Tre domande su Libra

Il lancio della nuova moneta digitale di Facebook è un evento di portata storica, ma rimangono alcuni problemi da risolvere.

di Mike Orcutt

Dopo tante indiscrezioni, Facebook ha ufficializzato Libra, la sua moneta elettronica. L’annuncio ha creato una spaccatura verticale tra i sostenitori dei sistemi di criptovalute. Alcuni pensano che sia un evento positivo per l’industria delle criptovalute, altri obiettano la scelta da parte di una grande azienda di una tecnologia che potrebbe rivelarsi controproducente. Altri ancora dicono che non si sta neanche parlando di una vera criptovaluta. Per fare chiarezza sul clamore suscitato dalla moneta digitale, vale la pena di rispondere a tre domande fondamentali.

La Libra è davvero una criptovaluta?

La risposta dipende da cosa si intende per criptovaluta. La struttura di Libra è basata sulla tecnologia blockchain, ma sarà ben diversa dai Bitcoin. Per cominciare, non sarà una risorsa puramente digitale con un valore fluttuante e avrà un valore stabile. Come altre stablecoin, sarà “sostenuta da un paniere di depositi bancari e tesorerie di banche centrali affidabili”, come si evince da “The Libra Blockchain”, un documento sottoscritto da decine di esperti che descrive il progetto.

Inoltre, la rete dei Bitcoin è senza autorizzazioni, o pubblica, il che significa che chiunque abbia una connessione Internet e il computer adatto può eseguire il software in rete, aiutare a convalidare nuove transazioni ed “emanare” nuove monete, aggiungendo transazioni alla catena. La rete di computer garantisce la protezione dei dati da attacchi manipolatori.

La rete di Libra non funzionerà in questo modo. Nel suo caso, l’esecuzione di un “nodo di validazione” richiede l’autorizzazione. In questa fase d’avvio, Facebook ha firmato accordi con decine di aziende – tra cui Mastercard, Visa, PayPal, Uber, Lyft, Vodafone, Spotify, eBay e MercadoLibre, la popolare azienda di e-commerce argentino – per partecipare alla rete che convaliderà le transazioni. Ognuno di questi “membri fondatori” ha investito circa 10 milioni di dollari nel progetto.

Tutto ciò è in contrasto con l’ideologia pro-decentramento diffusa tra i sostenitori delle criptovalute. Il sistema distribuito delle reti pubbliche come Bitcoin ed Ethereum offre per molti “ortodossi” una garanzia essenziale per qualsiasi criptovaluta: l’impermeabilità alla censura. Reti come quella che Facebook propone per Libra sono più vulnerabili alla censura e soggette a forme di centralizzazione, dal momento che hanno un numero relativamente piccolo e limitato di parti interessate, difficilmente in grado di organizzarsi.

Ma questo è solo un “punto di partenza”, afferma Facebook. “La nostra ambizione è che la rete Libra diventi un sistema senza autorizzazioni”, scrivono gli esperti di The Libra Association, che hanno redatto il documento di presentazione di Libra. “La sfida è che fino a oggi non vediamo alcuna soluzione comprovata in grado di fornire le dimensioni, la stabilità e la sicurezza necessarie per supportare miliardi di persone e transazioni in tutto il mondo attraverso una rete senza autorizzazioni”.

Qual è il rapporto tra Libra e le blockchain?

Si sta parlando del classico problema della scalabilità. Le attuali blockchain pubbliche utilizzano grandi quantità di energia e transazioni di processo lente per rispondere al flusso della domanda. Si tratta, probabilmente, del più grande ostacolo all’adozione di criptovalute. È per questo che Facebook ha scelto di non utilizzare la “prova di lavoro”, il processo che Bitcoin utilizza per raggiungere un accordo tra i nodi della rete blockchain, lamentandone le “scarse prestazioni e gli alti costi energetici e ambientali”.

Il problema della scalabilità è anche il motivo per cui i ricercatori di Ethereum stanno lavorando a un sistema alternativo alla prova di lavoro, il cosiddetto proof of stake, un protocollo per la messa in sicurezza della rete. Invece di fornire grandi quantità di potenza di calcolo alla rete, come fanno i “minatori” nei sistemi di prova del lavoro, i validatori del proof of stake contribuiscono con grandi quantità di denaro. In questo modello, più grande è la partecipazione, ovvero lo stake, maggiori sono le probabilità che non si stia violando il sistema. Vale a dire, più un individuo è esposto alla criptovaluta, più è probabile che si comporti in modo corretto.

Ma l’implementazione di questo sistema appare complessa e probabilmente ci vorranno anni prima che Ethereum sia pronta a fare questo passaggio. Facebook, nel frattempo, ha creato la Libra Association, un consorzio che include i validatori di rete, per governare e sviluppare il sistema.

I ricercatori di Libra saranno realmente in grado di accelerare lo sviluppo del proof of stake? Ethereum rivendica di essere un’organizzazione decentrata che rifugge la struttura aziendale, ma ciò ha reso difficile il raggiungimento di traguardi tecnologici. Uno dei primi obiettivi della Libra Association è facilitare la transizione a un sistema senza autorizzazioni. 

Secondo il White Paper dell’associazione, ciò comporterà l’adozione del proof of stake, abbandonando il protocollo di consenso più convenzionale di questa fase iniziale. La transizione dovrebbe compiersi in cinque anni; è comunque da sottolineare che al momento del lancio, il suo sistema di autorizzazioni sarà in grado di elaborare 1.000 transazioni al secondo, molto più velocemente di Bitcoin, che può elaborarne solo poche al secondo.

Cosa ci guadagna Facebook?

La risposta alla domanda che tutti si fanno non è ancora chiara. David Marcus, che ha supervisionato il progetto Libra per Facebook, ha dichiarato a Decrypt che i dati finanziari e sociali non saranno “mescolati” e che gli utenti potranno tenere separati i loro portafogli digitali dai loro profili Facebook. Ha anche smentito le voci secondo cui la partecipazione delle altre aziende per un valore di 10 milioni di dollari a testa sia legata all’accesso ai dati delle transazioni.

Quindi, come farà Facebook a fare soldi? E qual è l’incentivo economico per chi si presta a diventare nodo di validazione, che Libra vuole portare da 28 a 100 nel momento in cui la moneta partirà nel 2020? Una spiegazione potrebbe essere legata alle entrate delle spese di transazione. Se la valuta prenderà piede, Facebook avrà un’ulteriore espansione, e in teoria le aziende che partecipano alla rete vedranno nascere nuovi tipi di opportunità commerciali.

Questo è un grande se, però. Numerosi progetti blockchain tanto pubblicizzati non sono riusciti a rispondere alle aspettative e, nonostante molti tentativi, nessuno è ancora riuscito a convincere i consumatori tradizionali a utilizzare la criptovaluta per pagare gli acquisti. In tal senso, il valore potrebbe nascere dai miliardi di utenti su Facebook, WhatsApp e Instagram.

Far funzionare la rete è solo una parte della battaglia. Lo sviluppo successivo richiederà l’implementazione di un sistema equo di governance che dovrà confrontarsi con una complessità finora sconosciuta alle comunità blockchain. Un altro problema sarà quello di fornire agli utenti una spinta motivazionale molto alta affinché acquistino e spendano la moneta.

Oltre a tutto ciò, quanto è realmente convinta Facebook di attuare il decentramento e di diventare una “vera” criptovaluta? C’è chi sostiene che tutta l’attenzione posta alla problematica della decentralizzazione altro non sia che un modo dell’azienda per far dimenticare la triste vicenda del mancato rispetto della privacy dei dati. 

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