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UN TELEFONO CELLULARE CHE PAGA IL VOSTRO BIGLIETTO DELLA METROPOLITANA, VI FA PASSARE PIU’ RAPIDAMENTE I CONTROLLI AEROPORTUALI E AZIONA A DISTANZA GLI ELETTRODOMESTICI DELLA VOSTRA CASA? LA GIAPPONESE NTT DOCOMO NE STA REALIZZANDO UNO, ANTICIPANDO IL PREVISTO AVVENTO DELL’INFORMATICA UBIQUA.

di CHARLES C. MANN

TAKESHI NATSUNO è INTERESSATO AL VOSTRO PORTAFOGLIO: CONTANTI, CARTE DI CREDITO, PATENTE DI GUIDA, LE FOTO DI FAMIGLIA. SE RIESCE AD ARRIVARCI SI IMPOSSESSA DELLE VOSTRE PASSWORD, DEI VOSTRI CODICI D’ACCESSO E DI TUTTO CIò CHE HA UN VALORE.

Ma Natsuno non è un ladro. Egli è l’amministratore delegato di NTT DoCoMo, la più grande azienda di telecomunicazioni cellulari giapponesi e una delle più innovative al mondo, e si occupa della strategia i-mode. Il nome dell’azienda richiede alcune spiegazioni: la sigla NTT significa Nippon Telegraph and Telephone, l’ex impresa telefonica statale che possiede due terzi della azienda. DoCoMo è invece il complesso acronimo di Do Communications over the Mobile Network e allo stesso tempo richiama la parola giapponese dokomo, che vuol dire ovunque. I-mode è il servizio wireless per Internet di DoCoMo, di gran lunga il più apprezzato al mondo con circa 41 milioni di abbonati solo in Giappone (rispetto ai 4 milioni di PCS Vision di Sprint, il più popolare servizio dati wireless negli Stati Uniti), per non parlare delle versioni concesse in licenza in diverse nazioni europee e a Taiwan. Natsuno vuole il vostro portafoglio perché DoCoMo punta sull’ i-mode per trasformare il cellulare in una forma di controllo remoto di tutta la vostra vita e per fornire un’anticipazione di come sarà il mondo futuro dominato dall’informatica ubiqua.

Il progetto è in fase d’avvio con l’introduzione di un tipo di telefono nuovo e molto più versatile. Come i cellulari in circolazione si potranno fare e ricevere telefonate. Come i normali apparecchi i-mode consentirà di spedire e ricevere e-mail, fare giochi on-line e accedere a uno qualunque dei 78.000 siti web compatibili con il sistema i-mode. Come gli altri telefoni DoCoMo potrà scattare fotografie, leggere il codice a barra e permettere di ascoltare la musica scaricata con le cuffie o dei minuscoli altoparlanti di ottima qualità. Ma il nuovo apparecchio conterrà anche un chip speciale, prodotto da Sony, che permetterà di pagare al supermercato, fornire i dati personali, aprire una porta, adoperare gli elettrodomestici, affittare film, comprare biglietti di autobus e metropolitana e svolgere una serie infinita di altri compiti.

«Le carte di credito, quelle di fedeltà, le chiavi, il contante – tutto ciò che si trova normalmente nel portafogli o nella borsetta – dovrebbero finire nel telefonino», dice Natsuno. «Portando il cellulare appresso, non si avrebbe bisogno di altro che dei vestiti».

Più che un piccolo progresso nella tecnologia cellulare, il nuovo sistema di DoCoMo rappresenta il primo passo verso una versione meno sofisticata di uno dei sogni più esaltanti della scienza informatica: l’ubiquità. Coniata dal compianto Mark Weiser del Palo Alto Research Center di Xerox alla fine degli anni 1980, l’espressione si riferisce alla promessa «terza ondata» informatica, in cui i computer in rete sono immersi senza soluzione di continuità nell’ambiente umano. Nello scenario originale di queste reti, i frigoriferi di chi lavora in ufficio verificano ogni pomeriggio la presenza o meno del latte; quando l’impiegato entra nella propria macchina, il suo telefono chiama automaticamente a casa dove l’elettrodomestico gli ricorda di comprare il latte. Altri mondi ipotetici dominati dall’informatica ubiqua hanno previsto una serie di nuovi apparecchi esotici come i frigoriferi e le tazzine da caffè intelligenti o l’applicazione generalizzata di sensori e attuatori sofisticati nell’ambiente che ci circonda.

