Verso un’Unione energetica europea

Intervista a Dominique Ristori, direttore generale Energia della Commissione europea. Alle prese con un ambizioso progetto politico, che si baserà su cinque aspetti da rafforzare, tra cui emerge la sicurezza energetica

di Simon Tompkins (Fonte ABO/OIL)

“Le sfide energetiche che l’Unione europea e gli Stati membri si trovano a fronteggiare sono sempre più complesse”: per questo è necessario “un approccio più unitario dell’Europa”, al quale la Commissione europea sta attualmente lavorando, concentrandosi sul concetto di Unione energetica europea. Dominique Ristori, direttore generale per l’Energia della Commissione europea, racconta le sfide dell’Europa, i rapporti tra Europa e Mediterraneo, le conseguenze della Primavera araba e il legame, fondamentale, con l’Africa, rafforzato dalla crisi in Ucraina.

I corridoi per le reti energetiche rappresentano i ponti più solidi che collegano il nord e il sud dell’area del Mediterraneo. Qual è la situazione attuale e quale ritiene sarà lo scenario futuro?

L’Europa e il Nord Africa sono in effetti collegati molto bene da infrastrutture per il trasporto del gas e attualmente la costruzione di nuovi gasdotti non viene presa in considerazione. Tuttavia, i gasdotti esistenti che portano il gas dall’Algeria all’Italia funzionano molto al di sotto della loro capacità. è pertanto necessario investire in nuovi progetti di esplorazione e produzione. Oggigiorno l’Algeria è il terzo maggior fornitore di gas dell’Unione europea e potrebbe avere un ruolo di gran lunga superiore, visti gli ingenti quantitativi di idrocarburi non sfruttati, tradizionali o meno. Ciononostante, negli ultimi anni, l’Algeria non ha avuto molto successo nell’attrarre gli investimenti necessari. Una delle nostre priorità per i prossimi mesi è quella di migliorare il dialogo proprio con l’Algeria, nell’intento di individuare e rimuovere gli ostacoli esistenti ed agevolare nuovi investimenti. è fondamentale che le società petrolifere europee possano disporre di un quadro normativo stabile e trasparente per poter mantenere e intensificare le loro attività nella regione. L’area del Mediterraneo riveste un’importanza strategica nell’ambito della sicurezza energetica. La High Level Conference, dal titolo “Building a Euro-Mediterranean Energy Bridge” (tenutasi a Roma il 19 novembre scorso, ndr) ha spianato la strada per dare nuovo slancio alla cooperazione nel Mediterraneo. In quella occasione si è convenuto di rilanciare la partnership sulla base di tre priorità: gas, elettricità, fonti rinnovabili/efficienza energetica. Nei

prossimi mesi saranno avviate tre piattaforme tematiche (una per ciascuna priorità) che coinvolgeranno i politici, le autorità di regolamentazione, i gestori delle reti e l’industria, con l’intento di individuare azioni, provvedimenti e progetti concreti. Di conseguenza, il 2015 dovrebbe segnare un nuovo punto di svolta per la cooperazione energetica tra l’Unione europea e i Paesi partner dell’area del Mediterraneo meridionale e orientale.

Le importanti scoperte di gas naturale nel bacino del Levante hanno condotto ad alcuni interrogativi. In che modo il gas naturale modificherà il panorama geopolitico dell’area del Mediterraneo orientale? In che misura ritiene che il gas dell’area del Mediterraneo orientale possa contribuire a diversificare le fonti di approvvigionamento dell’Unione europea in linea con il bisogno dell’Europa di rafforzare la propria sicurezza energetica?

