I chip per telefoni cellulari introducono una nuova minaccia per Intel

I supercomputer non potranno continuare a diventare più veloci senza che comincino a consumare meno energia. Chip come quelli all’interno dei vostri telefoni cellulari, però, potrebbero renderlo possibile.

di Stacey Higginbotham

La più grande produttrice di chip al mondo, Intel, è in difficolta dopo essersi lasciata sfuggire il mercato dei chip per dispositivi mobili. Ora, però, questi stessi chip stanno cominciando a invadere un mercato che Intel ha sempre tenuto sotto controllo: il mercato dei supercomputer.

Questi strumenti vengono impiegati da governi, accademie e industrie per condurre ricerche su argomenti tanto vari da includere armamenti nucleari e nuovi farmaci. I chip Intel alimentano oltre il 90 percento dei 500 supercomputer più potenti al mondo e dominano i mercati dei server e dei PC. Smartphone e tablet sono invece sviluppati sulla base di chip prodotti dalla inglese ARM, che da tempo si è concentrata sull’efficienza energetica (vedi “Intel Outside”).

Pochi giorni fa, Fujitsu ha annunciato che avrebbe utilizzato i processori ARM per realizzare il successore di un supercomputer giapponese di nome Project K. Fujitsu sta costruendo il “Post-K” per il Riken Advanced Institute for Computational Science, che intende utilizzarlo per ricerche nei settori biomedicale, ambientale ed energetico. Il computer dovrebbe entrare in funzione nel 2020.

Fujitsu ha annunciato che il piano in Germania durante l’International Supercomputing Conference, dove Intel è stata colta da altre spiacevoli sorprese. Una nuova lista dei supercomputer più potenti al mondo non vede più la tecnologia x86 di Intel al comando.

I produttori del sistema cinese TaihuLight, presso il National Supercomputing Center di Wuxi, Cina, hanno utilizzato un processore realizzato su misura che adopera un’architettura nuova e non meglio precisata (vedi “New Fastest Supercomputer Is Chinese Through and Through”).

La potenza dei supercomputer può essere misurata dal numero di operazioni che riescono a completare in un secondo, utilizzando un sistema metrico conosciuto come FLOPS. Il supercomputer della TaihuLight opera a 93 petaflop – un migliaio di miliardi di operazioni al secondo.

La società vanta una potenza computazionale esorbitante, ma ancora non basta. E le prospettive di realizzare supercomputer sempre più veloci, negli ultimi anni, sono sempre più vaghe. L’impiego di chip più potenti – solitamente ideati da Intel – era solito portare a guadagni prevedibili nei computer ad alte prestazioni. Altri fattori, quali la velocità a cui i dati possono essere spostati all’interno del sistema, sono però un limite. Oltretutto, la bolletta della luce per i migliori supercomputer non va assolutamente presa alla leggera. La corsa verso la realizzazione di macchine più grandi, insomma, sembrerebbe essere incappata in un serio ostacolo.

I computer di ogni genere erano soliti diventare sempre più potenti con l’introduzione di chip dotati di transistor sempre più numerosi e piccoli. Questo trend, conosciuto come la Legge di Moore, sta però rallentando pesantemente. Come se non bastasse, il consumo dei chip sta aumentando vertiginosamente. I produttori di supercomputer hanno cominciato a contemplare design alternativi che potrebbero permettere alle loro macchine di continuare a diventare più veloci. Fra questi, emerge così la ARM.

“È un momento importante per trovarsi nell’informatica ad alte prestazioni”, dice James Cuff, assistente decano per la ricerca nel settore informatico presso l’Università di Harvard. “Coloro che sapranno sviluppare macchine tenendo in considerazione il fattore energetico e munendo i loro sistemi degli algoritmi e dei codici fondamentali giocheranno un ruolo vincente in questo nuovo gioco”.

La ARM investe ormai dal 2011 nella distribuzione dei suoi chip all’interno del mercato dei computer ad alte prestazioni. Ha stretto collaborazioni con IBM e con Nvidia, ed ha recentemente avviato partnership per sviluppare processori da destinare ai software di ricerca.

La strategia della società deve essere ancora messa alla prova, visto che non è ancora stato realizzato alcun supercomputer basato sui suoi chip, spiega Jack Dongarra, un professore di scienza informatica dell’Università del Tennessee di Knoxville nonché uno degli autori dell’ultima lista dei 500 supercomputer più potenti al mondo. In questa nuova era di consapevolezza energetica per i supercomputer, però, potrebbe riscuotere un certo successo. “Credo che la ARM abbia un grande potenziale”, dice. “Non è stato ancora dimostrato nei macchinari su larga scala, ma non c’è niente che possa limitare l’uso di questo design”.

(MO)

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