I CEO sono decisivi per la riapertura in sicurezza

Fino a quando non ci sarà una terapia vincente o un vaccino per la covid-19, la salute pubblica sarà legata in buona misura alle decisioni dei leader aziendali. 

di Ajay Agrawal, Joushua Gans, Avi Goldfarb e Mara Lederman

Forse la più grande implicazione della riapertura delle economie nazionali è che la responsabilità di affrontare la pandemia della covid-19 passerà dal settore pubblico a quello privato. I CEO di Fortune 500 e i proprietari di piccole imprese prenderanno presto decisioni che incidono non solo sulle prospettive delle loro attività, ma anche sulla salute dei loro dipendenti, appaltatori, clienti e fornitori, che a loro volta hanno influenza su quella delle loro famiglie, amici e vicini. Con una posta così alta, in che modo i leader aziendali dovrebbero pianificare le loro azioni in vista della riapertura?

Ecco un framework semplice, ma efficace per la creazione di un piano.

L’attuale crisi è determinata dal fatto che non abbiamo ancora a disposizione una terapia vincente o un vaccino per il nuovo coronavirus. I manager possono fare poco su questo versante. Ma fino a quando il problema di salute non sarà risolto, i luoghi di lavoro saranno a rischio di contagio. Il problema di gestione è relativo al dilemma se e come riaprire le imprese, dato che la diffusione del virus sul posto di lavoro rimane una vera minaccia. 

Se si sapesse chi ha il virus (è contagioso), chi lo ha avuto (immune) e chi non lo ha mai avuto (sensibile), non ci sarebbe alcuna crisi economica. Richiederemmo semplicemente alle persone infette di mettersi in quarantena mentre la stragrande maggioranza che gode di buona salute farebbe una vita normale. In altre parole, non avere tali informazioni ci sta costando, secondo una stima, 375 miliardi di dollari al mese a livello globale. 

Esistono due tipi di soluzioni a questo problema. In primo luogo, le soluzioni basate sui dati, che prevedono la conoscenza di chi è contagioso e chi è immune e quindi di utilizzare queste informazioni per decidere chi deve entrare nel posto di lavoro. In secondo luogo, poiché questi dati saranno inevitabilmente imperfetti, le soluzioni permanenti, vale a dire tecnologie e accorgimento che limitano la diffusione del virus quando siano presenti persone contagiate. Il lockdown è la soluzione permanente più estrema.

Soluzioni basate sui dati

Esistono diversi modi per raccogliere informazioni su chi rischia di essere contagioso. Il più ovvio consiste nei tamponi rinofaringei. Questi test a volte possono essere inaffidabili, non sono sempre prontamente disponibili e richiedono giorni per ottenere i risultati. Nel tempo, questa situazione dovrebbe migliorare ed è prevedibile che alla fine verranno effettuati test frequenti sui dipendenti.

Un altro modo è il monitoraggio dei sintomi, in particolare quelli lievi che il paziente potrebbe non riconoscere. In alcuni paesi è già previsto il controllo della temperatura prima di poter entrare in ufficio, ristorante, aereo o metropolitana. Il sistema è utile, ma imperfetto: alcune persone con febbre non avranno il coronavirus, mentre altre senza febbre potrebbero comunque essere infettate. 

La combinazione dei controlli di temperatura con altre informazioni diagnostiche come le radiografie del torace in ospedale e i livelli di ossigeno nel sangue può migliorare la precisione. Queste forme di raccolta di informazioni possono essere meno accurate dei test diretti per il virus, ma possono essere più economiche, più veloci e più facili da implementare regolarmente e su vasta scala per i datori di lavoro.

Esistono anche procedure per andare alla ricerca di segnali del contagio sul posto di lavoro, anche se non si sa chi è infetto. Si stanno sviluppando sensori in grado di rilevare il coronavirus nell’aria. Altri test possono rilevarne le tracce nelle acque reflue. Le tecnologie di apprendimento automatico potrebbero combinare queste e informazioni provenienti da altri sensori per prevedere la probabilità che qualcuno in un edificio o in un quartiere sia infetto e prescrivere test individuali per tutti. 

Nel nostro libro Prediction Machines abbiamo descritto come i progressi dell’intelligenza artificiale consentano previsioni sempre più complesse da un’ampia varietà di fonti di dati come queste. Il problema è che le soluzioni basate sui dati sono probabilistiche e alcuni errori sono inevitabili. La frode con carta di credito rappresenta un buon esempio. 

Supponiamo che una banca riceva un avviso che esiste una possibilità dell’1 per cento che una transazione con carta di credito sia fraudolenta. La banca dovrebbe rifiutare la transazione o farla procedere? Questa decisione dovrebbe dipendere dalla redditività del cliente per la banca?

Lo stesso vale per il coronavirus: l’attività economica dovrebbe continuare a funzionare se esiste una probabilità dell’1 per cento che una persona infetta si presenti sul posto di lavoro? Che dire una probabilità del 5 per cento o dello 0,1? 

La risposta dipende dai benefici relativi ai costi, dall’importanza di aprire il luogo di lavoro fisico rispetto al rischio di infezione. In effetti, questo è il motivo per cui supermercati, farmacie e altre attività essenziali sono rimasti aperti durante la crisi senza una soluzione basata sui dati. 