Le scoperte attuali e future nella regione modificheranno naturalmente in misura sostanziale il quadro energetico, non solo nella parte orientale, ma in tutta l’area del Mediterraneo. Queste scoperte avranno certamente un impatto sulle economie dei Paesi produttori di gas dell’area: li aiuteranno a fronteggiare i problemi di sicurezza energetica, a rafforzare le loro economie e a sviluppare solidi collegamenti con gli altri Paesi dell’area. è ancora troppo presto per fare una valutazione precisa del l’impatto che il gas dell’area del Mediterraneo orientale avrà sul mercato europeo, poiché questo dipende dal volume delle riserve di gas potenzialmente sfruttabili nell’intera regione. Non è ancora chiaro quanto gas potrà essere esportato sul mercato europeo: attualmente solo in Egitto è presente una infrastruttura capace di esportare del gas all’area del Mediterraneo orientale; non appena inizieranno le esportazioni di gas dalla regione, l’impatto del Gnl sui mercati sarà considerevole. Tuttavia, il gas dell’area del Mediterraneo orientale dovrà competere con le altre fonti di gas naturale liquefatto, in particolare quelle dell’Africa orientale e degli Stati Uniti, sia per il mercato asiatico che europeo. Pertanto, il prezzo e l’affidabilità saranno fattori determinanti. L’esplorazione e lo sfruttamento di queste risorse implicano alcuni rischi: le attività di esplorazione in condizioni di acque profonde possono comportare sfide tecniche, seppure sia necessario tenere anche conto degli aspetti geopolitici, soprattutto delle controversie che potrebbero insorgere in merito ai confini delle zone economiche e dei conflitti politici soggiacenti. è altrettanto importante prestare un’adeguata attenzione alle preoccupazioni ambientali: il Mar Mediterraneo deve continuare a essere ben protetto. Tutte queste tematiche saranno all’ordine del giorno nella “Euro-Mediterranean Gas Platform”, che è stata concordata alla conferenza di Roma e sarà avviata il prossimo mese di giugno a Tunisi.

Vi sono aree in cui la democrazia continua ad essere un obiettivo da raggiungere, come la Libia, un Paese con il quale l’Europa vanta legami storici, soprattutto da un punto di vista energetico. In che modo l’Europa può gestire queste situazioni e sostenere il processo di stabilizzazione di questi Paesi?

Promuovere la democrazia, oltre che la stabilità, in tutta la regione è certamente di estrema importanza per l’Unione europea. A tale proposito, la Libia è una delle nostre maggiori preoccupazioni. Da un punto di vista energetico, la crisi attuale ha seriamente interrotto la produzione e l’esportazione di petrolio. Questo è un dato negativo principalmente per la Libia, la cui spesa pubblica confida ampiamente nelle entrate petrolifere. A causa della mancanza di entrate dagli idrocarburi, la situazione economica continua a deteriorarsi e questo ha ulteriormente aggravato l’instabilità sociale e politica. A tale scopo l’Unione europea sta attivamente sostenendo gli sforzi condotti dalle Nazioni Unite, volti a raggiungere il cessate il fuoco e l’avvio di un dialogo politico tra le parti principali. Nell’attuale contesto di estrema difficoltà, il sostegno dell’Unione europea alla Libia è principalmente di natura umanitaria. L’intensificarsi dei combattimenti dall’estate scorsa, a cui hanno fatto seguito l’evacuazione della maggior parte delle missioni diplomatiche e Ong internazionali, non contribuiscono certamente allo sviluppo di una cooperazione energetica dell’Unione europea con la Libia, per il momento. Comunque, se la situazione politica dovesse migliorare in misura sostanziale, la Libia sarebbe il candidato naturale per un dialogo a livello energetico con l’Unione europea.

In che modo la Primavera araba ha inciso, a livello geopolitico ed energetico sul Nord Africa e, di conseguenza, sull’area del Mediterraneo?

