Una nuova macchina da perfusione consente di conservare in vita i fegati espiantati molto più a lungo di ora. E anche di curarli
Rhiannon Williams
Secondo uno studio apparso su “Nature Biotechnology”, un paziente che ha ricevuto un fegato donato che era stato conservato per tre giorni in un nuovo tipo di macchina che imita il corpo umano è sano un anno dopo l’intervento chirurgico. La tecnologia potrebbe aumentare significativamente il numero di fegati idonei al trapianto, affermano gli autori, sia consentendo di preservare gli organi più a lungo rispetto allo standard attuale, sia consentendo di riparare i fegati già disponibili, ma troppo danneggiati per essere trapiantati nello stato in cui si trovano.
Un team dell’ospedale universitario di Zurigo, guidato da Pierre-Alain Clavien, professore del Dipartimento di Chirurgia, ha conservato il fegato in una macchina che ricrea alcune delle condizioni all’interno del corpo umano: livelli di pressione simili e una temperatura di 37°C. La macchina ha eliminato il liquido rimasto all’interno del fegato e ha monitorato la produzione di bile e proteine. Ha anche fornito al fegato antibiotici e un farmaco antimicotico per curare un’infezione che normalmente avrebbe significato l’impossibilità di utilizzarlo per la donazione.
Il fegato del donatore, che apparteneva a una donna di 29 anni, era stato rifiutato da tutti gli altri centri trapianti perché aveva una lesione. Accertarne la natura benigna o meno avrebbe richiesto 24 ore, più tempo dell’attuale finestra massima tra donazione e trapianto. La tecnica descritta nello studio ha offerto ai medici il tempo per una biopsia e un trattamento efficace della lesione. Questo metodo potrebbe consentire ai medici di trapiantare altri fegati con problemi simili, salvando potenzialmente più vite.
“Negli Stati Uniti, il 70 per cento dei fegati dei donatori non viene utilizzato. “Non credo riusciremo a recuperarli tutti”, dice Clavien, “ma è un passo avanti di grande importanza salvare gli organi a disposizione”. Una volta prelevati dal donatore, i fegati vengono solitamente conservati in ghiaccio per un massimo di 12 ore per evitare che le cellule vengano danneggiate dal freddo, il che ridurrebbe le possibilità di successo del trapianto. Questa finestra stretta rende difficile abbinare gli organi alle persone che necessitano di un donatore di fegato, il che significa che molti pazienti muoiono prima che se ne possa trovare uno.
Anche se sono necessarie ulteriori ricerche, il team ritiene che la nuova tecnica potrebbe consentire di conservare in sicurezza i fegati dei donatori per 12 giorni. Se funziona, potrebbe anche aumentare la probabilità di trattare i fegati di donatori con farmaci prima dell’intervento chirurgico. Nel caso del ricevente maschio di 62 anni erano presenti diverse gravi malattie del fegato, tra cui cirrosi avanzata e grave ipertensione portale, un aumento della pressione sanguigna in un vaso sanguigno principale che trasporta il sangue dall’intestino e dalla milza al fegato.
Una volta trapiantato nel suo corpo, il fegato ha iniziato a funzionare normalmente entro tre giorni. Il paziente ha assunto immunosoppressori per scongiurare il rischio di infezione dopo l’intervento chirurgico ed è stato dimesso dall’ospedale 12 giorni dopo l’operazione. Una valutazione un anno dopo l’intervento chirurgico non ha rilevato alcun segno di danno al fegato, lesioni o rigetto.
La domanda di trapianti di fegato è in crescita e un numero sempre maggiore di persone sta morendo di malattie epatiche, ma il numero di organi disponibili rimane limitato. Secondo il Department of Health and Human Services, ci sono oltre 11.000 persone negli Stati Uniti in attesa di un trapianto di fegato, con tempi di attesa che variano enormemente in tutto il paese.
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(rp)