Informatica quantistica, tanto clamore per poco (finora)

I computer quantistici sono di gran moda e le startup del settore hanno quotazioni alte in borsa, ma non è assolutamente scontato che saranno in grado di produrre qualcosa di utile nel prossimo futuro

di Sankar Das Sarma

Di informatica quantistica si parla probabilmente quasi quanto di AI. Le grandi aziende tecnologiche come Alphabet, Amazon e Microsoft sono impegnate seriamente in iniziative di ricerca e sviluppo nel settore. Sono nate anche una serie di startup, alcune delle quali vantano valutazioni sbalorditive. IonQ, per esempio, è stata quotata  2 miliardi di dollari in borsa a ottobre tramite una SPAC, vale a dire una società  appartenente alla categoria dei cosiddetti “veicoli societari d’investimento”. Gran parte di questa attività commerciale è avvenuta con una velocità sconcertante negli ultimi tre anni.  

Ho pubblicato più di 100 articoli specialistici sull’argomento e molti dei miei studenti di dottorato e post-dottorato sono ora noti professionisti di informatica quantistica in tutto il mondo, ma sono disturbato da parte del clamore intorno all’informatica quantistica che vedo in questi giorni, in particolare quando si tratta di affermazioni sugli aspetti relativi alla commercializzazione.

Esistono applicazioni consolidate per i computer quantistici. La più nota è la dimostrazione teorica di Peter Shor del 1994 che mostrava come un computer quantistico sia in grado di risolvere il difficile problema di trovare i fattori primi di grandi numeri in modo esponenzialmente più veloce rispetto a tutti gli schemi classici. La scomposizione in fattori primi è al centro della rottura della crittografia basata sull’algoritmo RSA universalmente utilizzato, quindi lo schema di fattorizzazione di Shor ha immediatamente attirato l’attenzione dei governi nazionali, portando a considerevoli finanziamenti per la ricerca sull’informatica quantistica.   

Il problema vero? Fare un computer quantistico in grado di realizzare quanto promesso. La difficoltà dipende dall’implementazione di un’idea introdotta da Shor e altri chiamata correzione dell’errore quantistico, un processo per compensare il fatto che gli stati quantistici scompaiono rapidamente a causa del rumore ambientale (un fenomeno chiamato “decoerenza”). Nel 1994, gli scienziati pensavano che tale correzione degli errori avrebbe rappresentato un passaggio semplice perché la fisica lo consente. Ma in pratica è estremamente difficile

I computer quantistici più avanzati oggi hanno dozzine di qubit fisici che causano decoerenza (o rumore). Costruire un computer quantistico in grado di decifrare codici RSA da tali componenti richiederebbe molti milioni se non miliardi di qubit. Solo decine di migliaia di questi verrebbero utilizzati per il calcolo, i cosiddetti qubit logici; il resto sarebbe necessario per correggere gli errori, compensando la decoerenza. 

I sistemi a qubit che abbiamo oggi sono un enorme risultato scientifico, ma non ci avvicinano all’avere un computer quantistico in grado di risolvere un problema che interessa a chiunque. È come cercare di realizzare i migliori smartphone di oggi utilizzando tubi termoionici dei primi anni del 1900. Si possono mettere insieme 100 tubi e stabilire il principio che se in qualche modo si riuscisse a far funzionare insieme 10 miliardi di tubi in modo coerente e senza interruzioni, si potrebbe realizzare qualsiasi miracolo. 


Ciò che, tuttavia, manca è la svolta dei circuiti integrati e delle CPU che hanno portato agli smartphone: ci sono voluti 60 anni di sofferta ingegneria per passare dall’invenzione dei transistor allo smartphone senza che la nuova fisica fosse coinvolta nel processo

In effetti ci sono idee, e anche io ho svolto un ruolo nel loro sviluppo teorico, per aggirare la correzione dell’errore quantistico utilizzando qubit molto più stabili, in un approccio chiamato calcolo quantistico topologico. Microsoft sta lavorando a questo approccioMa anche lo sviluppo di hardware per il calcolo quantistico topologico è una sfida enorme. Non è chiaro se la correzione dell’errore quantistico o il calcolo quantistico topologico (o qualcosa come un ibrido tra i due) saranno il vincitore finale. 

Alcuni fisici sono molto bravi a inventare acronimi. La grande difficoltà nello sbarazzarsi della decoerenza ha portato al computer NISQ (noisy intermediate scale quantum) per definire piccole raccolte di qubit fisici rumorosi che   potrebbero fare qualcosa di utile e migliore di un computer classico. Ma quali problemi di rilievo può risolvere una macchina NISQ del genere?

