Skip to main content

Una terapia magnetica per la depressione è in fase di sperimentazione allargata

Ogni anno la depressione clinica colpisce oltre 18 milioni di americani, molti dei quali non rispondono agli antidepressivi tradizionali come Prozac e Zoloft. Ma un nuovo, promettente tipo di terapia si sta diffondendo sempre più. La tecnica, chiamata «stimolazione magnetica transcraniale», usa pulsazioni di energia magnetica per indurre correnti elettriche in specifichi regioni cerebrali. Anche se nessuno è in grado di spiegare esattamente perché funziona, i ricercatori dicono che la terapia può alleviare la depressione.

La stimolazione magnetica cerebrale è stata utilizzata sperimentalmente per anni. Mark George, un neurologo e psichiatra della Medical University of South Carolina, a Charleston, nella Carolina del Sud, sostiene che in numero limitato di prove la tecnica ha aiutato pazienti gravemente depressi, anche se in misura modesta e per brevi periodi. Questi primi risultati hanno portato all’approvazione governativa in Israele e in Canada. Ma le terapie magnetiche sono solo di recente entrate nella fase di sperimentazione umana su larga scala negli Stati Uniti. Una nuova ricerca, promossa all’inizio del 2004 e che prevede la partecipazione di centinaia di pazienti in numerosi centri, «dovrebbe essere di importanza cruciale» per ottenere l’approvazione della terapia da parte del Food and Drug Administration entro un anno o due, afferma George. «Sarebbe una vera sorpresa se la terapia non si dimostrasse efficace», egli aggiunge.

In genere un medico si serve di un potente magnete sulle regioni frontali della testa del paziente attraverso cui rilascia pulsazioni magnetiche per qualche minuto al giorno, nel corso di qualche settimana. La terapia modifica la biochimica e gli schemi di attivazione neuronali nella corteccia, la parte del cervello più vicina alla superficie. La ricerca preliminare indica che la cura influisce sull’attività genica, sui livelli di neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina e sulla formazione di proteine importanti per il sistema di segnalazione cellulare: ognuno di questi interventi potrebbe giocare un ruolo nel lenire la depressione. Inoltre, la stimolazione magnetica sembra coinvolgere alcune regioni cerebrali interconnesse, partendo dalla corteccia e arrivando al cervello profondo, dove la nuova crescita cellulare potrebbe essere importante nel regolare i diversi stati d’animo.

Un problema: i medici non hanno la certezza di stimolare le stesse aree cerebrali da paziente a paziente o da sessione a sessione. Un sistema sviluppato da Neuronetics, con sede a Malvern, in Pennsylvania, è parte integrante delle nuove sperimentazioni; esso utilizza materiali magnetici all’avanguardia per generare efficacemente pulsazioni e un sistema di posizionamento che sostiene il magnete e registra la sua posizione tridimensionalmente. Ciò significa terapie replicabili e risultati più chiari dello studio, sostiene Bruce Shook, presidente di Neuronetics.

I ricercatori stanno cominciando a comprendere come le terapie abbiano effetto sui pazienti. La psichiatra Sarah Lisanby, della Columbia University, sta facendo ricerche su un tipo di terapia magnetica in cui le crisi vengono indotte sotto anestesia. In particolare, sta confrontando i suoi risultati con quelli della terapia elettroconvulsiva, durante la quale gli elettrodi in testa forniscono stimolazioni elettriche. Oltre a notare gli effetti sulle cellule cerebrali, Lisanby ha scoperto che la terapia magnetica di crisi produce meno effetti collaterali, come la perdita della memoria, della terapia elettroconvulsiva. «L’attivazione di queste vie in tempo reale ci ha permesso di capire molto sui circuiti cerebrali coinvolti», afferma la psichiatra. Ciò consente ai medici di mettere a punto la terapia modificando posizioni, intensità e frequenza delle pulsazioni.

Uno dei principali problemi ancora non risolto è come possono essere convalidati gli effetti positivi della stimolazione cerebrale. «Ci vorrà qualche anno per capirne l’efficacia sui pazienti» nel lungo periodo, dice René Hen, un neurobiologo della Columbia University. Ma, nel frattempo, la stimolazione magnetica sta conquistando sempre più l’attenzione da parte di chi è impegnato a combattere la depressione.