Un software per intelligenze artificiali impara a creare suoi simili

Google ed altre società ritengono che software in grado di imparare ad apprendere potrebbero svolgere parte del lavoro degli esperti di intelligenze artificiali.

di Tom Simonite

I progressi con le intelligenze artificiali stanno spingendo alcune persone a credere che i software potrebbero presto rubare agli esseri umani occupazioni come la guida di mezzi pesanti. Ora, alcune fra le principali figure del settore dell’AI stanno scoprendo come creare software in grado di imparare ad assolvere una delle mansioni più complesse nel loro mestiere – la progettazione di software per l’apprendimento automatico.

In un esperimento, alcuni ricercatori del gruppo di Google Brain sono riusciti a far sviluppare a un software un sistema di apprendimento automatico in grado di eseguire un test sviluppato per i software di elaborazione del linguaggio. Il risultato conseguito dal software ha superato quelli raggiunti in precedenza dai programmi sviluppati da esseri umani.

Negli ultimi mesi, diversi gruppi hanno riportato progressi nella creazione di software di apprendimento automatico in grado di sviluppare software a loro volta. Fra questi, spiccano i ricercatori dell’istituto di ricerca no-profit OpenAI (co-fondato da Elon Musk), quelli del MIT, dell’Università della California, Berkeley, e un altro team di Google, DeepMind.

Se tecniche di auto-avviamento per intelligenze artificiali divenissero pratiche, la velocità di crescita e distribuzione di software di apprendimento automatico nell’economia globale potrebbe aumentare considerevolmente. Attualmente, le società pagano profumatamente gli esperti di apprendimento automatico.

Qualche mese fa Jeff Dean, capo del gruppo di ricerca di Google Brain, aveva accennato alla possibilità che questi esperti vedano le proprie mansioni ridotte o ricoperte da una intelligenza artificiale. Questa ipotesi sarebbe la conseguenza di quella che, secondo lui e il suo team di ricercatori, sarebbe una delle branche più promettenti del settore, da lui descritta come “apprendimento automatico automatizzato”.

“In questo momento, per risolvere un problema si ricorre a esperienza, dati e capacità di calcolo”, aveva detto in occasione della conferenza AI Frontiers di Santa Clara, in California. “Possiamo eliminare la necessità di ricorrere a tanta esperienza nel campo dell’apprendimento automatico?”

Una serie di esperimenti condotti dal gruppo DeepMind di Google sembra suggerire che la “capacità di imparare a imparare” potrebbe contribuire ad alleviare il problema per cui i software di apprendimento automatico necessitano di vaste quantità di dati inerenti particolari funzioni prima di riuscire a eseguirle correttamente.

I ricercatori hanno messo alla prova il loro software chiedendogli di creare sistemi di apprendimento dedicati a una serie di problemi differenti, ma connessi fra loro, come la navigazione attraverso dei labirinti. Il software è riuscito a elaborare dei modelli che hanno dimostrato capacità di generalizzare e assolvere nuove funzioni con tempi di addestramento inferiori.

L’idea di creare software in grado di imparare a imparare circola da qualche tempo, ma i precedenti tentativi di raggiungere un simile risultato non erano riusciti a competere con le soluzioni elaborate da esseri umani. “È emozionante”, commenta Yoshua Bengio, un professore dell’Università di Montreal, che aveva esplorato l’idea negli anni ’90.

Bengio sostiene che l’attuale capacità di calcolo, e l’avvento della tecnica conosciuta come apprendimento approfondito (vedi “Le magnifiche 10, Odissea nel cervello”), che negli ultimi anni ha contribuito al rinnovato interesse nell’intelligenza artificiale, sono la chiave al funzionamento di questo approccio. Allo stesso tempo, però, Bengio precisa che le capacità di calcolo necessarie non sono ancora talmente raggiungibili da risultare pratiche e permettere di sostituire gli esperti di apprendimento automatico.

I ricercatori di Google Brain hanno utilizzato 800 processori grafici per alimentare il software che ha elaborato i sistemi di riconoscimento visivo che hanno battuto quelli progettati da esseri umani.

Secondo Otkrist Gupta, un ricercatore del MIT Media Lab, le cose cambieranno presto. Assieme ad altri suoi colleghi del MIT, infatti, renderà open-source il software sviluppato durante esperimenti in cui la macchina aveva progettato sistemi di apprendimento approfondito capaci di competere con quelli sviluppati da umani in test di riconoscimento degli oggetti.

Gupta è stato colto da questa ispirazione dopo aver trascorso ore ed ore a progettare e testare modelli di apprendimento automatico. La sua idea è che società e ricercatori abbiano buone ragioni per cercare di identificare soluzioni che permettano di rendere pratico l’apprendimento automatico automatizzato.

“Una semplificazione del lavoro svolto dagli scienziati comporterebbe notevoli vantaggi”, dice. “Migliorerebbe la produttività, la qualità dei modelli, e libererebbe del tempo che potrebbe essere dedicato all’esplorazione di idee ancor più innovative”.

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