Il clima della trasformazione energetica

Le società energetiche non possono progettare la propria strategia di business senza tenere in considerazione il fattore cambiamento climatico.

di Fatih Birol

Il mondo si è avvicinato sempre di più al limite dei 2° C, mentre le prove scientifiche che questa tendenza è insostenibile ed è in grado di determinare un cambiamento climatico catastrofico sono diventate sempre più schiaccianti e numerose.

Poiché il settore energetico produce le maggiori quantità di gas serra, gli interventi in tale settore possono decretare il successo o il fallimento delle iniziative volte a raggiungere l’obiettivo climatico sottoscritto da numerosi paesi del mondo.

Alcuni incoraggianti segnali ci dicono che la fase di transizione del settore energetico è in corso. Ad esempio, l’incremento della capacità delle centrali alimentate dalle rinnovabili ha raggiunto un nuovo record nel 2014 − 130 gigawatt (GW) −, pari a quasi la metà di tutti i nuovi incrementi di capacità relativi a quello stesso anno . Questo successo è stato possibile grazie a 270 miliardi di dollari USA di investimenti effettuati soprattutto dalla Cina, ma anche dagli Stati Uniti, dall’Unione europea e da altri paesi.

Nel 2014 la quota del consumo finale di energia coperto da normative per l’efficienza energetica ha raggiunto il 27 percento, quasi il doppio rispetto al livello del 2005. La prima centrale commerciale con tecnologia CCS è sorta in Canada, mentre l’Unione europea ha approvato nel 2015 la riforma del proprio sistema di scambio delle quote relative alle emissioni (il più importante del mondo) e la Cina ha confermato l’intenzione di voler introdurre nel 2017 un sistema nazionale di scambio delle emissioni di carbonio.

Se l’intenzione è davvero quella di dare maggiore concretezza all’obiettivo climatico dei 2° C, sostenuto con grande determinazione dai governi, le decisioni che verranno prese nell’ambito della COP21 dovranno affrontare le necessità e le responsabilità del settore energetico.

Di fondamentale importanza è inoltre il ruolo dell’industria e di altri protagonisti, e le iniziative e le dichiarazioni in questo senso sono tutte benvenute. Eppure abbiamo bisogno di fare di più. In ultima analisi, tutti i protagonisti del settore energetico devono collaborare per realizzare importanti tagli alle emissioni di gas serra promuovendo nello stesso tempo la crescita dell’economia mondiale e la sicurezza energetica, e portando energia moderna a miliardi di persone che oggi ne sono prive. Se il settore energetico vuole fare gli investimenti corretti per raggiungere questo obiettivo, ha bisogno della COP21 per ottenere maggiore chiarezza sul futuro e maggiore capacità di azione.

La COP21 è la migliore occasione per arrivare ad un accordo globale sul clima, ma i leader mondiali devono essere intenzionati a ricercare tale accordo. Qualunque accordo che non ponga al centro il settore energetico rischia di trasformarsi in un fallimento.

La cop21 e i contributi nazionali sul tema del clima

Gli impegni climatici nazionali − i cosiddetti Contributi previsti a livello nazionale (INDCs) − sono al centro della COP21 in quanto contengono, tra le altre cose, un obiettivo nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra. La copertura relativa a tali impegni sul tema del cambiamento climatico è notevole: più di 150 paesi hanno presentato i loro impegni, e tutti insieme questi paesi rappresentano circa il 90 percento dell’attività economica mondiale e quasi il 90 percento delle emissioni globali di gas serra legate attualmente all’energia.
Per quanto riguarda le diverse regioni del mondo, tutti i paesi in Nord America hanno presentato i propri INDC, quasi tutti quelli in Europa, circa il 90 percento in Africa, due terzi nei paesi asiatici in via di sviluppo, il 60 percento di quelli in America Latina e un terzo dei paesi del Medio Oriente. Questi paesi rappresentano attualmente circa il 90 percento della domanda globale di combustibili fossili e quasi l’80 percento della produzione globale di combustibili fossili. Circa la metà di tutti gli impegni INDC presentati comprende espliciti obiettivi focalizzati sul settore energetico, sia in associazione ad un obiettivo che riguarda i gas a effetto serra, sia come obiettivi a sé stanti. Le misure più comuni in materia di energia sono quelle che puntano ad una maggiore distribuzione delle energie rinnovabili (il 40 percento degli impegni presentati), o ad una maggiore efficienza nell’uso dell’energia (un terzo degli impegni). Ma ci sono altre misure relative al settore dell’energia, e presentate negli INDC di appena una manciata di paesi, che nel breve periodo potrebbero contribuire a ridurre le emissioni di gas serra legate all’energia. Tra queste ricordiamo la riduzione dell’uso delle centrali a carbone inefficienti, la riduzione delle emissioni di metano nella produzione di petrolio e gas, la riforma dei sussidi relativi ai combustibili fossili o del carbon pricing. Alcune delle tecnologie o delle politiche collegate all’energia e necessarie per una trasformazione a lungo termine del settore, quali l’energia nucleare, la cattura e lo stoccaggio del carbonio e i veicoli che utilizzano carburanti alternativi (biocarburanti avanzati, veicoli elettrici), vengono raramente citati. Infine, sono molti i casi in cui un obiettivo globale relativo ai gas serra viene specificato all’interno di un INDC, ma senza precisare il contributo previsto in termini di emissioni per il settore energetico rispetto al settore non energetico (e ciò, per alcuni paesi, può rappresentare un elemento molto importante).