DoCoMo, invece, ha intrapreso un approccio completamente differente. L’azienda sta mettendo insieme una versione agile di informatica ubiqua, adattando il software e l’hardware esistenti e garantendo il controllo del sistema con i telefoni cellulari che i suoi clienti già possiedono.

«”Informatica ubiqua” è una di quelle espressioni tecniche che non interessano ai clienti», sostiene Natsuno. «Non userò questa espressione, ma credo proprio che sia la direzione verso cui stiamo andando». A suo parere saranno raggiunti contemporaneamente due obiettivi: un passo avanti nel futuro e la diffusione in tutto il mondo della tecnologia DoCoMo.

AMORE AL PRIMO BYTE

La scena continua a sorprendere chi viene dagli Stati Uniti. Una vettura della metropolitana si ferma alla stazione e gli altoparlanti annunciano una sosta di qualche minuto per pulire i binari da alcuni detriti. Alla notizia del ritardo in un paese come il Giappone campione di puntualità, tutti i passeggeri silenziosamente e contemporaneamente estraggono i loro cellulari e digitano un messaggio che suona all’incirca in questo modo: «Scusami, ma arriverò con un leggero ritardo …».

Il Giappone non è la società con la più larga diffusione delle connessioni wireless; il primato spetta a Taiwan e al Lussemburgo che hanno 106 cellulari ogni 100 abitanti, rispetto ai soli 64 ogni 100 del Giappone, secondo i dati più recenti dell’International Telecommunication Union. Ma i giapponesi usano la comunicazione mobile in misura maggiore di tutti gli altri. La messaggeria testuale, per esempio, è un’alternativa diffusa e incoraggiata rispetto ai telefoni che squillano e alle telefonate nei luoghi pubblici che sono (giustamente) considerati fonte di irritazione. è abbastanza normale vedere qualcuno in un negozio di alimentari o in una rosticceria che fotografa il cibo con il suo cellulare, spedisce l’immagine al consorte e aspetta la risposta per sapere se acquistare il prodotto. Contemporaneamente i bambini annoiati nel carrello della spesa si dilettano con qualche giochino sul secondo telefono familiare.

Secondo Mizuko Ito, un’antropologa dell’Annenberg Center for Communication dell’University of Southern California, la ragione di questa rapida adozione della tecnologia cellulare è legata meno alle caratteristiche comportamentali dei giapponesi che alla densità della popolazione urbana e al tasso relativamente basso di proprietà dei computer. «I giapponesi passano moltissimo tempo sui mezzi di trasporto e a passeggio nelle loro cittàDD, ella afferma. «Così mentre i ragazzi americani siedono nelle loro stanze e si scambiano messaggi dai loro computer, quelli giapponesi, che non possiedono computer e non hanno una loro stanza, si ritrovano sui treni, in metropolitana o in strada e si spediscono messaggi sui keitai (telefono cellulare)». Quando le città statunitensi diventeranno più popolate e più dipendenti dai trasporti di massa, assomiglieranno a quelle giapponesi. «In questo senso», sostiene Ito, «gli americani possono veder rispecchiato nel Giappone il loro futuro».

DoCoMo ha a lungo incoraggiato l’uso del cellulare da parte dei giapponesi. L’azienda è nata ufficialmente nel 1992, quando il governo ha eliminato il precedente monopolio di NTT sulle comunicazioni mobili. In quel periodo i telefoni cellulari erano «uno strumento di rappresentanza fornito dall’azienda a pochi prescelti», secondo Kenji Kohiyama, per molto tempo manager di NTT e direttore di DoCoMo House, un gruppo di esperti di comunicazioni della Keio University, vicino Tokyo, finanziato dall’azienda. A parere di Kohiyama i cellulari non sono diventati un articolo di massa fino al 1994, quando DoCoMo smise di affittarli ai clienti e cominciò a venderli a prezzi ridotti, recuperando le perdite sui costi grazie all’incremento del volume di chiamate telefoniche. In 2 anni, il numero di abbonati a DoCoMo raddoppiò da poco meno di 1 milione e mezzo a quasi 3 milioni. In 5 anni il numero era salito a circa 20 milioni.

