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Healthily

Matteo Berlucchi è un imprenditore seriale con oltre 25 anni di esperienza nella costruzione di piattaforme digitali. Nel 2015 ha creato Healthily, chatbot IA specifico per il settore salute. Da allora lavora incessantemente per trovare i modi migliori per creare il massimo valore in questo campo.

Quali sono le potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata alla medicina?

In medicina ritengo ci sia una grandissima opportunità, diversa da quasi tutti gli altri ambiti della conoscenza e del lavoro. Questa opportunità è legata a due concetti molto importanti. Innanzitutto, la medicina non è una scienza esatta. È una cosa che ho scoperto lavorando sullo sviluppo di Healthily. Io sono un fisico e vengo da un mondo in cui la replicabilità è alla base della scienza. Pensavo che fosse lo stesso per la medicina ma ho scoperto che non è così. La medicina è molto più simile alla meccanica quantistica, tutto è probabilistico. E questo è un problema per noi esseri umani perché, quando c’è di mezzo la probabilità, si fa molta fatica a ragionarci. Questo è il primo punto che rende l’IA molto interessante in campo medico perché riesce a gestire le probabilità in maniera molto più sofisticata e automatica. Quindi, in affiancamento a un professionista, dà quella capacità di analizzare le situazioni in modo matematico probabilistico in una maniera che l’essere umano da solo non è in grado di fare. Una delle cose che ho scoperto quando abbiamo lavorato sulla nostra IA, e che fa ben comprendere il problema, è un paradosso matematico molto semplice ma in realtà molto complesso: il Monty Hall Problem. Immaginiamo un concorso a premi televisivo in cui il concorrente ha di fronte a sé tre porte. Solo dietro una delle tre porte c’è un grosso premio, mentre le altre due non nascondono nulla. Il concorrente sceglie una delle porte e il conduttore, che sa dove si trova il premio, apre una porta non vincente e fa al concorrente la domanda finale: “vuoi confermare la tua scelta o la vuoi cambiare scegliendo l’altra porta?”. Intuitivamente, l’essere umano pensa che, in fin dei conti, la probabilità non sia cambiata e la maggior parte delle persone tende a confermare la propria scelta. In realtà, usando il calcolo delle probabilità, si dimostra che, in una situazione come questa, cambiare la propria scelta raddoppia le probabilità di vincita. È una proprietà del calcolo probabilistico, il Teorema di Bayes. Questo esempio è particolarmente interessante nel settore della medicina perché è un esempio di come la probabilità di un evento cambi in base a quante informazioni vengono aggiunte. Questo non elimina la figura del medico, anzi. In medicina l’IA preferisco chiamarla Intelligenza Aumentata (Augmented Intelligence), perché c’è comunque bisogno di un professionista umano. L’IA può aiutare il medico nelle decisioni perché su questi aspetti è estremamente superiore alla mente umana nella valutazione delle probabilità.

Matteo Berlucchi

Il secondo concetto importante riguarda la salute pubblica. C’è una situazione, a livello globale, in cui la carenza di personale medico è endemica in tutti i Paesi del mondo. Molto più accentuata nei paesi emergenti ma anche molto grave in quelli sviluppati. E i trend sono tutti a sfavore di un equilibrio tra domanda e offerta, perché la popolazione continua a crescere; la vita media si allunga e più si invecchia più si ha necessità di cure mediche; si affacciano sempre nuove malattie. Quindi, da un lato c’è una domanda che continua a crescere in maniera inflazionaria; dall’altro, il numero di professionisti della salute non solo non cresce allo stesso ritmo ma, addirittura, sta diminuendo in termini assoluti. Questo accade perché oggi la scelta di fare il medico, tra le nuove generazioni, non è molto popolare. C’è sempre una certa barriera di ingresso alla professione, ma anche il rapporto tra studenti di medicina e docenti è in calo. Manca il numero di docenti necessario. Anche per questo problema enorme, che è misurato da un indice che riporta il numero di pazienti per ciascun medico in varie parti del mondo, l’intelligenza artificiale potrebbe venire in aiuto. Un medico, assistito da un software di IA, dovrebbe poter aumentare considerevolmente la capacità di offrire servizi. Se un medico, oggi, può servire 1500 pazienti da solo, magari con l’ausilio dell’IA ne potrebbe servire 3000 o di più.

Esempi concreti di come l’intelligenza artificiale può supportare i professionisti della salute?

