Dollaro sotto attacco

I governi che vogliono eludere le sanzioni statunitensi si stanno rivolgendo alle criptovalute per evitare i vincoli del sistema finanziario tradizionale.

di Mike Orcutt

L’America gode di una posizione unica di potere sul sistema finanziario mondiale grazie alla supremazia del dollaro statunitense, ma molti avversari ritengono di aver trovato un modo intelligente per aggirare questa configurazione vecchia di decenni: la criptovaluta.

Uno in particolare sta provando per la seconda volta a mettere la teoria in pratica. L’anno scorso, il governo venezuelano, sotto il presidente Nicolás Maduro, ha lanciato una criptovaluta sponsorizzata dallo stato, il petro.

Il piano, un tentativo trasparente di eludere le sanzioni statunitensi, non è decollato ed è unanimemente stato definito un fallimneto. Ma ora il governo venezuelano sembra essersi rivolto ai Bitcoin.

Il quotidiano spagnolo “ABC” ha riferito la scorsa settimana che l’amministrazione Maduro ha ideato un nuovo schema per convertire i pagamenti delle tasse aeree in Bitcoin e successivamente in dollari.

Il rapporto cita fonti aeroportuali secondo le quali i funzionari del governo si avvalgono dei portafogli digitali per utilizzare la valuta digitale negli scambi con Hong Kong, Russia, Cina e Ungheria, paesi in cui avviene la conversione in dollari e il trasferimento in contanti sui conti del governo venezuelano in quei paesi.

Questo sistema permette di aggirare le sanzioni statunitensi che bloccano i conti del governo venezuelano. 

I leader del Venezuela non sono i soli a ritenere che la tecnologia blockchain potrebbe costituire la base di un nuovo sistema finanziario che opera al di fuori del controllo degli Stati Uniti.

Secondo un recente rapporto, l’Iran, la Russia e la Cina potrebbero presto unirsi al Venezuela in una alleanza dei sostenitori delle criptovalute.

Il dollaro è ampiamente accettato come valuta di riserva mondiale, il che significa che i governi stranieri accumulano dollari e li usano per partecipare al commercio internazionale. 

Ciò significa che gran parte del commercio globale deve attraversare le banche statunitensi e che, in caso di conflitto, il governo degli Stati Uniti può fare leva sul suo potere per chiudere l’accesso ai dollari ai suoi avversari.

Secondo gli autori dell’ultimo rapporto della Foundation for Defence of Democracies (FDD), un think tank di Washington, per decenni non c’è stato un sistema alternativo che permettesse di “condurre un significativo commercio internazionale senza muoversi entro i confini del sistema finanziario globale guidato dagli Stati Uniti”. Ora, dicono, “si intravedono nuove possibilità”, utilizzando la tecnologia blockchain.

A breve termine, afferma Yaya Fanusie, uno degli autori del rapporto, assisteremo probabilmente a tentativi di evitare le sanzioni su piccola scala (come in Venezuela) sfruttando scambi tra monete e criptovalute. 

In effetti, lo si è già visto in Corea del Nord: a marzo, un gruppo di esperti ha riferito alle Nazioni Unite che gli hacker sponsorizzati dallo Stato nordcoreano hanno rubatopiù di mezzo miliardo di dollari in criptovaluta dalle piattaforme di trading online tra il 2017 e 2018.

Ma Fanusie e l’altro co-autore Trevor Logan sostengono che le quattro nazioni particolarmente attente allo sfruttamento del potenziale delle criptovalute – Russia, Iran e Cina oltre al Venezuela – stanno attivamente esplorando le possibilità offerte dalle blockchain per svolgere attività commerciali senza doversi legare a doppio filo ai dollari statunitensi. 

L’infrastruttura a sostegno della criptovaluta è ancora troppo lenta e inefficiente per aspirare a diventare un legittimo concorrente del sistema guidato dagli Stati Uniti, ma se queste nazioni riuscissero a trovare il modo di risolvere questi problemi tecnici, la situazione potrebbe cambiare.

I critici hanno descritto il rapporto del FDD come eccessivo, in particolare verso l’Iran. Ma gli argomenti degli autori sono generalmente supportati da dichiarazioni del governo e da dati di fatto.

Russia

“Mosca sta dando priorità al progresso della tecnologia blockchain come obiettivo di sicurezza economica e nazionale a lungo termine per ridurre l’impatto delle sanzioni statunitensi e diversificare le sue riserve in valuta estera”, scrivono Fanusie e Logan.

Nel 2017, secondo il “New York Times”, un funzionario dell’intelligence russa ha dichiarato ai partecipanti a una riunione internazionale sulla blockchain: “Internet apparteneva all’America. La blockchain apparterrà ai russi”.