Quell’anno – si trattava del 1999 – l’azienda introdusse l’i-mode. «Pensavamo che il mercato delle comunicazioni vocali fosse saturo, per cui dovevamo fare qualcosa», dice tra il serio e il faceto Natsuno. «Pertanto portammo il telefono in Internet, il mondo virtuale».

Gli utenti all’inizio potevano fare poco più che accedere a qualche sito web aziendale. Ma poiché l’i-mode usava una versione ridotta e speciale del normale software Web invece del software completamente nuovo previsto dalle aziende di telefonia cellulare americane ed europee, i singoli utenti e le imprese furono rapidamente in grado di organizzare decine di migliaia di siti i-mode, con o senza l’approvazione di DoCoMo. Nel frattempo l’azienda ha continuato a migliorare le prestazioni dei telefoni cellulari; i modelli più recenti, usciti a marzo, possono fare foto di due megapixel, leggere file in Word ed Excel, registrare fino a due ore di audio, ospitare animazioni Flash e giochi simili a quelli su PlayStation su schermi che per gli standard americani sono sorprendentemente chiari e luminosi.

Al momento, dice Natsuno, «siamo impegnati sul multimediale. In questo modo riduciamo le distanze tra il telefono e il mondo reale».

CARTE PIù CHE INTELLIGENTI

All’inizio ciò significa principalmente dotare i nuovi telefoni di un chip conosciuto come «circuito integrato non a contatto». Più piccolo e più sottile di una monetina e collegato a un’antenna di pellicola leggera inclusa nel telefono, il chip è come un piccolo e rapido computer, piuttosto stupido, dai costi di produzione incredibilmente bassi. Il chip scelto da DoCoMo è FeliCa di Sony (il nome deriva dall’incontro tra le parole felicity e card) che ha 9 kilobyte di memoria ad accesso casuale e un’intelligenza sulla sua scheda principale sufficiente per rispondere ai segnali radio a corto raggio emessi da un chip di lettura/scrittura.

A Tokyo, l’esempio più familiare di lettore è nel cancelletto ruotante usato nelle ferrovie e nelle stazioni metropolitane giapponesi. Dai distributori automatici di biglietti i passeggeri acquistano le «carte intelligenti», rettangoli di plastica con un chip interno della forma e dimensioni di una carta di credito. Ogni scheda è «caricata» con una somma prestabilita: all’incirca 10, 30 o 50 dollari. Le persone infilano le carte nel loro portafogli o nelle loro borsette che, passando, fanno sbattere leggermente sul cancelletto girevole. Nel breve intervallo in cui avviene il contatto, il chip interno alla carta e il lettore del cancelletto effettuano uno «scambio crittografico», vale a dire che si lanciano una serie di messaggi in codice. Il cancelletto comunica la sua posizione; la carta dichiara quanto credito ha ancora a sua disposizione; il cancelletto preleva il costo base del biglietto e all’uscita effettua un’operazione analoga, calcolando il costo reale del viaggio e detraendolo dalla carta.

L’intera transazione richiede meno di un decimo di secondo. Ciò significa che le persone attraversano rapidamente i cancelletti – un elemento fondamentale per le ferrovie giapponesi – ma anche che lo scambio di dati avviene prima che l’utente scosti la carta, diminuendo il rischio di una transazione incompleta, che rappresenta una delle sfide tecniche più impegnative in sistemi in cui le carte non passano fisicamente attraverso i lettori. Secondo Tadashi Morita, il direttore dell’operazione FeliCa a Sony (nessun rapporto con l’ex fondatore di Sony, Akio Morita), i sistemi più lenti corrono il rischio che gli utenti inviino l’informazione sul pagamento, ma oltrepassino il lettore prima che venga loro restituito il biglietto. «Essi non sanno se l’importo è stato addebitato o no», egli dice. «Bisogna evitare che le persone paghino due volte o non paghino affatto».