Innanzitutto, è importante partire dal bisogno del paziente. I pazienti hanno un range di necessità di tipo medico. Porto due esempi di progetti sui quali stiamo lavorando proprio in questo periodo con Healthily.

Il primo parte dai dati che abbiamo rilevato in Inghilterra, in cui i 10 principali motivi per i quali un cittadino si rivolge al medico di base riguardano malattie semplici, di minore entità. Parliamo di cose come il raffreddore, l’eritema, il mal di schiena. Insomma, niente di grave. Durante queste interazioni medico-paziente, i pazienti si confrontano con il medico e tornano a casa con informazioni e indicazioni. Quindi, alla fine, interazioni di questo genere, che sono molto costose e anche numericamente molto rilevanti, si risolvono solo con una condivisione di informazioni e di indicazioni. Noi stiamo lavorando a un sistema con l’intelligenza artificiale per dare le prime informazioni all’utente, ovviamente valide da un punto di vista medico e non “inventate” dalla Generative AI (LLM). In questo modo molte delle interazioni medico-paziente potrebbero essere evitate completamente perché le informazioni e indicazioni fornite dalla IA sono più che sufficienti. Una sorta di Q&A, verificato e valido da un punto di vista medico, per i pazienti. Una cosa molto diversa da quello che accade oggi, in cui se si cerca qualcosa di medico su un motore di ricerca, si trovano milioni di informazioni e link e il paziente, che non è un esperto in medicina, non è in grado di trovare in tutte queste informazioni la risposta che fa al caso suo. Questa è una prima applicazione che abbiamo sviluppato, siamo alle fasi finali e già solo questa novità può avere un impatto enorme perché riduce drasticamente la necessità di andare dal medico solo per avere delle informazioni.

Il secondo esempio riguarda un progetto un po’ più complesso ed è il triage. Oggi, il paziente va dal medico, paradossalmente, per sapere se fosse il caso di andarci. C’è, cioè, un uso inutile e cospicuo dei medici per fare triage. Questo può essere risolto dall’IA perché, se da un lato l’intelligenza artificiale ha grossi problemi a diagnosticare (la diagnosi è una cosa molto complessa che richiede test, misurazioni, assesment, esami etc.), il triage è un processo che può essere benissimo svolto dall’IA. L’intelligenza artificiale è in grado di valutare se il quadro clinico del paziente giustifica la visita dal medico. Questo è un punto fondamentale per quanto riguarda l’economia della salute, perché il grosso costo è impegnare una risorsa che è molto scarsa perché ci sono sempre meno medici. Se li carico anche con il triage, che può essere fatto dall’IA, sto sprecando una quantità di risorse enorme. L’IA può fare benissimo il triage proprio perché, essendo un problema probabilistico – e l’IA, come abbiamo detto, è molto più brava dell’essere umano nei calcoli probabilistici – se si dà all’intelligenza artificiale un modello probabilistico delle relazioni tra patologie e sintomi, questa è in grado di valutare, in modo puntuale e matematico, quali sono le situazioni e le patologie che possono essere coinvolte nel tuo quadro clinico con un elevato grado di sicurezza. Inoltre, se si aggiungono quelli che vengono chiamati “red flags”, l’IA è in grado di fare uno screening del paziente e dare delle raccomandazioni. Questa rappresenta una soluzione rivoluzionaria perché, per la prima volta, si riesce a togliere al medico una serie molto numerosa di visite che sono completamente inutili. Basti pensare che solo in Inghilterra il 30% del totale delle visite fatte dal medico è totalmente inutile. Parliamo di numeri enormi e di costi altrettanto grandi. Infine, non bisogna sottovalutare tutti gli effetti secondari di questa applicazione: se si riuscisse a liberare i medici e far loro dedicare più tempo ai pazienti che ne hanno veramente bisogno, anche l’outlook della salute di questi pazienti migliorerebbe, migliorando così la salute generale della popolazione e riducendo, a cascata, i costi della medicina secondaria.

Quali sono le difficoltà in questi processi di integrazione dell’IA in campo medico?