Un recente esperimento di laboratorio con superconduttori rumorosi a 20 qubit, condotto presso Google, ha permesso di osservare alcuni aspetti previsti della dinamica quantistica, chiamati “cristalli temporali”, vale a dire strutture che si ripetono periodicamente nel tempo. L’esperimento è stato un’impressionante vetrina delle tecniche di controllo elettronico, ma non ha mostrato alcun vantaggio di calcolo rispetto ai computer convenzionali, che possono simulare prontamente i cristalli temporali con un numero simile di qubit virtuali. 

Inoltre non ha rivelato nulla sulla fisica fondamentale dei cristalli temporali. Altri trionfi di NISQ sono recenti esperimenti che simulano circuiti quantistici casuali, ancora una volta un compito altamente specializzato senza alcun valore commerciale. L’uso di NISQ è sicuramente una nuova eccellente idea di ricerca fondamentale: potrebbe aiutare la ricerca fisica in aree fondamentali come la dinamica quantistica, ma il potenziale di commercializzazione è tutt’altro che chiaro. 

Ho ascoltato vaghe affermazioni su come NISQ potrebbe essere utilizzato per l’ottimizzazione rapida o anche per l’allenamento dell’AI. Non sono un esperto di ottimizzazione o intelligenza artificiale, ma ho chiesto ragguagli agli esperti e sono ugualmente disorientati. Ho chiesto ai ricercatori coinvolti in varie startup come NISQ ottimizzerebbe qualsiasi compito difficile che coinvolga applicazioni del mondo reale e interpreto le loro risposte contorte come un’incertezza di fondo sul funzionamento reale dell’apprendimento automatico classico e dell’AI. Si ritiene che NISQ potrebbe velocizzare i processi, ma si tratta di speranza. 

Ci sono proposte per utilizzare computer quantistici su piccola scala per la progettazione di farmaci, come un modo per calcolare rapidamente la struttura molecolare, che è un’applicazione sconcertante dato che la chimica quantistica è una parte minuscola dell’intero processo. Altrettanto spiazzanti sono le affermazioni secondo cui i computer quantistici a breve cambieranno il mondo della finanza. 

Nessun documento specialistico dimostra in modo convincente che i piccoli computer quantistici, per non parlare delle macchine NISQ, possono portare a un’ottimizzazione significativa nel trading algoritmico o nella valutazione del rischio o nell’arbitraggio o nella copertura o nel targeting e nella previsione o nel trading di asset o nella profilazione del rischio. Ciò, tuttavia, non ha impedito a diverse banche di investimento di saltare sul carro del computer quantistico. 

Un vero computer quantistico avrà applicazioni oggi inimmaginabili, proprio come quando fu realizzato il primo transistor, nel 1947, nessuno poteva prevedere che alla fine avrebbe portato a smartphone e laptop. Sono un grande sostenitore dell’informatica quantistica come tecnologia potenzialmente dirompente, ma affermare che comincerebbe a produrre milioni di dollari di profitti per le aziende reali che vendono servizi o prodotti nel prossimo futuro mi lascia molto perplesso.

L’informatica quantistica è infatti uno degli sviluppi più importanti non solo in fisica, ma in tutta la scienza. “Entanglement” e “sovrapposizione” non sono bacchette magiche che si possono agitare per trasformare la tecnologia nel prossimo futuro. La meccanica quantistica è indubbiamente particolare e controintuitiva, ma di per sé non garantisce entrate e profitti.

Oltre un decennio fa, mi è stato spesso chiesto quando pensavo che sarebbe stato costruito un vero computer quantistico (è interessante che questa domanda non viene più fatta poiché il clamore del calcolo quantistico ha apparentemente convinto le persone che questi sistemi esistono già o sono dietro l’angolo). La mia risposta univoca è sempre stata che non lo so. Prevedere il futuro della tecnologia è impossibile: succede quando accade. 

Si potrebbe provare a tracciare un’analogia con il passato. L’industria aeronautica ha impiegato più di 60 anni per passare dai fratelli Wright ai jumbo jet che trasportano centinaia di passeggeri per migliaia di km. La domanda spontanea è dove lo sviluppo del calcolo quantistico, così com’è oggi, dovrebbe essere collocato su quella linea temporale. Con i fratelli Wright nel 1903? Con i primi jet intorno al 1940? O forse siamo ancora indietro nel tempo all’inizio del XVI secolo, con la macchina volante di Leonardo da Vinci? Non lo so io e nemmeno gli altri.

Sankar Das Sarma è il direttore del Condensed Matter Theory Center dell’Università del Maryland, College Park.

Immagine: Computer quantistico, Flickr / MIT Technology Review

(rp)

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