La radioattività intorno a noi

Un nuovo libro di Giovanni Vittorio Pallottino fornisce misure quantitative sulla radioattività presente nel mondo in cui viviamo, consentendo scelte motivate e ragionate in merito.

di Angelo Gallippi

Se i fenomeni fisici sono in genere poco conosciuti dal grande pubblico, almeno in Italia, la radioattività è senz’altro tra i meno noti, forse anche a molti dotati di una cultura tecnico-scientifica di base. Cause principali, la sua intrinseca complessità e la quasi completa assenza dai programmi d’insegnamento scolastico.

Poco familiari le unità che misurano i suoi diversi aspetti, anche perché alcune hanno cambiato nome: becquerel (misura l’attività di una sostanza, e ha sostituito i precedenti curie e rutherford), gray (dose assorbita di radiazione, ha sostituito il rad), sievert (dose equivalente e dose efficace, ha sostituito il rem), röntgen (esposizione a una radiazione ionizzante).

Ma ancora meno noto è il fatto che, come titola l’ultimo libro di Giovanni Vittorio Pallottino, La radioattività [è] intorno a noi (Dedalo, Bari, 2014). Infatti è radioattivo il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo, i materiali con cui sono costruite le nostre case (soprattutto tufo, granito e legno); siamo radioattivi perfino noi stessi, dato che nel nostro corpo decadono ogni secondo dai 6mila ai 12mila atomi di potassio-40 contenuto nelle ossa e di carbonio-14 nelle cellule.

Quindi la radioattività non è un fenomeno pericoloso in assoluto ma può esserlo, fino a risultare mortale, in relazione ai valori che assume (come affermava Paracelso, citato da Pallottino, «è la dose che fa il veleno»), e soprattutto al tempo di assunzione: 100 aspirine prese in un anno non fanno male, ma tutte insieme sono probabilmente mortali.

Per esempio, in Italia ogni persona riceve una dose media di 3,3 millisievert l’anno da radioattività naturale e 1,2 da quella artificiale (diagnostica e cure), per un totale di 4,5 millisievert. Valore superiore alla media mondiale (3,0), ma inferiore a quella degli Usa (6,2), di piazza S. Pietro a Roma (7, dovuto al porfido della pavimentazione) e di alcune regioni di Iran, India, Brasile e Cina, dove la sola radioattività naturale supera i 100 millisievert l’anno. Alla luce di questi dati, il limite di 1 millisievert l’anno imposto in Italia alla radiazione da attività industriali appare particolarmente cautelativo.

Significativo anche il dato che chi vive a 80 km da una centrale nucleare assume 0,09 milionesimi di sievert l’anno, valore che sale a 0,3 milionesimi se la centrale è alimentata a carbone: questo infatti contiene uranio e torio debolmente radioattivi, che finiscono nelle scorie disperse in prossimità.

Per confronto, in un volo transoceanico si assumono 40 milionesimi di sievert, in una radiografia al torace 100 milionesimi (cioè 0,1 millisievert), e in una TAC o una scintigrafia fra 2 e 15 millisievert. Per giunta in questi ultimi casi l’assunzione non avviene in un anno, ma in tempi assai più brevi.

Il merito principale del libro è proprio quello di fornire le misure quantitative sulla radioattività, in modo da farla conoscere e permettere a ciascuno di formarsi un giudizio motivato e compiere scelte ragionate nei suoi confronti.

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