Una schermata dell’app IA Healthily

Il problema principale è la fiducia. Il medico ha uno status di fiducia privilegiato per i pazienti. È un po’ come un prete per i fedeli. Il medico esercita una fortissima autorevolezza nei confronti dei pazienti in particolare a causa dell’enorme ‘gap’ di conoscenze specifiche. Se domani si dovesse inserire in Italia un sistema di triage con l’intelligenza artificiale, probabilmente non lo userebbe nessuno perché comunque si preferisce parlare personalmente con il medico. Cosa bisogna fare per inserire queste tecnologie nella società? Secondo me andrebbe fatto in maniera un po’ draconiana e dire chiaramente che, siccome il comparto ha costi enormi per via di tutte queste visite che non servono a nulla, fanno spendere più soldi e tolgono tempo ai professionisti per i pazienti che ne hanno veramente bisogno, questo nuovo sistema di triage diventa obbligatorio e, per prendere appuntamento con un medico, si farà solo ed esclusivamente con l’intelligenza artificiale, imponendo di fatto il servizio.

Il triage con l’IA, inoltre, permette di individuare quei pazienti che dovrebbero vedere il medico ma che non ci stanno pensando. Pensiamo a malattie gravi come i tumori, che si manifestano ad esempio con piccoli sintomi, tali da non far preoccupare in maniera adeguata il paziente per farlo andare dal medico. Se questo paziente avesse una intelligenza artificiale da poter usare gratuitamente per un consulto veloce, l’IA potrebbe far scattare l’alert e spingerlo a rivolgersi subito al medico. Questo rappresenta un altro altissimo valore per la società perché, in maniera opposta agli esempi precedenti, si riuscirebbe a portare nel sistema sanitario un paziente prima che sia troppo tardi.

Sistemi di IA come questo, infine, sono utili anche per un ulteriore aspetto. Se la gente iniziasse a fare questo genere di assesment medico con l’IA, si avrebbe una raccolta di dati, un’anamnesi, che restituirebbe una panoramica della sintomatologia della popolazione enorme che oggi non esiste.

Riusciremo a realizzare in futuro un’intelligenza artificiale generale?

Penso che si potrà arrivare a un livello di IA, magari non strutturato per copiare esattamente la mente umana, che possa dare l’idea di ragionamento. Questo potrebbe però essere pericoloso perché si potrebbe confondere con la vera Intelligenza Artificiale Generale. La mia preoccupazione è che questi modelli di LLM potrebbero arrivare a un punto tale da ingannare l’utente facendogli pensare che sia AGI (Artificiale General Intelligence). A questo punto è interessante capire come si porrà l’essere umano dinanzi a questa cosa e come verrà interpretata. Potrebbe accadere che si inizierà a delegare a questi modelli una serie di decisioni che potrebbero avere un impatto negativo. Il mio timore non è tanto quello di una IA che prende il sopravvento sull’uomo, quanto che si possano confondere troppo le acque e che la gente possa iniziare a sfruttare questa nuova tecnologia partendo da punti di vista sbagliati.

Un processo che in parte è già iniziato, con persone che utilizzano la IA per i propri fini. E penso che sarà molto difficile circoscrivere questo fenomeno. Basti pensare che per i contenuti, la stessa IA non è in grado di verificare se sono stati generati da una IA o meno. Si possono inserire delle regole, come il tag dei contenuti, ma se poi qualcuno non lo fa non c’è modo certo di verificare che questi non sia stati generati da un’intelligenza artificiale. Sarà un problema sicuramente.

Quali sono le opportunità e i rischi dell’introduzione dell’IA?

Sicuramente vedo molte più opportunità che rischi nell’introduzione dell’intelligenza artificiale. Le opportunità sono veramente enormi e in ogni campo. Per quanto riguarda i rischi, secondo me bisogna vederli in due modi. Uno è il rischio assoluto: qual è il rischio che l’IA sbagli? La cosa interessante è che innanzitutto questo rischio è misurabile. È un software e si possono fare simulazioni sia con dati reali sia con dati virtuali conoscendo i margini di errore nelle singole applicazioni che si vuole fare dell’IA. Quindi il rischio reale, secondo me, è molto basso perché l’obiettivo di queste tecnologie non è quello di diagnosticare ma, semplicemente, di capire qual è l’urgenza o la necessità che un paziente ha di vedere il medico. Siccome i parametri sono tutti codificati e questi sono dettati dalle linee guida, è molto difficile che questi sistemi sbaglino. Per fare un esempio concreto: se un paziente è fumatore o ex fumatore, ha più di 50 anni e ha la tosse da più di due mesi, è una “red flag” per il tumore ai polmoni. Questa condizione, un algoritmo di intelligenza artificiale applicato al triage la gestisce in maniera sistematica mandando subito il paziente dal medico. In questo caso, l’unico rischio è che le informazioni vengano codificate in maniera errata. Ma se a monte si utilizzano le linee guida i rischi sono ridotti al minimo. Poi la IA si testa e si addestra, attraverso pazienti e dati “sintetici” in modo da verificare che tutto sia elaborato in maniera corretta e che le emergenze vengano effettivamente intercettate.

