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Leonardo.Ai/MIT TR Italia

Siamo nel pieno di una rivoluzione che, partendo da hardware e software, punta a cambiare il paradigma di diversi settori.

Per addentrarci nel mondo del calcolo quantistico, è necessario fare chiarezza su alcuni punti fondamentali. Ad aiutarci alla scoperta di quella che promette di essere una vera rivoluzione è Massimo Carnelos, Capo dell’Ufficio Innovazione tecnologica e Startup del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.

Cos’è il Quantum Computing e perché è ritenuta una rivoluzione nel settore del calcolo computazionale?

Il Quantum Computing (QC) utilizza i principi della fisica quantistica per immagazzinare, computare e processare dati; in pratica, sfrutta la “superposizione”, concetto fondamentale della meccanica quantistica che afferma come un sistema possa esistere in più stati contemporaneamente. Questo significa che una particella (o un bit, nel nostro caso il qubit) può rappresentare più valori allo stesso tempo. In relazione ai computer, potremmo avere simultaneamente lo stato di aperto e chiuso (on/off, relativo al funzionamento dei circuiti che sono il cuore dei computer), permettendo in questo modo di effettuare calcoli più rapidi ed efficienti.

Massimo Carnelos, Capo dell’Ufficio Innovazione tecnologica e Startup del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale

Massimo Carnelos

Il problema, ancora non risolto, è che questi qubits devono essere isolati dall’ambiente esterno ai fini di raggiungere uno stato di superposizione definita come “coerente”. Ad oggi, i qubits raggiungono uno stato di decoerenza prima di aver completato il calcolo; è per questo che non abbiamo ancora formalmente un computer quantistico, ma una sorta di “sottoprodotto” definito tecnicamente “noisy intermediate-scale quantum” (NISQ).

Difficile dire quando sarà disponibile un primo, vero computer quantistico; alcuni dicono il 2027, c’è chi dice prima, chi dopo. Gli sforzi da questo punto di vista sono enormi, sia sotto il profilo della ricerca che quello industriale, e qui i protagonisti sono ancora alcune Big Tech (come la IBM, che ha da anni un progetto molto ambizioso) e alcune altre aziende. Le Big Tech hanno del resto cominciato a offrire prodotti quali “Quantum as a Service” (QaaS), come ad esempio Microsoft, che consentono l’accesso ad hardware realizzati da altre aziende come IonQ, Toshiba, Honeywell (esistono circa una ventina di operatori che forniscono tale accesso, tramite cloud, a piccoli prototipi di computer quantistici).

Come si stanno muovendo le grandi nazioni su questo tema?

Il Quantum è già da decenni focus di grandi paesi. I principali mercati, sotto il profilo degli investimenti, sono il Nord America (Stati Uniti in primis ma anche il Canada), la Cina e l’Europa, con in prima fila Regno Unito, Germania e Francia. In tutti questi paesi a dominare è ancora l’investimento pubblico.

Dati i suoi dirompenti effetti, il Quantum è uno dei terreni dove si sta giocando la competizione per la supremazia tecnologica globale. Il confronto qui è, evidentemente, tra USA e Cina, con i primi ancora in posizione di primato assoluto, e la Cina in grande recupero ma ancora a molta distanza, soprattutto in fase di applicazione e investimenti privati.

Proprio la rilevanza che tale tecnologia ha per la sicurezza nazionale e in modo più specifico in campo militare, molti paesi da anni hanno adottato vere e proprie strategie quantistiche. Anche la NATO ha approvato, a inizio di quest’anno, una Strategia sul Quantum e, successivamente, ha costituito una Transatlantic Quantum Community per lo scambio di informazioni, lo sviluppo di azioni e progetti congiunti e la formazione. Si propone qui un approccio coordinato per prepararsi alle sfide delle tecnologie quantum, ma anche un modo per coglierne le opportunità. Da qui l’intento di coinvolgere, da parte della NATO e dei suoi membri, il mondo della ricerca, dell’università e dei privati

Ai fini di una stima dell’ecosistema quantum globale, è interessante guardare ai numeri, partendo da quanto prodotto dall’Osservatorio del Politecnico di Milano su Quantum Computing & Communication. Vengono rilevati circa 250 operatori nella filiera tecnologica del Quantum Computing (il 30% afferenti al mondo digitale tradizionale, il 70% a nuove realtà; e il 59% di queste sono startup), operanti sull’intero stack tecnologico: hardware e componenti annessi, piattaforme di sviluppo, software e algoritmi. Gli investimenti degli ultimi 5 anni (dati a giugno 2023) erano di 4.6 miliardi di dollari, prevalente sull’hardware (60 aziende dedite soprattutto all’architettura quantica), con il settore privato che cuba circa 800-900 milioni.

