Una storia densa di futuro

A colloquio con Sandro Dionisi, direttore di TILab, il Centro di ricerca sulle TLC del Gruppo Telecom Italia.

di Massimiliano Cannata

«Essere stati è la condizione per essere». Questa affermazione, utilizzata dal grande storico francese Fernand Braudel nel costruire un meraviglioso affresco della storia europea, tematizza il giusto rapporto che deve intercorre tra tradizione e innovazione. Nell’esperienza di TILab il rapporto tra memoria e futuro come va coniugato?

Partirei da alcune precise coordinate storiche. Il 5 dicembre del 1964 nacque a Torino quello che allora, quando gli acronimi erano ancora rigorosamente esplicitati in italiano, si chiamava CSELT (Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni) e oggi si chiama TILab,. Erano anni in cui lo Stato aveva dato una forte accelerazione ad alcune realtà produttive ritenute strategiche, un periodo sicuramente effervescente in cui si era compreso che le attività basate su tecnologie nuove e in forte evoluzione dovevano venire alimentate finanziando le attività di ricerca e sviluppo. è dunque nella specificità di quel contesto che il Gruppo STET decise di dar vita a CSELT, aprendo una pagina decisiva non solo per il destino della ricerca nel settore delle TLC, ma più in generale per il progresso del Sistema Italia. Di questa esperienza lunga mezzo secolo rimane oggi il percorso della grande esperienza e delle conoscenza acquisite, oltre alla riconosciuta capacità di capire con rapidità come tradurre le intuizioni brillanti sul terreno dell’innovazione.

Veniamo alla sua esperienza. Cosa vuol dire guidare TILab in questa fase storica, in cui stimoli, arretratezze e contraddizioni, fatalmente si mescolano, in un’Italia che deve cercare di scuotersi in fretta da una crisi così grave?

Significa piena disponibilità ad accettare nuove sfide. Cinquant’anni fa ci muovevamo in un ambiente caratterizzato dal monopolio, in un contesto dominato da player diversi per struttura e profilo. Oggi il mercato è fortemente competitivo, abbiamo di fronte uno scenario che richiede soluzioni sempre nuove. Le innovazioni vengono spesso da mercati adiacenti a quello delle telecomunicazioni e ciò vuole dire che non basta operare sulle conoscenze acquisite, ma bisogna allargare il perimetro di intervento e di analisi. Peraltro a fronte della generale riduzione dei fondi destinati alla R&S, diventa decisivo far leva sulle capacità di execution delle idee migliori per portare avanti progetti all’avanguardia.

«Sono convinto che il vero patrimonio di questi laboratori sia prima di tutto quello umano, rappresentato dalle conoscenze accumulate dai nostri ricercatori». Queste parole di Luigi Bonavoglia, che ha guidato i primi passi del Centro di ricerca, rimangono di sorprendente attualità. Quali sono oggi i punti di forza e le competenze distintive su cui TILab è pronta a scommettere?

I profili che cerchiamo sono sia quelli che devono operare nelle aree dello sviluppo tecnologico, che per intenderci consideriamo di carattere lineare, sia quelli relativi a soluzioni, per così dire, più disruptive o non lineari e che portano competenze non tradizionali per le reti di telecomunicazioni. Per innovazioni lineari mi riferisco, per esempio, alla implementazione della tecnologia LTE Advanced (Long Term Evolution) che rappresenta il passo successivo in termini evolutivi del 4G. Per le innovazioni di tipo non lineare bisogna invece considerare nuovi skill, come per esempio la figura del data scientist, profilo particolarmente utile per l’universo dei Big Data. Allo stesso modo il processo di virtualizzazione della rete, che porta verso soluzioni sempre meno legate alle applicazioni hardware, richiederà una commistione molto forte tra chi opera nell’ambito del network e chi si muove nell’ambito IT. Su questi profili emergenti bisogna lavorare a partire dall’Università, al fine di concentrare in azienda quella “potenza di fuoco” di ingegno e di intelligenza, che consente di interpretare e di intuire i trend futuri.

I rapporti con le Università e in particolare con i Politecnici sono un vostro tradizionale punto di eccellenza. In che modo state operando su questo delicato” terreno?

Al di là del rapporto con il Politecnico di Torino, da sempre per noi fucina di talenti, abbiamo avviato con altre Università e con diversi centri di ricerca, anche internazionali, collaborazioni che hanno delle precise finalità strategiche. Con la Scuola Sant’Anna di Pisa, in particolare, stiamo lavorando su un progetto che riguarda la frontiera delle cosiddette Smart City. Il recruiting avviene anche attraverso il canale dell’apprendistato, che consente di introdurre nel mondo lavorativo laureandi, sollecitati a dimostrare di essere pronti a integrarsi in un’organizzazione produttiva. Inoltre con il contributo di TILab sono stati attivati diversi dottorati di ricerca e sono in corso iniziative che stanno coinvolgendo tanti giovani, di cui un altro esempio è dato dai JOL (Joint Open Lab), centri d’innovazione che Telecom Italia ha aperto in cinque Università.

Internet delle cose, software sofisticati, flessibilità a misura di cliente, sostenibilità: dove ci porteranno i nuovi protocolli di rete?

L’Internet delle cose è sicuramente uno degli elementi più interessanti dello sviluppo delle TLC, che imprimerà una trasformazione del nostro modo di vivere. Se pensiamo che solo qualche anno fa usavamo il PC come una calcolatrice evoluta o come una semplice macchina da scrivere, possiamo comprendere quanto tempo è passato. Nessuno oggi penserebbe a un PC o a un tablet se non collegati in rete. Lo stesso ragionamento vale per quanto riguarda gli oggetti che utilizziamo: la rete sarà pervasiva. Dall’automobile, agli strumenti domestici, ai sistemi di sicurezza, al confort, al monitoraggio dei sistemi energetici, per non parlare degli ambienti lavorativi, la governance di tutto sarà digitalizzata e immersa nella rete. Stiamo parlando di un fenomeno che non riguarderà “solo” miliardi di persone ma migliaia di miliardi di oggetti e strumenti tra loro collegati, che “dialogheranno”.

Pensa che le nuove dinamiche sempre più spinte sulla virtualizzazione delle applicazioni e dei servizi, ovvero di quello che si chiama cloud compunting, costringeranno a cambiamenti di gestione e fruizione delle reti?

Il cloud viene oggi prevalentemente utilizzato per i servizi alle aziende ed è un veicolo importante che consente di dare alle imprese in real time capacità elaborative e di acquisizione dei dati, risorse che sono molto costose per l’universo IT. Anche il cloud sta entrando all’interno delle nostre funzioni di rete, che si stanno progressivamente virtualizzando. Ciò consentirà, agendo sul software, di costruire un modello di rete più programmabile, più agile e anche più adattabile sulla base delle offerte e dei servizi che si vogliono realizzare, oltre che più sostenibile. Saremo quindi in grado di progettare la rete “su misura”.

Quali connotazioni assumerà in Italia il fenomeno delle Smart City?

Dialogare con sensori che consentono di controllare vari elementi di rete nella dimensione urbana, dai lampioni intelligenti alle risorse idriche, ai consumi del gas e della energia, sarà una rivoluzione che sperimenteremo in tempi brevi. Si apre uno scenario stimolante su cui TILab sta lavorando con diversi partner industriali e accademici. Abbiamo molti progetti in campo anche in ottica “Horizon 2020”, che sono in fase di ottimizzazione e di pre-lancio commerciale. Finiremo col trasformare non solo le pareti di casa, ma anche le nostre stesse città in ambienti intelligenti, che sarà di una straordinaria piacevolezza frequentare.

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