L’altro rischio è quello relativo. La gente, quando parli di IA in medicina, tende a pensare che l’alternativa sia il medico perfetto. E purtroppo non è così. Innanzitutto, metà della popolazione mondiale non ha proprio accesso a un medico (dati della World Bank). Chi ce l’ha, deve aspettare diverso tempo prima di incontrarlo e quando accade il medico ha sempre poco tempo a disposizione per ciascun paziente. Infine, ci sono medici bravi e altri meno bravi e, siccome parliamo sempre di probabilità, anche quello bravo può sbagliare. Quindi, in definitiva, di cosa parliamo? Il rischio relativo della IA è in comparazione con una scienza non esatta e che fa tanti errori. È una condizione che riguarda anche il medico umano. E ci sono dati che confermano tutto questo. Tanto per portare un esempio banale, negli USA un antibiotico su tre è prescritto per i motivi sbagliati, creando enormi problemi di resistenza a nuovi batteri che diventano sempre più difficili da contrastare.

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sta accelerando tanto in questi anni. C’è stato un cambiamento radicale di paradigma che ha coinvolto tutti gli ambiti?

Certamente. Questo è il risultato di tutti i miglioramenti che hanno riguardato software e computer. C’è un accumulo di conoscenza; i computer diventano sempre più potenti; i linguaggi di programmazione diventano sempre più intuitivi e semplici; i costi dei database continuano a scendere. Tutti fattori hanno consentito una curva di crescita esponenziale nello sviluppo di questi sistemi che per me non è assolutamente una sorpresa. E continuerà ad accelerare. La cosa da chiedersi è se noi saremo in grado di stare al passo con questa evoluzione, perché questa accelerazione del progresso tecnologico crea anche un gap sociale nei confronti di quelli che rimangono indietro. Chi cresce lo fa sempre più velocemente e si allontana sempre di più da chi rimane indietro e questo crea tensione. C’è una legge, il Reverse Movement, che descrive fenomeni del genere, con il rischio che, raggiunta una distanza limite, questa diminuirà trascinando indietro chi è più avanti.

È quindi inevitabile che ci saranno, e lo stiamo vedendo proprio in questo periodo a livello politico, dei contraccolpi. Magari, fra vent’anni, vivremo un oscurantismo in cui verrà vietata la tecnologia e la gente andrà in giro a distruggere qualsiasi cosa tecnologica come accadde all’alba della rivoluzione industriale con i Ludditi nel XIX secolo. Non è impossibile, anche perché la storia del mondo è sempre stata così: grandi progressi che poi portano a conseguenze pesanti e a polarizzazioni su posizione opposte, che sono il risultato di questi fenomeni. Oggi vediamo infatti una globalizzazione che ha creato un mondo di persone che stanno bene e un altro mondo di persone che stanno peggio di prima.

Io mi aspetto che una cosa simile potrà accadere con la tecnologia. Siamo ancora in una fase espansiva. Arriverà un giorno in cui ci sarà il contraccolpo.

Possiamo diventare più produttivi con l’intelligenza artificiale?

Quasi tutte le tecnologie sono state inventate per aumentare la produttività, quindi sì, l’obiettivo è sempre quello. Sicuramente ci sarà una grande trasformazione, un po’ come quella portata dalla rivoluzione industriale. Tanti lavori saranno coadiuvati e potenziati dall’IA. A che prezzo non sono in grado di dirlo oggi perché, quando ci sono trasformazioni di questo livello, le conseguenze sono molteplici, molto ramificate e si vedono nel tempo. Per cui ci vorrà molto tempo per capire. Però, ad esempio, l’IA non fa errori di ortografia scrivendo un testo; quindi, partendo dalle cose semplici, è facile capire che utilizzando l’IA si riescono a fare un sacco di cose meglio e in maniera più efficiente. Il problema sarà trovare il giusto equilibrio tra la creatività, l’originalità dell’essere umano e quello che fa l’intelligenza artificiale. L’IA, a conti fatti, è un super pappagallo, molto evoluto, perché quello che può fare è solo quello che conosce. Ha la capacità di rimpastare tutto quello che conosce ma non è ancora in grado di fare quel salto creativo che è proprio del cervello umano. Una parte della mente umana ancora oggi rimane oscura per noi stessi.