Da sottolineare è proprio l’eterogeneità tecnologica con riferimento all’hardware, il che rende incerto quale sarà la tecnologia (o le tecnologie) vincenti. Se ne contano circa sette: spin-based, ion-trap, neutral/cold atoms, topological material, nitrogen vacancy, superconducting, photonics. La soluzione superconducting sembra la più utilizzata, sempre secondo il Politecnico di Milano; stessa cosa guardando alle pubblicazioni scientifiche e ai brevetti. Ma certo, il mercato infrastrutturale è ancora in fase prototipale.

Secondo altre proiezioni, nel 2025 il mercato del Quantum Computing dovrebbe muovere tra 1 e 5 miliardi di dollari; ma per fare delle proiezioni più attendibili, bisogna guardare i dati della domanda (PoC, idee progettuali, partnership esplorative) e quello dell’offerta.

L’Italia che ruolo ha o potrebbe avere in questa rivoluzione?

L’Italia è in forte ritardo, dato che di fatto ha cominciato a muovere i primi passi nella creazione di un ecosistema nazionale del quantum solo dal 2023; soprattutto grazie a fondi di R&S derivanti in buona parte dal PNRR (140 milioni).

I due progetti principali sono quello relativo al Centro Nazionale HPC, Big Data e QC nell’ambito dei 5 centri nazionali istituiti con il PNRR; si tratta di una rete di collaborazioni tra centri di ricerca, università e aziende per sviluppare sia hardware che software. L’altro progetto è il partenariato esteso National Quantum Science and Technology Insitutte (NQSTI) con 116 milioni in tre anni, che prevede azioni che vanno dalla ricerca fondamentale (Quantum Science) al Technology Transfer, fino alla formazione.

Sul versante privato si comincia a registrare l’interesse di alcune grandi (direi grandissime) aziende del nostro paese, ma siamo ancora in una fase primordiale. Il problema è l’incertezza tecnologica e quella relativa ai tempi prima di poter ottenere un rendimento, il che rallenta possibili investimenti privati. In Italia (come del resto altrove) domina l’investimento pubblico; ma la distanza rispetto ai nostri principali partners rimane ampia: la Germania ha stanziato 3 miliardi tra 2018 e 2028; la Francia e il Regno Unito hanno allocazioni risorse che vanno ben oltre il miliardo di euro.

Guardando al lato dell’offerta di tecnologie quantistiche, a parte alcune grandi aziende internazionali, nel nostro paese non si va molte oltre ad alcune startup (una decina, o forse poco più), prevalentemente spinoff universitari. Mentre è proprio il mondo della ricerca (soprattuto accademica e dei centri di ricerca pubblica come il CNR) a fare la parte del leone nello sviluppo di conoscenze e tecnologie quantistiche.

Ma questo può essere il nostro vero valore aggiunto, che ci potrebbe consentire di essere nella serie A del Quantum internazionale; giocando però in squadra con l’Europa, perché è difficile immaginare un ruolo autonomo dell’Italia (sia in ambito ricerca, che innovazione) isolata dalla UE: nel confronto tra titani (leggi USA e Cina), la UE ha chances solo se si muove unita. Quindi, pur partendo da una situazione di debolezza, la filiera quantistica nazionale è interessante sotto il profilo del potenziale, a cominciare proprio dal patrimonio accademico (che è frutto della grande storia italiana nel mondo della fisica teoretica e applicata). I nomi li conosciamo: Università di Padova, di Trieste, Pisa e tutti i Dipartimenti di Fisica di numerosi atenei. Si tratta di fucine di conoscenza e sperimentazione, che sfornano professionisti di grandi competenze, che però rischiamo di perdere se non trovano sbocchi in opportunità aziendali. È per questo che servono investimenti pubblici importanti per creare una filiera nazionale dell’offerta, che si affianchi a un’opera di sensibilizzazione sulle aziende circa l’importanza delle trasformazioni che saranno indotte dall’arrivo di tecnologie quantistiche (e così facendo, generare una crescita dal lato della domanda). Nel contempo serve più finanza venture con un livello di tolleranza al rischio più elevata del normale (anche rispetto gli standard del capitale di ventura). Ci sono, del resto, alcune startup assai interessanti per il panorama italiano, tutte di recente costituzione e dalle grandi prospettive. Come detto, si tratta prevalentemente di spin off di progetti università o di ricerca pubblica. Sono ancora poche però.

Leonardo.Ai/MIT TR Italia

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Da un punto di vista pratico, quale sarebbe l’impatto che questa tecnologia avrebbe nella vita di tutti i giorni?

L’impatto delle tecnologie quantistiche è pervasivo. Non c’è, infatti, soltanto il Quantum Computing, ovvero la computazione, e quindi l’accelerazione e l’ottimizzazione di tutti quei processi digitali che dominano tutto ciò che facciamo (da questo punto di vista, il Quantum è esso stesso una general-purpose technology; ovvero una tecnologia abilitante altrettanto pervasiva se non superiore a quella dell’intelligenza artificiale).