Il presidente Vladimir Putin ha affermato che la Russia dovrebbe esplorare l’uso della tecnologia blockchain, in parte per “superare i limiti del sistema finanziario globale”.

Diverse banche di proprietà statale e il sistema nazionale dei depositi di sicurezza russo, l’ente che regola le negoziazioni dei titoli nel paese, stanno eseguendo test pilota su possibili applicazioni blockchain.

I funzionari delle banche centrali russe hanno fatto anche intravedere la possibilità di utilizzare una blockchain e forse una valuta digitale per costruire un nuovo sistema di pagamento per i membri dell’Unione Economica Eurasiatica, un mercato che riunisce diversi stati situati nel nord dell’Asia e nell’Europa orientale.

L’anno scorso, le principali banche di sviluppo russe hanno stretto un accordo con le controparti di Brasile, India, Cina e Sudafrica per studiare la tecnologia di contabilità distribuita su una rete di numerosi computer.

Iran

La banca centrale iraniana sta seriamente prendendo in considerazione l’idea di creare la propria criptovaluta sostenuta dallo stato per fronteggiare le sanzioni.

A gennaio, secondo il “Tehran Times”, il responsabile dell’Organizzazione per la promozione commerciale dell’Iran ha affermato che la nazione stava negoziando con altri otto paesi l’adozione di una criptovaluta per “aggirare le sanzioni guidate dagli Stati Uniti”. 

Secondo il rapporto del DFF, la banca centrale dell’Iran è “fortemente motivata” a sviluppare un’alternativa, forse basata sulla blockchain, al sistema di pagamento internazionale da banca a banca gestito dalla Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication o SWIFT. 

Alla fine dell’anno scorso il servizio ha sospeso un certo numero di banche iraniane, probabilmente a causa delle sanzioni statunitensi. Fanusie e Logan aggiungono che la Russia appare come il “migliore alleato dell’Iran nel mettere a punto la strategia di resistenza basata sulla blockchain”.

Cina

Tra questi paesi, la Cina è la meno minacciata dalle sanzioni statunitensi e i suoi leader hanno rivelato pochi dettagli specifici su quanto vuole investire nella tecnologia blockchain.

Tuttavia, “diminuire l’influenza degli Stati Uniti sul sistema finanziario globale è una priorità nazionale”, scrivono Fanusie e Logan, che affermano che la Cina si trova nella posizione migliore per creare un sistema basato sulla blockchain, in grado di competere con quello basato sul dollaro.

I due autori sostengono inoltre che un renminbi digitale rafforzerebbe gli scambi con le aziendi cinesi che partecipano alla Belt and Road Initiative, una strategia globale per investire in infrastrutture commerciali in paesi che rappresentano oltre il 60 per cento della popolazione mondiale.

La Banca Popolare Cinese si interessa alla valuta digitale da almeno il 2014, e nel 2016 il governatore della banca ha fatto capire che era inevitabile che la valuta digitale potesse alla fine coesistere con denaro fisico.

Nel 2017, il governo cinese ha creato un Istituto di ricerca sulla moneta digitale e ha annunciato che avrebbe dato la priorità allo sviluppo della blockchain come parte del suo piano quinquennale. La banca centrale e il governo sono attualmente impegnati in diversi progetti sulla blockchain. 

Di recente, Wang Xin, direttore del reparto di ricerca della Banca Popolare Cinese, ha espresso preoccupazione per le potenziali conseguenze della valuta digitale proposta da Facebook per il sistema finanziario globale, ipotizzando che la Cina potrebbe lanciare la propria valuta digitale in risposta.

E allora?

Cosa significherebbe per gli Stati Uniti e il resto del mondo se un’altra valuta potesse competere con il dollaro o addirittura sostituirlo come valuta di riserva? Finora, spiega Fanusie, c’è stata scarsa riflessione sulle implicazioni di questa prospettiva per la stabilità del sistema finanziario guidato dagli Stati Uniti.

Il governo degli Stati Uniti, continua Fanusie, cerca di impedire ai criminali di utilizzare la criptovaluta per riciclare denaro, ma non è sembrato considerare in modo altrettanto pronto questa “domanda più ampia e sistemica”.

Il rapporto invita il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti a prendere in considerazione “scenari di rischio” per analizzare ciò che accadrebbe se un altro stato-nazione implementasse con successo un sistema finanziario alternativo in grado di minare l’influenza degli Stati Uniti. 

In ogni caso, il governo potrebbe aver bisogno di maggiori competenze al suo interno, conclude Fanusie: “I migliori economisti ed esperti del ministero devono capire come funziona la tecnologia blockchain per riuscire a elaborare scenari che evidenziono il reale impatto dell’ecosistema digitale sull’economia americana”.

Foto: Il Presidente venezuelano Nicolàs Maduro

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