro limiti”, afferma Ann Blanford, professore di interazione uomo-computer all’University College di Londra. 

Altri esperti mostrano maggiore entusiasmo. “Quello che abbiamo visto è che il 70 per cento delle visite ambulatoriali di routine possono essere gestite attraverso la telemedicina e i servizi di consegna di laboratori e farmacie dell’ultimo miglio”, afferma Musinguzi.

Non c’è dubbio che la pandemia abbia reso molte persone più a loro agio nell’usare la telemedicina e l’istruzione a distanza. La situazione probabilmente non cambierà.  La pandemia è stata uno stress test per questi servizi, che si sono dimostrati in grado di fornire gran parte di ciò di cui avevamo bisogno.

Man mano che usciamo dalle nostre case, una buona parte della nostra vita continuerà a essere vissuta online. “Con il covid le persone hanno capito che si può fare affidamento sui servizi domiciliari, che si tratti di fare la spesa o di assistenza sanitaria”, conclude Musinguzi.

Immagine: Sierra & Lenny

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