Esistono la simulazione quantistica, la comunicazione quantistica, la sensistica quantistica. Le tecnologie quantistiche si fondano sui principi della meccanica quantistica e riguardano pertanto il comportamento della realtà a livello subatomico. Le applicazioni innovative sono di conseguenza innumerevoli, con un impatto economico dirompente: dalle comunicazioni alla cybersecurity, dalla salute all’energia, dalla biomedicina e le biotecnologie ai trasporti, dai servizi finanziari alla scoperta di nuovi materiali, dalla produzione di nuovi farmaci alle batterie. Ed è proprio osservando la domanda di progetti relativi al quantum che possiamo prefigurare l’impatto sui vari settori economici e della vita sociale: la finanza (banche e assicurazioni), l’industria automobilistica, la difesa e l’aerospazio, il settore chimico e quello farmaceutico, la logistica, l’energia, il manifatturiero.

Per capire la trasformazione di paradigmatica del quantum, prendiamo ad esempio la cybersicurezza e l’industria crittografica nelle comunicazioni digitali. Le comuni forme di crittografia asimmetrica (ovvero con chiave pubblica e chiave privata) si basano sull’incapacità, per i normali computer, di risolvere velocemente problemi matematici complessi, ovvero la fattorizzazione di numeri interi, in modo particolare di numeri primi. Tali problemi matematici sono alla base degli algoritmi più utilizzati nel mondo crittografico: come il RSA o Diffie-Helman, che sono dietro alla trasmissione, in sicurezza, di messaggi, di e-mail, di pagamenti con il Pos, ecc.

Già dal 1994, con l’algoritmo di Shor è stato dimostrato, in teoria, che questi complessi problemi di fattorizzazione possono essere risolti, ma solo in presenza di computer quantistici, che ad oggi ancora non ci sono. Da qui, due possibili soluzioni alle quali si sta lavorando prima della commercializzazione dei computer quantistici: ovvero i sistemi di Quantum Key Distribution e gli standard di Post Quantum Cryptography. Come detto le risorse necessarie per far funzionare l’algoritmo di Shor vanno oltre le attuali macchine quantistiche, che abbiamo chiamate “noisy intermediate-scale quantum” (NISQ); ma è evidente che si tratta di una corsa contro il tempo. Per i privati, e soprattutto per i Governi, diventa imperativo definire una strategia Post Quantum.

Per quanto riguarda il mercato, cosa comporterebbe questo switch di tecnologia?

La rivoluzione quantistica, avrà effetti dirompenti. Siamo dinanzi all’inizio di una nuova era, nella quale la possibilità di eseguire operazioni computazionali esponenzialmente più complesse rispetto ai sistemi attuali potrebbe portare benefici sconfinati. Oltre all’ottimizzazione di molti processi, pensiamo alla simulazione di scenari, alla scoperta di nuovi farmaci e terapie, a nuove capacità diagnostiche, alla creazione di nuovi e avanzati materiali, alla modellizzazione della terra e dei suoi cambiamenti per contrastare e mitigare gli effetti climalteranti, al riconoscimento di patterns e alla classificazione per tutti le funzioni previsionali (a cominciare nella intelligenza artificiale).

In conclusione, le opportunità economiche sono colossali. Ma lo sono anche gli effetti sugli assetti geostrategici e geopolitici, con l’insorgere di nuovi potenziali rischi. La parola d’ordine diventa pertanto Quantum Readiness, sia per i Governi che per i privati.

Anche il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale si sta adattando a queste profonde trasformazioni. L’Unità per l’innovazione tecnologica e la sicurezza cibernetica della Segreteria Generale, ad esempio, assicura l’indirizzo e il coordinamento delle attività in queste materie con riferimento agli aspetti di governance e coordinamento internazionale; mentre la Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese segue gli aspetti di sostegno alla crescita internazionale dei nostri operatori economici e del mondo della ricerca. Proprio all’interno di quest’ultima Direzione opera l’Ufficio Innovazione tecnologica e start-up (che dirigo), che si occupa della promozione internazionale degli ecosistemi dell’innovazione tecnologica, in modo particolare delle filiere delle tecnologie di frontiera come il quantum.

Sostenere l’internazionalizzazione dei nostri attori delle tecnologie emergenti significa contribuire alla crescita dei comparti economici a maggiore valore aggiunto, quelli che saranno determinanti per la crescita e la prosperità del nostro paese. L’aver unito all’interno di un singolo Ufficio il tema dell’Innovazione tecnologica (in particolare delle filiere più innovative) con il tema delle startup non è una scelta causale: è il riconoscimento che spessissimo sono proprio le startup ad avventurarsi con progetti imprenditoriali in ambiti d’avanguardia, svolgendo quindi un vero e proprio ruolo pioneristico, a partire proprio dalle tecnologie quantistiche.

Massimo Carnelos è Capo dell’Ufficio Innovazione tecnologica e Startup del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.