Una nuova tecnologia per concentrare la luce solare potrà rendere questa fonte energetica concorrenziale rispetto ai combustibili fossili.
di Kevin Bullis
Nel suo laboratorio oscurato, Marc Baldo punta una lampada a ultravioletti su una lastra quadrata di vetro di 10 centimetri per lato. Egli ha ricoperto le superfici del vetro con coloranti che brillano debolmente d’arancione sotto la luce. Tuttavia i bordi non rivestiti del vetro si accendono di un colore molto più intenso, quattro sottili strisce, ben delineate, di arancione luminescente.
La lastra di vetro è un nuovo tipo di concentratore solare, un dispositivo che raccoglie la luce diffusa e la fa convergere su una cella solare relativamente piccola. Le celle solari, congegni elettronici multistrato composti di silicio altamente purificato, sono costose da produrre e la loro grandezza è direttamente proporzionale al loro prezzo. I concentratori solari possono abbassare il costo complessivo dell’energia solare, rendendo possibile l’uso di celle molto più piccole. Ma i concentratori sono in genere realizzati con lenti o specchi ricurvi, che occupano molto spazio e richiedono sistemi meccanici costosi per seguire il corso del sole.
A differenza degli specchi e delle lenti dei concentratori solari tradizionali, le lastre di vetro di Baldo funzionano come guide d’onda, convogliando la luce nello stesso modo in cui i cavi a fibra ottica trasmettono i segnali ottici sulle lunghe distanze. I coloranti che ricoprono le superfici del vetro assorbono la luce solare; si possono usare coloranti differenti per assorbire diverse lunghezze d’onda luminose. I coloranti riemettono poi la luce all’interno del vetro, che la incanala verso i bordi. Le strisce di celle solari legate ai bordi assorbono la luce e generano elettricità. Più larga è la superficie del vetro in confronto allo spessore dei bordi, maggiore sarà la concentrazione di luce e minore il costo dell’energia.
Baldo, professore associato di ingegneria elettrotecnica, ha di recente pubblicato le sue ricerche su “Science”. Sulla base dei suoi lavori, Baldo prevede che i suoi concentratori solari potranno essere abbastanza grandi da generare elettricità in grado di competere con quella ricavata dai combustibili fossili. In realtà, sostiene Baldo, i pannelli equipaggiati con i concentratori “potrebbero rappresentare la forma più economica di tecnologia solare”.
L’ingrediente segreto
Il processo di creazione dei concentratori solari comincia in un altro laboratorio. Un ricercatore postdoc, Shalom Goffri, prende alcune bottiglie piene di polveri per coloranti da un armadietto e ne distribuisce il contenuto in piccole boccette. Alcuni dei coloranti si usano in genere per verniciare le automobili; altri vengono utilizzati nei diodi organici a emissione luminosa. Entrambi i tipi di coloranti possono durare per anni se esposti al sole, una qualità essenziale per i concentratori solari. Una volta distribuite le polveri, Goffri aggiunge un solvente a ognuna per dare vita a un inchiostro liquido.
Il passo successivo avviene all’interno di un contenitore sigillato, in modo che Goffri non inali i solventi necessari alla produzione dei coloranti. Con dei guanti neri e spessi, montati nel contenitore di vetro, Goffri mescola attentamente i differenti inchiostri. La determinazione della giusta combinazione di inchiostri ha risolto un problema fondamentale che i ricercatori hanno dovuto affrontare con questo tipo di concentratore solare. Se la lastra di vetro è ricoperta con un colorante che assorbe la luce solare nella gamma, per esempio, dal verde al blu dello spettro solare ed emette luce della stessa lunghezza d’onda, la luce emessa sarà riassorbita velocemente dal colorante e ben poca raggiungerà i bordi del vetro. Il problema ha limitato la grandezza di questi concentratori solari, poiché più lontani sono i bordi, meno luce arriverà.
Usando una serie di combinazioni di coloranti con altre molecole che assorbono luce, Baldo produce rivestimenti che assorbono un colore, ma ne emettono un altro. La luce emessa non viene rapidamente riassorbita dai rivestimenti, pertanto gran parte di essa raggiunge i bordi della lastra di vetro.