I sistemi di pagamento wireless si stanno diffondendo velocemente. Hong Kong e Singapore hanno sistemi FeliCa nelle loro metropolitane così simili a quelli giapponesi che i tre governi stanno discutendo la creazione di carte di transito panasiatiche. A Washington, negli Stati Uniti, chi gira in metropolitana può acquistare schede simili prodotte da Cubic Transportation Systems, di San Diego, che ha anche realizzato l’infrastruttura informatica dei nuovi sistemi di pagamento di tariffa senza contatto della Chicago Transportation Authority.

Ma le carte presentano anche alcuni svantaggi. Poiché gli utenti non possono vedere di quanto credito dispongono, capita loro spesso di accorgersi di avere la carta esaurita o di non avere abbastanza denaro per pagare il biglietto solo dopo aver oltrepassato le porte del cancelletto. A rendere la situazione più mortificante, le carte FeliCa sono scomode da ricaricare: il possessore della carta deve risalire la fila dell’ora di punta, trovare il distributore di ricariche FeliCa e infilarci carta e soldi. Se gli viene rubata, il possessore della carta può a buon diritto ritenersi sfortunato: a differenza delle carte da credito, gran parte delle FeliCa non si può annullare, a meno che non lo faccia da sola; alcuni pendolari di Tokyo sostengono che i chip FeliCa non funzionano più dopo un anno e che sono costretti a battere ripetutamente sui cancelletti per registrare la transazione. Quando la carta non funziona più, chi la possiede perde la somma rimasta al suo interno.

L’unione tra la carta intelligente e un telefono cellulare con un display sofisticato elimina immediatamente questi problemi. Invece di ricaricare la carta al distributore automatico, gli utenti possono controllare il loro saldo chiamando il sito web bancario e prelevare denaro direttamente dal conto; il loro nuovo saldo apparirà sullo schermo del telefono. Protetti dal rivestimento dell’apparecchio telefonico, i chip si guastano meno facilmente; anche se si rompono, la banca registra tutte le transazioni, prevenendo le perdite finanziarie. Se i ladri rubano il telefono, continua Natsuno, «è sufficiente chiamare DoCoMo che cancella immediatamente l’accesso al vostro telefono e al vostro denaro».

Ancora più importante per Sony e DoCoMo è la possibilità di utilizzare l’unione tra cellulare e carta intelligente per consentire ai possessori del telefono di fare, per esempio, piccoli acquisti nei negozietti familiari o ai distributori automatici delle stazioni ferroviarie o della metropolitana. Successivamente, quando gli utenti avranno preso maggiore confidenza con il sistema, DoCoMo permetterà di spendere cifre maggiori. Gli articoli acquistati con la carta FeliCa potrebbero semplicemente essere addebitati con la bolletta telefonica (con DoCoMo che svolge il compito di riscuotere, le paure dei commercianti di non essere pagati dovrebbero svanire perché l’azienda telefonica ha il potere di tagliare l’accesso telefonico; un disincentivo significativo in un paese in cui non avere il telefono è sinonimo di emarginazione). Secondo il rappresentante dell’azienda Nobuo Hori, si sta sperimentando anche la possibilità di utilizzare i nuovi telefoni come documenti aziendali di riconoscimento e chiavi per le stanze d’appartamento. «Documenti postali, uscite aeroportuali, lasciapassare, ogni tipo di tessera d’iscrizione o carta di fedeltà, biglietti da visita; tutto dovrebbe essere all’interno del telefono in modo da non portarsi appresso tutti quei pezzi di carta», afferma Hori.

In definitiva, dice Morita di Sony, il telefono dovrebbe diventare la principale interfaccia tra gli apparecchi in rete a casa e in ufficio e i loro proprietari. «Si entra in una stanza e si poggia il telefona sulla parete», ella spiega, «e la stanza saprà chi siete». Un impiegato potrebbe entrare in un ufficio vuoto per lavorare a un computer, per esempio, e il suo telefono lo farebbe identificare dal computer che in tal modo gli consentirebbe l’accesso ai suoi file. «Basterebbe sfiorare un paio di chip e tutto sarebbe pronto». Particolarmente interessante per Sony è la prospettiva di usare i nuovi telefoni per la gestione dei diritti digitali. «La TV saprebbe quali programmi avete scelto», continua Morita. «La PlayStation saprebbe quali giochi preferite. Voi sfiorate lo schermo con il telefono e avete quello che desiderate».