Gli impegni climatici faranno la differenza

L’analisi dell’AIE − pubblicata in un numero speciale di World Energy Outlook dedicato alla COP21 – dimostra che la piena attuazione degli impegni incondizionati presi potrebbe ridurre drasticamente l’aumento delle emissioni di gas serra del settore energetico. La nostra analisi mostra che le emissioni collegate al settore energetico globale e ai relativi processi aumenterebbero fino al 2030 ad un ritmo pari ad un terzo dell’aumento registrato dal 2000. La crescita annua delle emissioni legate all’energia a livello mondiale rallenterebbe drasticamente entro il 2030 (circa lo 0,5 percento annuo), ma non arriverebbe comunque ad una battuta d’arresto − un passo fondamentale e urgente se si intende davvero raggiungere l’obiettivo globale sul clima. Si prevede che, entro il 2030, i paesi che rappresentano più della metà dell’attività economica globale possano raggiungere il picco delle emissioni di gas serra collegate all’energia o addirittura dare inizio ad una riduzione, e tra questi l’Unione europea, gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone, la Corea e il Sud Africa. Come tali, gli impegni climatici contribuiscono ad aumentare la necessaria separazione tra crescita economica ed emissioni di gas serra collegate all’energia (nel 2030 le emissioni per unità di produzione economica dovrebbero risultare inferiori del 40 percento rispetto ad oggi). Il settore della produzione di energia rappresenta al tempo stesso la più importante fonte di emissioni di CO2 collegate all’energia e (ad oggi) l’area nella quale si concentra la maggior parte delle iniziative del settore energetico volte a ridurre le emissioni di anidride carbonica. La piena attuazione degli impegni sul clima si tradurrebbe inoltre entro il 2030 in una stabilizzazione delle emissioni di CO2 mondiali derivanti dalla produzione di energia. Mentre si prevede che entro il 2030 le emissioni del settore energetico globale rimarranno sostanzialmente stabili, la domanda di energia elettrica potrebbe aumentare di oltre il 40 percento. In sostanza, a livello globale, il legame tra l’aumento della domanda di energia elettrica e l’aumento delle emissioni di CO2 verrebbe spezzato, un passo questo molto importante in direzione di una maggiore decarbonizzazione.
Entro il 2030, sette unità su dieci relative alla futura produzione di energia elettrica genereranno basse emissioni di carbonio, portando la quota della produzione totale di energia elettrica derivante da fonti a basse emissioni a quasi il 45 percento rispetto al 33 percento attuale. La piena attuazione degli impegni climatici imporrà al settore energetico di investire, tra il 2015 e il 2030, 13,5 trilioni di dollari USA in tecnologie per l’efficienza energetica e in tecnologie a basse emissioni di carbonio, una cifra che rappresenta quasi il 40 percento degli investimenti totali del settore energetico.
Circa 8,3 trilioni di dollari USA sarebbero necessari per migliorare l’efficienza energetica nei trasporti, nell’edilizia e nell’industria, mentre gran parte della quota residua servirebbe a ridurre le emissioni di anidride carbonica nel settore energetico. Più del 60 percento degli investimenti totali (4 trilioni di dollari USA) in capacità di generazione elettrica è finalizzato ad aumentare la capacità da fonti rinnovabili, e un terzo di questi investimenti sarebbe destinato al settore dell’energia eolica, quasi il 30 percento al settore dell’energia solare (soprattutto solare fotovoltaico) e circa un quarto al settore dell’energia idroelettrica.
Gli impegni della COP21 avranno un impatto positivo sulle future tendenze del settore energetico, ma non imporranno quel cambio di rotta necessario a raggiungere l’obiettivo concordato sul clima. Se gli obiettivi relativi al clima non si faranno progressivamente più ambiziosi, si stima che il percorso stabilito dagli INDC sarebbe coerente con un aumento medio della temperatura globale pari a circa 2,7° C entro il 2100, non riuscendo perciò a limitare l’aumento a non più di 2° C. Di conseguenza gli INDC dovrebbero essere considerati come basi essenziali dalle quali partire per fissare nuovi ambiziosi obiettivi. 