I rivestimenti di Goffri assorbono ultravioletto attraverso la luce verde ed emettono luce arancione. Dopo aver preparato la miscela finale, Goffri ne versa una piccola quantità su un quadrato di vetro largo 10 centimetri, il più grande che può inserire in un apparecchio che fa ruotare il vetro a 2.000 giri al minuto per diffondere l’inchiostro uniformemente. In un minuto o due, il solvente evapora e il processo è completo. Il concentratore solare, con il suo rivestimento di colorante arancione, è pronto.
Il prototipo
Per generare elettricità, Goffri collega il concentratore solare alle celle solari. In questo modo sta allestendo un cosiddetto modulo solare in tandem, vale a dire un pannello solare che usa due tipi differenti di celle per catturare più energia dalla luce solare di quanta ne potrebbe catturare un singolo tipo. Diverse lunghezze d’onda di luce solare possiedono diverse quantità di energia; la luce ultravioletta ne ha di più, quella a infrarossi di meno. Le celle solari sono ottimizzate a seconda dei colori. Una destinata a convertire la luce a infrarossi in elettricità, per esempio, trasformerà gran parte dell’energia della luce blu in calore residuo. Allo stesso modo, la luce rossa passerà attraverso una cella solare ottimizzata per la luce blu ad alta energia senza essere assorbita. Teoricamente, le celle solari per differenti lunghezze d’onda dovrebbero usarsi in combinazione per raccogliere la maggior quantità di luce solare, ma questo approccio è spesso troppo costoso per essere preso in considerazione.
I concentratori di Baldo offrono un sistema economico per mettere insieme le celle solari ottimizzate per diverse lunghezze d’onda di luce: differenti rivestimenti colorati si possono accoppiare con più tipi di celle solari nello stesso apparecchio. Per creare un prototipo, Goffri prende un tipo di cella solare adatta ai colori ad alta energia e la incolla all’interno di una cornice di plastica; poi fa scivolare il concentratore nella cornice in modo che i suoi bordi siano allineati alle celle. Il concentratore cattura le luci ultraviolette, blu e verdi ed emette luce arancione che le celle convertono in elettricità. La luce a bassa energia, dal rosso e infrarosso all’estremità dello spettro, passa attraverso il concentratore solare allo strato successivo. Nel prototipo, lo strato successivo è una tradizionale cella solare di silicio a grandezza naturale che non è legata a un concentratore solare.
Il prototipo, sostiene Baldo, è in grado di convertire in elettricità almeno il doppio di energia dalla luce solare rispetto a una cella normale, a patto che il concentratore sia all’incirca di 30 centimetri quadrati. Ciò significa un risparmio del 30 per cento sul costo dell’elettricità solare.
In futuro, ritiene Baldo, si potrà fare ancora meglio. Egli non utilizza un concentratore per la luce a infrarossi perché, fino a oggi, non esistono coloranti adatti per catturare questa lunghezza d’onda. Ma è fiducioso che questi coloranti saranno disponibili in tempi rapidi. Quando ciò accadrà, Baldo potrà aggiungere un secondo concentratore, con un modesto costo aggiuntivo, e sostituire la cella solare di silicio a grandezza naturale con celle più piccole ed economiche unite ai bordi del concentratore. Se il costo del fotovoltaico diminuirà nei prossimi anni, come previsto, il suo sistema, sostiene Baldo, potrà consentire di produrre energia solare a costi contenuti, simili a quelli dell’elettricità da carbone.
C’è ancora molto lavoro da fare in laboratorio, come incrementare la gamma di colori che i concentratori possono assorbire, rendendo così possibile adattarli a specifiche porzioni dello spettro. Ma Baldo è convinto che sia arrivato il momento di portare la tecnologia sul mercato, fuori dal laboratorio. Insieme ai suoi colleghi ha fondato un’azienda di nome Covalent Solar, che ha iniziato a raccogliere fondi. L’azienda, che ha sede a Cambridge, in Massachusetts, prevede di distribuire i primi prodotti – probabilmente i moduli solari in tandem – entro tre anni.