Per Natsuno si tratta di una versione attuale e pratica dell’informatica ubiqua. «Molti ingegneri dicono che non è vera informatica ubiqua perché non segue alcune regole tecniche che essi hanno definito». Egli sostiene che «i computer sono ovunque, si parlano l’un l’altro e li si può controllare con un telefono. Per quanto ne posso capire stiamo parlando di ubiquità, anche se non si vuole usare questo termine». Se mettere in grado i clienti di DoCoMo di «accendere i loro condizionatori d’aria quando sono a soli 15 minuti da casa vuol dire mettere in piedi un sistema ubiquo», egli dice, allora «ne creerò uno».

DOVUNQUE Sì, MA CON PRUDENZA

In realtà egli lo sta già allestendo. Parte del progetto di DoCoMo, come gli schemi di pagamento e identificazione, è stato sperimentato; altri aspetti verranno messi a punto con l’immissione sul mercato dei telefoni FeliCa, il cui costo si aggirerà probabilmente tra i 200 e i 300 dollari. Per Morita, le barriere alla diffusione generalizzata di questo tipo di sistemi sono più d’ordine sociale che tecnologico. «Potremmo fare molto di più già ora», egli sostiene, «e lo faremmo senza tentennamenti se non fossimo preoccupati delle implicazioni per la sicurezza e per la privacy».

«I COMPUTER SONO OVUNQUE, SI PARLANO TRA LORO E NOI LI CONTROLLIAMO CON IL TELEFONO. PER QUANTO MI RIGUARDA STIAMO PARLANDO DI UBIQUITà».

Poiché il Giappone ha più esperienza degli Stati Uniti con le comunicazioni mobili, è riuscito a eliminare alcuni disturbi provocati dai cellulari che ancora affliggono gli americani. Con l’avvento degli SMS, dice l’antropologa Ito, «le persone non parlano più al telefono quando sono in metropolitana». Per evitare il fastidio delle suonerie negli spazi pubblici, ella continua, sempre più giapponesi «le disattivano quando escono di casa la mattina e le lasciano spente tutto il giorno».

I risultati di questo processo di socializzazione sono visibili in ogni stazione ferroviaria o della metropolitana giapponese. In qualsiasi momento, una estesa minoranza dei pendolari in attesa – forse addirittura la metà – usa il telefono. Ma quasi nessuno parla. In realtà spediscono o leggono messaggi, controllano i siti Web sul traffico o sul tempo, fanno videogiochi o (a quanto pare soprattutto le donne) cercano lumi sul loro futuro sentimentale da programmi online di chiromanzia.

Per DoCoMo queste persone impegnate a guardare gli schermi dei loro telefoni sono allo stesso tempo un’opportunità e una preoccupazione. L’opportunità consiste nel trovare altri modi d’uso del telefono per gli utenti, facendo caricare e scaricare più pacchetti di dati (DoCoMo addebita all’incirca due decimi di centesimo per ogni 128 bit in entrata o in uscita dai suoi telefoni; gli utenti possono pagare un penny a messaggio o qualche centesimo per scaricare una pagina Web). Un altro settore potenziale di sviluppo è costituito dallo shopping. Gli utenti online potranno trovare articoli sui siti Web i-mode e comprarli immediatamente con contante digitale registrato nei loro apparecchi. Nel mondo reale, non online, DoCoMo è interessata soprattutto alle stazioni ferroviarie e metropolitane, che sono piene di ristoranti, grandi magazzini e chioschi che vendono quei piccoli prodotti alimentari confezionati in modo impeccabile che sono sempre presenti nelle feste pubbliche in Giappone. In entrambi i casi DoCoMo prevede di aumentare i profitti vendendo più bit.

Il pericolo è che diventando sempre più potenti i telefoni possano attirare l’attenzione di ladri e truffatori. «Non vogliamo che qualcuno si aggiri sui binari con un lettore di schede rubato, scaricando il denaro di qualcun altro», spiega Morita. «Se le persone cominciano a pensare che (i nuovi telefoni) sono insicuri o violano la loro privacy, non li useranno mai».