Il ponte che porta a nuove soluzioni

Il settore energetico può fare di più per frenare e ridurre le proprie emissioni di gas serra, e tutti i paesi hanno a disposizione diverse opzioni per accelerare gli interventi progettati nel settore energetico. La relazione speciale dell’AIE sull’energia e il cambiamento climatico ha evidenziato come appena cinque interventi nel settore dell’energia (includendo solo tecnologie e politiche collaudate) sarebbero in grado di contribuire a raggiungere in anticipo, e senza alcun costo economico, il picco delle emissioni totali di gas serra collegate all’energia. Un picco delle emissioni globali nel breve periodo invierebbe un segnale forte in merito alla determinazione dei governi nella trasformazione dei propri settori energetici.
Tali interventi, presentati come una “strategia ponte”, poiché pensati per essere un ponte verso ulteriori interventi, rimangono tuttora validi e sono: 
1. L’incremento dell’efficienza energetica nell’industria, nell’edilizia e nei trasporti.
2. La riduzione progressiva dell’uso delle centrali elettriche a carbone meno efficienti e il divieto di costruirne delle nuove. 3. L’aumento fino a 400 miliardi di dollari USA degli investimenti in energie rinnovabili entro il 2030.
4. L’eliminazione graduale dei sussidi destinati al consumo di combustibili fossili.
5. La riduzione delle emissioni di metano nella produzione di gas e petrolio. L’adozione immediata e su ampia scala delle misure previste dalla strategia ponte potrebbe portare a raggiungere un picco delle emissioni totali di gas serra legate all’energia intorno al 2020. Sia l’intensità energetica dell’economia globale che l’intensità di carbonio nel campo della produzione di energia migliorerebbero del 40 percento entro il 2030. La Cina separerebbe la propria crescita economica dalla crescita delle emissioni intorno al 2020, molto prima di quanto altrimenti previsto, soprattutto grazie al miglioramento dell’efficienza energetica dei motori industriali e del settore edile, anche attraverso normative riguardanti gli elettrodomestici e l’illuminazione. Nei paesi in cui le emissioni sono già in calo oggi, la separazione tra crescita economica ed emissioni è notevolmente accelerata. Rispetto agli ultimi anni, il ritmo relativo a tale separazione è quasi il 30 percento più veloce nell’Unione Europea (a causa di una maggiore efficienza energetica) e negli Stati Uniti (dove le energie rinnovabili contribuiscono per un terzo al calo delle emissioni previste nel 2030). In altre regioni, il legame tra crescita economica e crescita delle emissioni si è notevolmente indebolito, ma l’importanza relativa delle diverse misure adottate varia a seconda dei casi. L’India utilizza l’energia in modo più efficiente, e ciò aiuta il paese a raggiungere i suoi obiettivi relativi al settore dell’energia e alla riduzione della crescita delle emissioni.
La riduzione delle emissioni di metano derivanti dalla produzione di petrolio e di gas e la riforma delle sovvenzioni destinate ai combustibili fossili (pur fornendo un supporto mirato per i più poveri) rappresentano misure fondamentali per il Medio Oriente e l’Africa, mentre molte sono le opzioni utili per ridurre le emissioni a disposizione dei paesi del sudest asiatico.

Una sfida ardua ma da affrontare al più presto

La creazione di un sistema energetico che sia compatibile con gli obiettivi climatici rimane una sfida estremamente difficile. Come esplicitato più volte nel corso degli anni da World Energy Outlook, il sistema energetico mondiale avrà bisogno di intraprendere un profondo cambiamento strutturale se intende avviare un percorso coerente con l’obiettivo dei 2°C.
Ci vorranno probabilmente decenni, e nel corso di questa trasformazione i combustibili fossili continueranno a rappresentare una parte importante del sistema energetico. 
Ma sarebbe un grave errore per le società energetiche progettare la propria strategia di business senza prendere in considerazione il cambiamento climatico. È quindi incoraggiante che molti degli impegni assunti da diversi settori energetici chiave siano coerenti con l’opinione dell’AIE relativa agli interventi necessari per accelerare i progressi sul tema del clima, quali ad esempio la necessità di migliorare l’efficienza energetica e di ridurre le emissioni di metano derivanti dai processi di produzione del petrolio e del gas, la necessità di incrementare la ricerca e lo sviluppo nel campo delle tecnologie energetiche e la necessità di porre fine alla povertà energetica per tutti. Già oggi è evidente che, se il mondo intende porsi su una traiettoria coerente con l’obiettivo sul clima sottoscritto da molti paesi, dovrà essere in grado di gestire l’eredità del sistema energetico esistente, sfruttando contemporaneamente le fonti energetiche a basse emissioni di anidride carbonica già presenti e accelerando lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie che devono ancora essere adottate su larga scala. 

[Ndr: Il giornale – Oil 30 Energy Revolution – da cui è stato tratto questo articolo è stato chiuso in redazione il 25 novembre 2015].

L’articolo è disponibile anche su abo.net

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(sa)

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