D’altra parte, molte aziende di servizi professionali possono funzionare abbastanza bene da remoto, quindi i loro luoghi di lavoro fisici rimangono chiusi. Anche se non è possibile ridurre a zero la probabilità che il virus entri in un posto di lavoro, è possibile limitare il suo impatto in caso di accesso, applicando altre strategie. 

Soluzioni permanenti

Fino a quando le soluzioni basate sui dati non miglioreranno, i manager faranno riferimento ad altri strumenti per riaprire le loro attività. Tutte le decisioni che in precedenza sarebbero state prese sulla base della produttività e dell’efficienza ora devono essere prese considerando la possibilità di contagio. 

Nel settore della ristorazione, per esempio, il flusso di persone in entrata e in uscita dalla cucina è ora un problema di gestione del rischio di contagio, come nel caso del settore della moda al dettaglio, con le decisioni inerenti l’opportunità di aprire spogliatoi o consentire ai clienti di provare articoli. 

Il passaggio dai documenti cartacei a quelli digitali ora riduce il rischio di infezione, aumenta l’efficienza e permette dei risparmi. Il rischio di trasferire il virus tramite il denaro contante incrementa i vantaggi dei sistemi di pagamento digitali. Ad oggi, abbiamo visto due grandi tipi di soluzioni sempre attive. Il primo tipo non modifica il numero o la natura delle interazioni, ma mira a renderle meno rischiose. Maschere, stazioni disinfettanti per le mani e schermi in plexiglass ai banchi della reception e alla cassa dei negozi rientrano tutti in questa categoria.

Il secondo tipo sono quelle che mirano a diminuire l’interazione fra le persone. Questi includono spazi fisici riprogettati (per ridurre al minimo incroci o superfici ad alto contatto), flussi di lavoro riprogettati (per consentire il lavoro da svolgere in parallelo o in sequenza anziché congiuntamente) e riprogettazione dei processi di gestione delle persone (per ridurre al minimo le interazioni tra gruppi o team). Le riduzioni di capacità (licenziamenti e congedi) o clienti (attraverso limiti di occupazione dello spazio) rientrano anche in questa categoria.

Le soluzioni permanenti comportano costi aggiuntivi per l’azienda. Ci sono costi diretti per i dispositivi di protezione e le pulizie più frequenti. Con capacità ridotta, i profitti diminuiranno. Inoltre, la reingegnerizzazione di spazi, flussi di lavoro e processi può comportare una minore produttività, una maggiore inefficienza o l’insoddisfazione dei lavoratori. 

E’ altrettanto vero che alcuni cambiamenti potrebbero aumentare la produttività. Alcune aziende, specialmente quelle in città congestionate come New York, riferiscono che il lavoro da casa le ha rese più produttive, principalmente perché elimina i lunghi spostamenti.

Diversi tipi di imprese si prestano in modo differente all’adozione di soluzioni permanenti. È più facile mantenere le distanze sociali nei garden centre che dai parrucchieri. Alcune aziende scelgono di non aprire anche se sono autorizzate: molti ristoranti hanno mantenuti chiusi i loro servizi di ristorazione perché con il distanziamento sociale non possono consentire a un numero sufficiente di clienti alla volta di compensare i costi degli addetti alle pulizie e del personale.

Le scelte personali

Come manager, si è responsabili delle misure e della raccolta delle informazioni su chi è contagioso e chi immune, sulla modalità e frequenza delle richieste e sul tipo di azioni da portare avanti al riguardo, in base al rischio che l’organizzazione è disposta a sopportare. È inoltre necessario decidere in che modo intervenire sui processi quotidiani per limitare la diffusione della malattia nel caso in cui una persona infetta arrivi sul posto di lavoro e considerare anche come tali cambiamenti influenzeranno  sicurezza e produttività. 

Non ha senso riportare i lavoratori in ufficio se le soluzioni permanenti impediscono loro di svolgere il proprio lavoro meglio di quanto farebbero a casa. L’insieme di queste decisioni determinerà se l’azienda potrà sopravvivere e prosperare, in attesa di una terapia o del vaccino. Queste decisioni comportano compromessi calcolati, una comprensione del rischio e la capacità di innovare.

In vista di una seconda ondata della covid-19, molti amministratori delegati di grandi imprese inizieranno a comportarsi come presidenti e primi ministri. Riferiranno il loro numero di infezioni e decessi, spiegheranno le loro strategie per mantenere piatte le curve, decideranno quanto velocemente allentare le misure di isolamento e passare alla modalità di gestione delle crisi in caso di epidemia. 

Alcuni saranno più simili agli Stati Uniti, altri più simili alla Svezia. Ogni loro decisione sarà frutto di un compromesso tra profitto e sicurezza a breve termine e quindi comporterà alcuni rischi. Se il contagio colpirà, come probabilmente accadrà in alcuni casi, allora la questione centrale non sarà di chi è la colpa, ma se il rischio preso era ben calcolato.

Gli autori sono architetti del Creative Destruction Lab (CDL), un’organizzazione senza fini di lucro che vuole promuovere la commercializzazione della scienza per il miglioramento dell’umanità. Il nuovo programma di recupero del CDL supporta iniziative imprenditoriali che sviluppano soluzioni basate sull’informazione per fronteggiare la crisi covid-19. Joshua Gans è l’autore di Economist in the Age of Covid-19 (MIT Press, 2020).

(rp)

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