Un elemento critico per la sicurezza del nuovo sistema, egli afferma, è il breve raggio di trasmissione delle carte FeliCa, solo 10 centimetri, che rende difficile ai ladri effettuare una scansione. Ma secondo Bruce Schneier, direttore tecnico di Counterpane Internet Security, a Mountain View, in California, non è una difesa insuperabile. «Ci sarà chi ruberà e modificherà i lettori di schede per renderli più potenti», egli sostiene, «e sarà probabilmente in grado di portare la distanza di lettura fino a un paio di metri per defraudare chiunque solo passeggiandogli accanto».

Tuttavia Schneier è un convinto sostenitore della combinazione telefono-carta intelligente. Nel 1999 ha contribuito a scrivere una analisi, già considerata un classico, della scarsa sicurezza delle carte intelligenti. «Gran parte delle truffe dipendono dalla incapacità di sapere a chi appartiene la carta, chi ne è responsabile», egli spiega. Ma DoCoMo controlla i telefoni FeliCa. «Se qualcuno vuole rubare il vostro denaro, deve passare per l’azienda telefonica e spiegare perché sta facendo questa operazione con il vostro denaro e non è una cosa semplice», egli conclude.

Il lato debole del controllo di DoCoMo è che l’azienda registra tutte le azioni degli utenti; non solo le telefonate che fanno, ma anche le e-mail che spediscono, i loro spostamenti (i biglietti della metropolitana), cosa comprano (gli acquisti con FeliCa) e una serie di altre cose. Se i telefoni avranno successo, l’informazione personale raccolta da DoCoMo raggiungerà volumi che desteranno preoccupazione tra i gruppi di difesa delle libertà civili.

Comunque Schneier minimizza le preoccupazioni per la privacy, sostenendo che le persone hanno già affidato il controllo dei loro dati personali a innumerevoli banche, agenzie di credito e punti vendita. «Qualcosa di simile sta per accadere e tutti lo sanno», egli dice. «Queste aziende giapponesi hanno personale incredibilmente competente. è probabile che lo faranno bene».

Per quanto riguarda DoCoMo, Natsuno è fiducioso che l’azienda non si limiterà a sviluppare un modello corretto di informatica ubiqua, ma sarà anche la prima a farlo e ad avere successo. Le aziende americane sono, a suo parere, «indietro di anni» e non perché la tecnologia giapponese sia più avanzata. Facendo riferimento agli apparecchi automatici per il pagamento del pedaggio presenti su molte macchine americane, egli ritiene che «si potrebbero inserire nei cellulari e utilizzare per diffondere i servizi Web o la maggior parte delle altre cose che abbiamo fatto». La vera ragione della supremazia di DoCoMo, conclude Natsuno, «è che abbiamo un modello commerciale. Noi forniamo al consumatore i vantaggi dei servizi di informatica ubiqua e denaro digitale, nel rispetto di tutto ciò che viene richiesto dagli esperti di settore. Ma lo facciamo offrendo alle persone la possibilità di passare più rapidamente attraverso il cancelletto girevole o di arrivare in una casa fresca e con il film preferito in televisione pronto a partire».

Charles C. Mann, collaboratore di «Technology Review», edizione americana, ha vissuto un anno a Tokyo.

UN TELEFONO MULTIFUNZIONE

Con l’aiuto di aziende come Coca-Cola, All Nippon Airways e MasterCard, NTT DoCoMo sta progettando una lunga serie di applicazioni pratiche per i suoi telefoni i-mode FeliCa.

AL DISTRIBUTORE AUTOMATICO

Volete una bibita non alcolica? Sfiorate con il telefono la piccola tastiera numerica del distributore automatico. Nella frazione di secondo prima che la bibita fuoriesca, il lettore verifica l’autenticità del vostro telefono, controlla l’ammontare del vostro conto e deduce il costo della bibita. Sullo schermo del telefono appare il prezzo d’acquisto e la quota residua di contante digitale.

ALL’AEROPORTO

Avete acquistato un biglietto aereo online? Dopo che la transazione è completata, la linea aerea spedisce via e-mail un codice d’identificazione al vostro cellulare. All’aeroporto una macchina automatica per il check-in verifica il codice e carica una carta d’imbarco elettronica sul telefono. Al cancello un altro lettore controlla la carta d’imbarco – confermando, per esempio, che la vostra destinazione è Osaka – e a quel punto potete salire a bordo.

