L’apprendimento automatico è una scatola nera, ma al sistema sanitario la cosa non interesserà

Nuovi algoritmi sono in grado di diagnosticare malattie con la precisione di medici esperti.

di Monique Brouillette

Ai primi di quest’anno, Sebastian Thrun, esperto d’intelligenza artificiale, ed i suoi colleghi della Stanford University, hanno dimostrato che un algoritmo per l’“apprendimento automatico” era capace di formulare diagnosi su lesioni cutanee, di natura potenzialmente tumorale, con la precisione di un dermatologo certificato.

L’identificazione dei casi di cancro, riportata su Nature, faceva parte di un’inchiesta dedicata a quella che potrebbe dimostrasi una nuova era della “diagnostica via software,” dove l’intelligenza artificiale aiuterà i medici, o li soppianterà del tutto.

Secondo gli esperti, le immagini mediche, quali fotografie, radiografie e risonanze magnetiche, corrisponderebbero quasi perfettamente coni punti di forza dei software per l’apprendimento automatico, che hanno portato negli ultimi anni a progressi quali il riconoscimento di visi ed oggetti nelle immagini.

Lo scorso dicembre, la Verily, della Alphabet, ha aperto una collaborazione con la Nikon per lo sviluppo di algoritmi capaci di individuare le cause della cecità nel diabete. Il campo della radiologia, è stato soprannominato “la Silicon Valley della medicina” per via del numero di immagini dettagliate che genera.

Per quanto dettagliate fossero le predizioni della squadra di Thrun, nessuno era esattamente sicuro di quali caratteristiche di un neo venissero utilizzate dal programma di apprendimento automatico per classificarne la natura tumorale o benigna. Ecco perché è stato definito il problema della scatola nera dell’apprendimento automatico.

A differenza di software visivi più tradizionali, dove è un programmatore che definisce le regole—ad esempio, un segnale di stop ha 8 lati—nel caso del’apprendimento automatico è l’algoritmo che si dà le regole, spesso senza lasciare traccia di come arriva alle proprie decisioni.

Nicholson Price, esperto di legislazioni mediche della University of Michigan, l’assenza di spiegazioni potrebbe non rappresentare un ostacolo per la U.S. Food and Drug Administration. Paragona l’apprendimento automatico a quei farmaci che funzionano senza che si sappia come. Secondo la FDA, l’agenzia vede sempre più software alimentati dall’apprendimento automatico e non richiede che le società rivelino i dettagli sugli algoritmi. La FDA ha approvato in gennaio la vendita di un software chiamato “DeepVentricle”, della Arterys, società privata di San Francisco, capace di analizzare immagini di risonanze magnetiche condotte sull’interno del cuore di un paziente per determinare il volume di sangue che è capace di contenere e pompare. Il processo prende meno di 30 secondi, contro l’ora necessaria facendo uso di metodi tradizionali.

La FDA ha richiesto alla Arterys di condurre studi intensivi per verificare che i risultati prodotti dall’algoritmo fossero all’altezza di quelli prodotti da un medico. Il software ha supertao in precisione le prestazioni di 21 dermatologi nell’identificare quali nei fossero potenzialmente pericolosi. Secondo Allan Halpern, dermatologo del Memorial Sloan Kettering nonché presidente della International Society for Digital Imaging of the Skin, ciò non significa che i medici corrono il rischio di venire soppiantati dal software, perché per avere un risultato positivo sul test è pur sempre necessaria una biopsia. Se il software fosse messo a disposizione del pubblico per mezzo, ad esempio, di una app, l’attuale numero di dermatologi non basterebbe a seguire tutti i casi.

Secondo Axerio-Cilies, le società saranno molto tentate dall’idea di vendere gli strumenti realizzati con sftware per l’apprendimento automatico direttamente al pubblico. Già esistono app per cellulare non IA, come Mole Mapper, che permettono all’utente di seguire il progresso di nei sospetti. Secondo Halpern, però, i consumatori non sono pronti ad avere a che fare con sistemi diagnostici che potrebbero rivelare loro una possibilità del 5, o 50, percento di un neo di essere maligno. “Non siamo granchè quando si tratta di relazionarci a delle probabilità,” dichiara.

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