Gli eventi della Primavera araba degli ultimi tre anni hanno naturalmente avuto un impatto sul mercato oil & gas, provocando alcune interruzioni e avendo ripercussioni sul prezzo del petrolio, soprattutto a seguito della rivoluzione in Libia nel 2011. Tale effetto è stato comunque piuttosto breve nel tempo e meno drammatico di quanto si temesse. La Primavera araba non ha avuto ripercussioni sui grandi produttori di petrolio e gas del Golfo e i mercati sono stati in grado di recuperare velocemente da questa battuta di arresto, dal momento che le mancate forniture sono state rimpiazzate e i flussi commerciali di petrolio e gas sono stati ridirezionati. L’instabilità politica e le sanzioni internazionali continueranno, comunque, ad avere un impatto sul mercato oil & gas della regione. è evidente che l’impasse politica della Libia, il protrarsi della guerra civile in Siria, la costituzione dello Stato islamico in Iraq e le attuali sanzioni nei confronti dell’Iran hanno implicazioni sulla sicurezza energetica dell’Europa e dei Paesi vicini. In questo contesto, è persino più importante rafforzare il dialogo e la cooperazione a livello energetico con quei Paesi produttori della regione che godono di stabilità politica, come l’Algeria e l’Egitto.

A livello più generale, quali sono le priorità che il sistema energetico europeo deve adottare entro il 2030?

Le sfide energetiche che l’Unione europea e gli Stati membri si trovano a fronteggiare sono sempre più complesse ed è evidente che solo un approccio più unitario dell’Europa garantirà il soddisfacimento di tali sfide in modo efficace e accessibile. La crisi in Ucraina ha messo in evidenza come sia necessario portare l’integrazione e la cooperazione europea in campo energetico ad un livello successivo. In particolare, l’Unione europea e gli Stati membri devono concentrarsi su quelle aree in cui una più stretta collaborazione tra Stati può condurre a benefici significativi in termini di efficacia e di ottimizzazione dei costi, affrontando al tempo stesso le sfide comuni. La Commissione sta attualmente lavorando al concetto di Unione energetica europea e sta definendo i dettagli di questo ambizioso progetto politico. L’Unione energetica si baserà su cinque pilastri da rafforzare, decisi a livello comunitario.

Un primo aspetto è la sicurezza energetica. Come primo passo, la Commissione dovrà lavorare alla piena implementazione della Strategia europea sulla sicurezza energetica adottata a maggio dello scorso anno. Questo comprende la riduzione della dipendenza a livello energetico dai maggiori fornitori non europei. Nello specifico, dovremmo proseguire nell’apertura rapida del Corridoio Meridionale e nella promozione di un nuovo hub del gas nel Mediterraneo. Si prevede che nei prossimi anni anche il gas naturale liquefatto possa divenire un’importante e potenziale fonte di diversificazione. Al fine di migliorare la sicurezza energetica dell’Unione europea, è inoltre necessario coordinare meglio le politiche energetiche nazionali e garantire che l’Ue parli a una sola voce sulla scena internazionale. Oltre al continuo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, sarebbe opportuno esplorare in modo più approfondito le prospettive delle riserve interne di combustibili fossili tradizionali e non tradizionali, nonché il potenziale dell’energia nucleare quale mezzo di produzione energetica a basso contenuto di carbonio. Un’altra priorità è la costruzione di un mercato interno ben funzionante e pienamente integrato. Le interconnessioni sono la precondizione più importante per un mercato energetico interno integrato; pertanto, l’implementazione e l’ulteriore sviluppo di progetti di interesse comune sono di importanza fondamentale per l’Unione europea. Anche lo sviluppo della cooperazione regionale è essenziale, in particolare con riferimento al coordinamento delle capacità, allo stoccaggio e al soddisfacimento della domanda. A tale proposito, nel primo semestre del 2015, la Commissione europea proporrà una nuova iniziativa di market design. Moderare la nostra domanda di energia è un altro aspetto importante dell’Unione energetica. Migliorare l’efficienza energetica nonché promuovere tecnologie innovative e intelligenti, in particolare in settori chiave quali l’edilizia, i trasporti ed il manifatturiero, non solo aumenterà la sicurezza energetica, ma incrementerà anche la competitività delle industrie europee. Il Consiglio europeo ha avallato un obiettivo indicativo di efficienza energetica pari ad almeno il 27% entro il 2030, che sarà rivisto entro il 2020 avendo in mente un obiettivo del 30%. La Commissione dovrà accrescere i propri sforzi a lungo termine per raggiungere questo obiettivo. Elemento chiave del progetto dell’Unione energetica è anche la decarbonizzazione del mix energetico dell’Unione europea. Il Consiglio europeo ha inoltre avallato un target vincolante per l’incremento della quota di energia rinnovabile di almeno il 27% del consumo energetico entro il 2030. L’Ue adotterà misure concrete per attenersi al pacchetto “2030 Climate and Energy”, che comprenderà un nuovo sistema di governance finalizzato a un miglior coordinamento delle politiche energetiche nazionali. Ultimo, ma non per questo meno importante, l’Unione energetica non si concretizzerà senza una salda attività di ricerca e innovazione. è evidente che l’Unione europea dovrà intensificare i propri sforzi in questo campo per essere in grado di sviluppare nuove tecnologie energetiche su tutta la catena, dalla generazione al trasporto, alla distribuzione e allo stoccaggio. A tale proposito, una particolare attenzione dovrebbe essere posta sull’accelerare la riduzione dei costi e sulla capacità del mercato di assorbire tecnologie a basso contenuto di carbonio.

