I cosiddetti “smart materials” sono agili e multifunzionali. Si possono programmare per reagire ai cambiamenti dell’ambiente circostante, modificando le loro proprietà
Julia R. Greer
Nei 24 anni in cui ho lavorato come scienziato dei materiali, sono sempre stata ispirata dagli schemi gerarchici presenti in natura che si ripetono fino al livello molecolare. Tali modelli inducono proprietà straordinarie: rafforzano le nostre ossa senza appesantirle, danno alle ali di farfalla il loro colore e rendono la seta di una ragnatela resistente e flessibile.
Ma se fosse possibile ingegnerizzare tali proprietà direttamente nei materiali fabbricati, si potrebbe eliminare la necessità di complicati processi di produzione per creare dispositivi come stent, microprocessori e batterie. Alla fine, potremmo anche essere in grado di programmare un certo grado di intelligenza direttamente nei materiali che compongono tali dispositivi, il che potrebbe rendere possibili nuove caratteristiche e funzionalità.
Nel mio gruppo di ricerca al Caltech, stiamo studiando nuove proprietà dei materiali che emergono quando si prendono blocchi costitutivi su scala nanometrica e li si organizzano in strutture 3D note come architetture. Sono dell’idea che questi materiali strutturati, vale a dire sostanze definite su scala nanometrica per avere proprietà utili, nel lungo periodo sostituiranno i materiali convenzionali, non solo nella scienza e nell’ingegneria, ma in molte aree della vita quotidiana.
Ultimamente, i progressi nella stampa 3D e in altre forme di produzione additiva hanno reso possibile organizzare blocchi di materia di dimensioni micro e nanometriche in strutture complesse con grande precisione. Ora siamo in grado di realizzare nuovi materiali da componenti che vanno da una grandezza di poco superiore ai 100 atomi a diversi millimetri.
Ciò significa che gli scienziati possono disaccoppiare proprietà che sono state storicamente collegate tra loro. Per esempio, i materiali resistenti sono in genere pesanti e i materiali isolanti sono spesso fragili. Ma quando la ceramica e il vetro vengono progettati sostituendo solidi blocchi di materiale con una struttura della stessa dimensione fatta di piccoli puntoni, possono deformarsi e riformarsi come una spugna. Inoltre, possono evolversi nello spazio e nel tempo in risposta a un “innesco” preprogrammato, assumendo forme diverse per rispondere o adattarsi a un nuovo ambiente o a uno stimolo.
Grazie a questa reattività incorporata, i materiali futuri potrebbero essere realizzati con alcune capacità decisionali e livelli di adattabilità. I materiali intelligenti possono essere in grado di rilasciare automaticamente quantità precise di farmaci, curarsi se danneggiati o eseguire operazioni logiche se esposti alla luce. In effetti, alcuni materiali progettati hanno già incorporato nuovi tipi di porte logiche che rispondono a stimoli meccanici o chimici.
Un’area in cui vedo un grande potenziale riguarda l’uso dell’apprendimento automatico per prevedere nuove architetture per materiali in grado di emulare reti neurali addestrate in via computazionale utilizzando la luce anziché l’input digitale. Alla fine, le reti neurali artificiali potrebbero essere integrate in materiali fisici progettati per prendere decisioni, eliminando la necessità di convertire prima l’input in segnali digitali e poi elaborarli nei computer. Ciò significa che i materiali stessi potrebbero un giorno essere realizzati per riconoscere volti o oggetti, elaborare il linguaggio e classificare testo o numeri.
Per realizzare questa visione, avremo bisogno di nuovi modelli computazionali in grado di catturare accuratamente la meccanica e la fisica del processo di produzione additiva a un prezzo accessibile. I modelli aggiuntivi devono essere in grado di eseguire la diagnostica, in tempo reale, per determinare quali difetti possono influire sulle prestazioni. E come se progettare, scoprire e dimostrare le nuove proprietà dei materiali non fosse abbastanza difficile, dovremo quindi trasformare i prototipi in tecnologia e produrre i materiali su larga scala. La sfida è notevole, anche perché i modelli non sono ancora stati sviluppati.
Julia R. Greer è una scienziata dei materiali del California Institute of Technology.
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(rp)