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Un minuscolo sensore di movimento ispirato alla natura potrebbe aiutare piccoli droni a evitare di scontrarsi mentre ronzano in giro.

di Mike Orcutt

Un minuscolo occhio artificiale ispirato ai sistemi di visione degli insetti potrebbe aiutare piccoli droni volanti ad orientarsi e ronzare in spazi ridotti e confinati senza andare a sbattere – un passaggio fondamentale per rendere pratici questi piccoli veicoli autonomi volanti.

Negli ultimi anni, una classe emergente di minuscoli droni volanti ha preso il volo nei laboratori di ricerca pubblici e privati (vedi “Robotic Insect Takes Off“). Questi piccoli droni potrebbero servire nello spionaggio e nella sorveglianza; potrebbero anche rivelarsi utili per mansioni quali il monitoraggio di regioni colpite da un disastro o la consegna di rifornimenti agli esseri umani. Restano ancora parecchio lavoro da ultimare nello sviluppo di sistemi di navigazione miniaturizzati, in particolar modo per gli spazi confinati; Anche solo evitare le collisioni rimane una importante sfida tecnica, spiega Dario Floreano, direttore del Laboratory of Intelligent Systems presso lo Swiss Federal Institute of Technology.

Alcuni ricercatori hanno provato a risolvere il problema utilizzando videocamere digitali. Queste, però, sono ingombranti, e la necessità di contenere peso e dimensioni ha spinto i ricercatori, Floreano incluso, a guardare alla visione degli insetti in cerca di spunti. Gli insetti volanti evitano le collisioni grazie a minuscoli occhi con una risoluzione spaziale ridotta ma una elevata sensibilità ai cambiamenti nel modo in cui la luce viene riflessa quando si spostano o quando un oggetto si muove nel loro campo visivo. Il sensore presentato recentemente dal gruppo di Floreano pesa appena due milligrammi, occupa solamente due millimetri cubi ed è in grado di rilevare movimenti in condizioni che vanno da una stanza scarsamente illuminata a spazi aperti molto illuminati – con una velocità tre volte superiore rispetto agli insetti che volano rapidamente, dice Floreano.

L’occhio artificiale è composto da una lente montata su tre fotorilevatori elettronici disposti secondo una forma triangolare. Abbinando le misurazioni dei singoli fotorilevatori, il dispositivo è in grado di percepire la velocità e la direzione del movimento nel suo campo visivo.

Sono già stati sviluppati gli algoritmi per elaborare i segnali. Questi stessi algoritmi possono essere programmati all’interno di piccoli chip per elaborare informazioni quali la distanza dagli oggetti o il tempo rimanente prima di entrarvi in contatto. Uno dei punti su cui il gruppo si sta concentrando ora è l’integrazione del sistema all’interno di una “piattaforma volante molto piccola” come il quadrirotore pieghevole sviluppato recentemente dal laboratorio. a sfida, spiega Floreano, consisterà nel combinare molteplici occhi artificiali in configurazioni tali da permettere al drone di “guardarsi intorno” ed evitare le collisioni, stabilizzare la propria posizione di volo, atterrare e decollare. Secondo lui, gli occhi elementari sono particolarmente idonei per droni con un peso pari o inferiore ai 50 grammi e che non possono sollevare un carico superiore a qualche grammo.

Il sensore potrebbe servire anche ad altre applicazioni al di fuori dei robot volanti. Come dimostrazione, il gruppo ha creato quello che Floreano ha descritto come un “nastro visivo”, una toppa flessibile al cui interno sono installati diversi occhi artificiali. Questo nastro potrebbe essere attaccato a qualunque superficie ricurva, incluse altre tipologie di robot, o addirittura mobili o vestiti, dice.

(MO)