Secondo gli esperti, l’Europa presenta scarse interconnessioni da un punto di vista energetico. Il piano Juncker del valore di 315 miliardi di euro di investimenti, finalizzato a incoraggiare

l’economia europea, sarà di supporto anche per la costruzione o il miglioramento delle infrastrutture energetiche?

Il rafforzamento delle infrastrutture energetiche e, in particolare, dei collegamenti transfrontalieri, è una delle aree chiave in cui gli investimenti dovrebbero essere promossi con l’aiuto del piano di investimenti dell’Unione europea annunciato dal Presidente Juncker. Il 13 gennaio la Commissione ha deciso la creazione di uno speciale fondo di garanzia, il Fondo europeo per gli investimenti strategici, che contribuirà a finanziare i progetti energetici di cui l’Europa ha bisogno: nello specifico, interconnessioni delle infrastrutture, ampliamento delle fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

Lei ha affermato che la situazione in Ucraina ha spinto verso un nuovo livello di cooperazione tra l’Unione europea e l’Africa. Può dirci in che modo?

La crisi in Ucraina ha evidenziato la nostra dipendenza da un unico fornitore di gas. è pertanto essenziale definire una strategia concreta di diversificazione al fine di ridurre questa dipendenza.

Come precisato nella Strategia europea sulla sicurezza energetica adottata lo scorso mese di maggio e avallata dal Consiglio europeo, è nostra priorità diversificare le fonti e le rotte della nostra fornitura di gas naturale. Nei prossimi anni, il gas naturale liquefatto diverrà un’importante e potenziale fonte di diversificazione. Le nuove forniture di Gnl provenienti dal Nord America, dall’Australia e dal Qatar e le nuove scoperte in Africa orientale incrementeranno con ogni probabilità le dimensioni e la liquidità del mercato globale del gas naturale liquefatto. Nel suo rapporto Africa Energy Outlook pubblicato recentemente, la Iea ha dichiarato che l’Africa sub-sahariana avrà un ruolo chiave nel rifornire il mercato del gas nei prossimi trent’anni. I Paesi dell’Africa sub-sahariana esportano circa la metà del gas naturale che viene prodotto da un numero limitato di Paesi: Nigeria, Guinea Equatoriale, Mozambico e Angola. Trainata da questi principali produttori e con l’emergere di nuovi fornitori, come la Tanzania, l’Africa sub-sahariana produrrà circa 175 miliardi di metri cubi l’anno (mld/mc) di gas naturale entro il 2040. Questo potenziale rappresenta un’enorme sfida per l’Africa sub-sahariana. E le importazioni di gas naturale liquefatto da un continente in pieno boom, come quello africanopotrebbero contribuire a diversificare in misura sostanziale il mix energetico dell’Unione europea. Pertanto è di fondamentale importanza rafforzare la cooperazione tra l’Unione europea e l’Africa in campo energetico.

Quest’articolo è disponibile suabo.net

(sa)

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