A CASA

Volete aprire la porta d’ingresso? Il chip FeliCa del telefono registra un’unica chiave numerica cifrata per la vostra casa. Sfiorate con il telefono il lettore di schede vicino all’ingresso. Il lettore verifica il codice e apre la porta.

INTERVISTA CON TAKESHI NATSUNO

«INNOVARE è D’OBBLIGO»

TAKESHI NATSUNO, DIRETTORE DEL SETTORE I-MODE DI DOCOMO, è IL PRINCIPALE SOSTENITORE DEL PROGETTO AZIENDALE PER LA PRODUZIONE DI UN TELEFONO MULTIFUNZIONE CHE PRENDA IL POSTO DI CONTANTI, CHIAVI, CARTE DI CREDITO E UNA SERIE DI DOCUMENTI D’IDENTIFICAZIONE. CHARLES C. MANN, COLLABORATORE DI «TECHNOLOGY REVIEW», HA INTERVISTATO NATSUNO NEL SUO UFFICIO DI TOKYO.

L’introduzione di questa nuova tecnologia, che richiede un microtelefono costoso, solo qualche anno dopo aver chiesto ai consumatore di adottare l’i-mode – che a sua volta ha significato una spesa non indifferente per i nuovi telefoni – non rappresenta una scommessa rischiosa? Non temete che i vostri clienti rifiutino di adottare un nuovo formato?

Non lo escludiamo, ma non abbiamo scelta: dobbiamo innovare. La storia dell’industria di telefonia mobile giapponese dimostra che ogni 5 anni interviene un cambiamento completo. La nostra azienda è stata fondata nel 1992. I primi due anni dopo la sua creazione, il servizio fu limitato e costoso. Decidemmo di vendere telefonini all’utente finale invece di darli in affitto. Ciò modificò l’intero sistema. Si verificò un’esplosione della domanda… I nostri abbonati salirono da uno-due milioni a 25 milioni. Nel 1999 capimmo che per avvicinare nuovi clienti era necessario fornire servizi a larga diffusione, quindi puntammo principalmente sull’uso dei dati: è stato l’avvento dell’i-mode. Adesso oltre il 90 per cento dei 45 milioni di abbonati telefonici sono utenti i-mode… ma questo mercato è ormai saturo.

Come pensate di creare nuova domanda?

I prossimi 5 anni collegheremo il telefono al mondo reale. La prima fase è costituita dalla carta IC senza contatto. La si potrà usare all’ufficio postale e come lasciapassare, documento di riconoscimento aziendale, tessera, carta di credito; in pochi anni il telefono sostituirà il portafoglio. Il nostro obiettivo è avere entro il 2009 milioni di persone che passeggiano senza il loro portafoglio.

Non esiste il classico problema dell’uovo e la gallina? Le persone non possono pagare con i loro telefoni fino a che i negozi non hanno le macchine per accettare denaro digitale; ma finchè la maggior parte delle persone non avrà i nuovi telefoni, i negozi non vogliono installare queste macchine.

Sono macchine simili a quelle per le carte di credito che devono essere sostituite ogni 3-5 anni. Quelle nuove saranno opportunamente equipaggiate. Quando ho lanciato l’i-mode, sognavamo di avere il Web nel telefono per controllare il conto in banca e fare giochi al telefono. Ora il sogno è realtà e sono ottimista sui prossimi 5 anni. Il telefono estenderà la sua diffusione.

Fino ad arrivare a un tipo di controllo a distanza sulle nostre vite?

In senso letterale! Un’applicazione alla quale stiamo lavorando è per la TV. Se avete un DVR (videoregistratore digitale), potete passare noiose riunioni d’ufficio a registrare il programma televisivo che preferite e a tenerlo pronto per il vostro ritorno a casa. è lì sul vostro televisore che vi aspetta. Non è tecnologicamente difficile andare oltre e spedire dati al condizionatore d’aria o agli elettrodomestici. La tecnologia è già pronta, ciò che manca è il sistema di controllo.