L’ultima decisione della Corte limiterà il potere dell’EPA, l’agenzia ambientale americana, di regolare le emissioni di anidride carbonica e di intervenire sui gas serra
Casey Crownhart
La capacità dell’Agenzia per la protezione ambientale di regolare le emissioni di anidride carbonica e altri gas serra è stata messa in crisi dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Meno di una settimana dopo aver aver ribaltato la storica sentenza sull’aborto, la Roe v. Wade, l’ultima decisione della Corte in West Virginia v. EPA potrebbe avere risultati di vasta portata per la politica climatica degli Stati Uniti mentre il mondo continua a stabilire nuovi record per le emissioni di gas serra.
Cosa dice la sentenza?
La decisione stabilisce che le azioni dell’EPA, legate a una norma del 2015 che indicava limiti alle emissioni delle centrali elettriche, sono andate oltre i suoi poteri. “Intervenire sulle emissioni di anidride carbonica per limitare a livello nazionale l’uso del carbone per generare elettricità può essere una ‘soluzione sensata alla crisi climatica'”, si legge nella decisione, “ma non è plausibile che il Congresso abbia dato all’EPA l’autorità di adottare in piena autonomia un tale schema di regolamentazione. Solo il Congresso ha il potere di prendere una decisione di tale portata e conseguenza”.
È probabile che questa decisione abbia “ampie implicazioni”, afferma Deborah Sivas, professoressa di diritto ambientale della Stanford University. Non solo la Corte sta vincolando il raggio d’azione futuro dell’EPA sulla politica climatica, ma questa decisione “è un duro colpo per l’immagine dell’agenzia”, aprendo la strada ad altre limitazioni.
La sentenza, che è l’ultima di una serie di decisioni “esplosive” della Corte, si è collocata nel solco delle divisioni ideologiche. Il Presidente della Corte suprema, John Roberts, ha scritto l’opinione della maggioranza, condivisa dai giudici conservatori, tra cui Samuel Alito, Amy Coney Barrett, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Clarence Thomas. Hanno dissentito Stephen Breyer, Elena Kagan e Sonia Sotomayor.
Come si è arrivati alla decisione?
La domanda principale era quanto potere dovrebbe avere l’EPA per regolare le emissioni di carbonio e cosa è autorizzata a fare. Questa domanda è stata sollevata da una norma EPA del 2015 chiamata Clean Power Plan, che faceva riferimento alle emissioni di gas serra delle centrali elettriche, richiedendo a ogni stato di elaborare un piano da presentare al governo federale per tenerle sotto controllo.
Diversi stati e gruppi privati hanno immediatamente contestato il Clean Power Plan, sostenendo che si trattava di un abuso di potere da parte dell’agenzia, e la Corte Suprema lo ha sospeso nel 2016. Dopo l’abrogazione del piano durante la presidenza di Donald Trump e una serie di azioni legali, un tribunale distrettuale di Washington DC ha stabilito nel gennaio 2021 che il Piano per l’energia pulita rientrava nell’autorità dell’EPA.
Il caso della Corte Suprema West Virginia v. EPA è il risultato di ricorsi contro tale decisione del tribunale distrettuale. Una manciata di stati, così come diverse aziende carbonifere, hanno sostenuto che la capacità l’EPA dovrebbe avere poteri più limitati nel regolare le emissioni di quelli che ha esercitato nel Clean Power Plan.
Quali erano le diverse posizioni?
Gli stati sostengono che l’EPA dovrebbe essere autorizzata solo a regolamentare le singole centrali elettriche e che non potrebbe stabilire standard a livello di settore come ha fatto con il Clean Power Plan. In secondo luogo, sono del parere che poiché l’EPA stava introducendo regole che avrebbero avuto un impatto economico di vasta portata, l’agenzia stava ampiamente oltrepassando quanto stabilito dal Congresso.
Il Clean Air Act del 1970 ha conferito all’EPA l’autorità di regolare l’inquinamento e gli emendamenti nel 1990 hanno ampliato il ruolo dell’agenzia. Questo nuovo potere, come ha rilevato la Corte Suprema in un caso del 2007, ha incluso la lotta alle emissioni di gas serra.
L’amministrazione Biden sostiene che la Corte non dovrebbe affatto esaminare gli effetti del Clean Power Plan, dal momento che non è mai entrato in vigore e ritiene che dovrebbe attendere fino a quando non verranno stabilite nuove norme prima di decidere come l’EPA si dovrebbe regolare con le emissioni.
I giudici dissenzienti affermano che la sentenza sottrae l’autorità all’EPA di regolamentare l’inquinamento, compresi i gas serra, un’autorità che secondo loro è stata concessa dal Clean Air Act. Nella loro opinione, hanno descritto i potenziali danni del cambiamento climatico, comprese inondazioni, ondate di calore e disastri naturali, commentando: “Il Congresso ha incaricato l’EPA di affrontare queste situazioni potenzialmente catastrofiche, anche attraverso la regolamentazione delle centrali elettriche alimentate a combustibili fossili.
“La sezione 111 del Clean Air Act ordina all’EPA di regolamentare le fonti fisse di qualsiasi sostanza che “causa o contribuisce in modo significativo all’inquinamento atmosferico” e che “si può ragionevolmente prevedere che metta in pericolo la salute o il benessere pubblico”. L’anidride carbonica e altri gas serra corrispondono a questa descrizione”.
Cosa significa tutto questo?
La decisione limiterà la capacità dell’EPA di agire sul clima senza il sostegno del Congresso. L’agenzia sarà ancora in grado di intraprendere alcune azioni nella regolamentazione delle emissioni, inclusa la richiesta di nuove tecnologie alle centrali elettriche, ma programmi di più ampia portata, come la fissazione di limiti di emissione per incoraggiare l’abbandono del carbone, potrebbero subire un serio rallentamento.
Secondo David Victor, professore di politiche pubbliche dell’Università della California, a San Diego, “il messaggio all’EPA è di muoversi coi piedi di piombo sulle regole future per i gas serra”. Il governo federale sarà ancora in grado di incoraggiare i tagli alle emissioni attraverso incentivi come crediti d’imposta e investimenti pubblici, spiega Victor, ma per quanto riguarda l’applicazione di regole vincolanti, il governo federale sarà indotto a lasciare spazio ai singoli stati per intervenire.
“Questa decisione aggiunge ulteriore incertezza sulla capacità del governo federale di regolare l’inquinamento”, spiega Victor, “e renderà più difficile per l’autorità centrale fare promesse ad altri paesi e influenzare le loro azioni sul clima, con potenziali effetti negativi sugli investimenti privati.
Lindsey Walter, vicedirettore del clima e dell’energia presso Third Way, un think tank di politica pubblica, ritiene che sia il momento di intervenire per il congresso. Ma come affermano i giudici dissenzienti, “la realtà è che la Corte priva l’Agenzia per la protezione ambientale (EPA) del potere che il Congresso le ha concesso per rispondere alla ‘sfida ambientale più urgente del nostro tempo’”.
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(rp)