La realtà aumentata può rendere più intime le comunicazioni a distanza?

Uno studio di Microsoft Research utilizza la realtà aumentata per proiettare in scala reale le persone con cui parlare faccia a faccia.

di Rachel Metz

Non c’è niente come parlare con una persona faccia a faccia, ma un gruppo di ricercatori sta cercando di capire se la proiezione in scala reale di una persona che sembra sedere a pochi metri di distanza da voi potrebbe rendere altrettanto, o quasi.

Il Room2Room, un progetto di Microsoft research, utilizza delle videocamere Kinect per il rilevamento della profondità e dei proiettori digitali per catturare l’immagine di una persona in 3-D e proiettare, in tempo reale, una versione digitale in un’altra stanza dove si trova il suo interlocutore reale. Le persone sono così in grado di vedere l’immagine digitale l’uno dell’altro con la corrispondente prospettiva, osservarsi da diversi punti di vista e interagire fra loro.

Alla fine di febbraio, a San Francisco, verrà presentato un documento descrittivo della ricerca in occasione della conferenza Computer-Supported Cooperative Work and Social Computing.

La realtà aumentata – l’idea di combinare immagini digitali alla vita reale – circola ormai da anni, ma ha cominciato a far parlare realmente di sé solo negli ultimi anni. Microsoft è una delle società che stanno cercando di promuovere questa tecnologia testando le sue cuffie HoloLens, pensate per il lavoro e l’intrattenimento. Anche la riservatissima startup Magic Leap sta lavorando a un progetto analogo (vedi “Le dieci tecnologie del 2015: Magic Leap).

Per permettere al sistema Room2Room di funzionare, i ricercatori hanno sfruttato un preesistente progetto per la realtà aumentata di Microsoft Research, denominato RoomAlive, che utilizza una serie di videocamere Kinect per il rilevamento della profondità e dei proiettori digitali per creare un’arena di gioco grande quanto una stanza. Invece di allestire una sola stanza con questo hardware, però, il team ha preparato due stanze simili per scannerizzare ciascuno degli individui seduti al loro interno e proiettarli nella sala opposta.

Un video mostra il funzionamento del sistema, con una persona seduta su una sedia mentre un’altra persona viene proiettata su una seconda sedia dall’altra parte della stanza (il Room2Room proietta l’immagine in base alla posa della persona ripresa).

Per avere un’idea dell’utilità del sistema nella comunicazione fra due persone, sette coppie di partecipanti allo studio hanno utilizzato la realtà aumentata per creare delle forme tridimensionali. In una delle prove, due persone sono state raffigurate mentre sedevano alle estremità opposte di un tavolo, realizzato in ciascuna stanza seguendo le istruzioni fornite dal corrispettivo partner che si trovava nella stanza opposta.

I ricercatori hanno scoperto che l’assemblaggio di questa sorta di puzzle richiedeva appena quattro minuti quando le persone si trovavano faccia a faccia, circa sette minuti con il sistema per la realtà aumentata, e nove minuti via Skype. Ci sono ancora diversi problemi da risolvere prima che qualcosa come il Room2Room faccia la sua comparsa nelle sale riunioni o nei nostri soggiorni. Nonostante l’ampia disponibilità di hardware per videocamere e proiettori, il sistema è ancora grezzo. Inoltre, spiega Tomislay Pejsa, che ha lavorato al progetto durante il suo tirocinio presso Microsoft Research ed ha contribuito alla stesura del rapporto analogo, il sistema non usa ancora immagini ad alta risoluzione. Di conseguenza, la percezione della direzione verso la quale è rivolta lo sguardo dell’immagine proiettata risulta ancora difficile.

Tobias Höllerer, un professore dell’Università della California, Santa barbara, che studia la realtà aumentata, dice che la risoluzione potrebbe facilmente essere migliorata, e si aspetta che un sistema simile al Room2Room cominci a essere utilizzato nel giro di pochi anni. La crescente popolarità della realtà virtuale, alimentata dall’imminente lancio di alcuni dispositivi realizzati da società come la Oculus, potrebbe aiutare a promuovere anche questo genere di tecnologia, dice.

“Se ci pensate, ci sono voluti intorno a 50, 60 anni per passare dalle prime dimostrazioni di videotelefonia a quello che abbiamo oggi con Skype e quant’altro”, dice. “Siamo all’inizio di una nuova tecnologia per le videoconferenze”.

(MO)

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